Kingdom Hearts è la nota saga di videogiochi prodotta dalla collaborazione della Disney e della Square Enix che unisce la fantasia dell’universo Disney con personaggi di creazione propria da parte del disegnatore e autore dell’omonimo videogioco Tetsuya Nomura. La forza del suo successo non consiste esclusivamente nel fatto che si tratti di un semplice videogioco, esso deve piuttosto il suo successo alla storia di fondo che è stata narrata che ha animato i personaggi ideati. Ha fatto innamorare migliaia di giocatori e appassionati in tutto il mondo dei suoi grandi temi trattati: la lotta tra le forze del bene contro quelle del male, il potere, il tempo, il mondo, ecc.
Tra questi temi troviamo l’amicizia, intesa in questo senso come “impegno profondo” e come “promessa”. Non si deve tuttavia credere, in maniera pregiudiziale, che i legami presenti nel videogioco di ispirazione giapponese siano eccessivamente fittizi e che siano in alcun modo escludenti rispetto una possibilità di realizzazione ultima in questo universo, il nostro (quello “reale” insomma). Dopotutto se sono stati pensati da qualcuno (e non si tratta di raggiungere una perfezione “geometrica” alla Platone), ciò vuol dire che trovano nella realtà concreta un barlume di speranza di vedersi attuati, o almeno lo sono già (stati) ma nessuno ne ha sanzionato fermamente l’esistenza.

Quindi, come è possibile comparare questa tematica presente nel videogioco con la forza dei legami nella vita reale, in un mondo che – proprio come nell’universo KH (Kingdom Hearts) – presenta svariate interconnessioni tra mondo e mondo, tra spazi e spazi?
La storia in breve
Tutta la scena narrativa del videogioco prevede che la saga verta su tre momenti principali di tutta la storia, a cui saranno aggiunti piccoli videogiochi aggiuntivi per fare luce su alcuni retroscena e per connettere una grande uscita all’altra (Kingdom Hearts 1 al 2 e al 3 per intenderci). Nella prima uscita, Sora, Kairi e Riku – tre grandi amici che vivono su delle isole chiamate “del destino” – decidono di lasciare il posto dove vivono per esplorare il mondo là fuori. Il progetto si rivela fallimentare, poiché i tre si dividono e, a seguito di una serie di peripezie, si rincontreranno su vari mondi nei videogiochi successivi, senza mai dimenticare il legame di amicizia che li unisce.

È su questo tema che cercherò di discutere ponendolo in un’ottica comparativa. Infatti, confronterò l’analogia che c’è tra l’universo virtuale di KH e l’universo reale – sia online che offline – che si presenta nel mondo interconnesso grazie ad Internet, e come queste “sfide” si possano conciliare con una grande tematica come l’amicizia.
L’impegno profondo e la promessa
Centrale nell’opera di Nomura è la tematica dell’amicizia tanto da dedicarci scene di un’accuratezza formidabile. Non solo tutta la grande opera tratta dell’amicizia dei tre grandi amici che si cercano tra i vari mondi senza mai trovarsi una volta per tutte, ma anche i personaggi secondari, protagonisti però di altri minigiochi, hanno trovato spazio nell’espressione del legame che li unisce. Il fulcro di tutto questo universo del sentire delinea un’amicizia che sia fondata su due concetti come l’“impegno profondo” e la “promessa”.
Il primo fa riferimento a quella proprietà che distingue il mero legame di conoscenza o del rapporto economico-lavorativo dal legame di amicizia vero e proprio, in cui “le parti contraenti” si impegnano a dare linfa vitale a quel rapporto di giorno in giorno, senza il quale non avrebbe ragion d’essere. In questo senso si ricollega il secondo concetto preso in causa – la promessa – che si fonda invece sulla fiducia, intesa come condizione essenziale senza la quale la promessa (nel caso del personaggio di Sora “del non scordarsi mai dei suoi amici”. Nella vita reale si può intendere come “dell’avere fiducia del fatto che su un amico si può sempre contare”) non può dirsi mantenuta.

L’ideale di amicizia
Il centrale parallelismo che esprime la profondità di questo gioco consiste nella dimensione essenziale dell’interconnessione dei legami che al tempo stesso animano il mondo globalizzato in cui viviamo e la storia del gioco in sé, ossia quella narrazione che fa leva sulla separazione dei mondi (si potrebbe dire delle nazioni, dei popoli nel nostro caso) che sono collegati tutti allo stesso universo di senso (si potrebbe dire del globo terrestre intero nel nostro caso) e in cui le vicende di Sora e compagni hanno luogo, proprio come sulla terra hanno luogo le più disparate vicende, a partire dalle storie di amicizia e memoria che si tingono delle più animate passioni umane.
L’amicizia, in questo contesto, viene vissuta come un altissimo momento del vivere associato e che non è possibile tralasciare assolutamente per giungere a una “via retta” di comportamento. Un comportamento etico, insomma. Ed ecco che tra Sora e i suoi amici si fa emblematica una frase da lui ripetuta in diverse occasioni:
«My friends are my power» (i miei amici sono la mia forza).
Ciò che costituisce il nesso, il germe della potenza di questo capolavoro, risiede essenzialmente nel fare dell’amicizia e nella memoria di essa lo strumento per eccellenza per affrontare il rischio dal farsi prevalere dall’oscurità – nota metafora utilizzata da Nomura per descrivere il male. In fondo, tutti questi riferimenti presenti nel gioco non sono altro che frutto di passioni umane proiettate in un universo alternativo di senso. Sempre contando che, questo universo, non paia eccessivamente ideale, perlomeno è verosimile abbia idealizzato degli elementi della vita umana che, concretamente, oscillano tra l’ideale e il reale, tra il pensato e il realizzato.