“È improbabile che la disobbedienza civile praticata da un singolo individuo sia efficace; costui sarà preso per un eccentrico, più interessante da osservare che da reprimere. La disobbedienza civile è efficace se praticata da un gruppo di persone unite da un interesse comune”.
La linea di demarcazione che consente un’analisi di ricerca sociale intrinseca alla produzione della Arendt si basa su una meditazione sul dissenso diffuso nella società occidentale, che parla però anche di consenso e propone una collocazione costituzionale dei gruppi di protesta. Ripercorrendo il patrimonio teorico di Socrate, Thoreau e della Rivoluzione Americana, è possibile tracciare la differenza che corre tra disobbedienza civile e obiezione di coscienza. Disobbedienza civile intende essere un manifesto sulla partecipazione attiva, estraneo alle dinamiche di classe proprie della tradizione gramsciana ed esterno ai rapporti di potere. Trasgressione della legge, il suo superamento, morale, consenso, dissenso: elementi che consentono di approfondire il reale a partire dalle contraddizioni che lacerano il medesimo. Il paradosso dell’intera nozione della disobbedienza risiede nella ricerca della collocazione istituzionale del dissenso.
Socrate e la genesi della disobbedienza
Le figure di Socrate e Thoreau sono ricorrenti nella genesi della disobbedienza. Esse sono scolpite nella mente di coloro che praticano la disobbedienza civile. Per quanto concerne Socrate, il testo di riferimento è il Critone di Platone. Durante il processo a suo carico, egli non mette mai in discussione le leggi in sé, bensì l’errore giudiziario di cui è stato vittima, individuando tale fenomeno con il nome di “sorte“. La sorte non lo autorizza a mettere in discussione e trasgredire la legge, intesa come entità irremovibile e suprema. Va aggiunto anche, dall’Apologia, che Socrate avrebbe potuto beneficiare della pena dell’esilio, previo consenso della maggioranza cittadina. O ancora, che egli avrebbe potuto scegliere di rinunciare all’esposizione in pubblico delle sue dissertazioni, colpevoli di seminare dubbi sui valori prestabiliti e dominanti. Evidenziamo che se egli fosse fuggito non avrebbe conferito valore alla sua parola. Socrate preferì la morte, perché “una vita senza indagine non è degna di essere vissuta“.
Thoreau contro la legge
La prospettiva viene completamente ribaltata nel caso di Thoreau. La sua disobbedienza risiede nel suo rifiuto di pagamento di una tassa elettorale. Rifiuto che ebbe come conseguenza la sua detenzione. Il caso di Thoreau appare più pertinente al dibattito sulla disobbedienza in quanto, diversamente da Socrate, egli protesta contro la legge. A seguito di tale episodio, nel saggio On the City of Civil Disobedience, Thoreau analizzò il legame che intercorre fra la coscienza individuale e l’obbligo morale della coscienza. Secondo tale dottrina, la coscienza è apolitica, poiché non si interessa del mondo in cui il male viene commesso, né tantomeno alle ripercussioni che il male produrrà sul futuro del mondo. Platone approfondisce ulteriormente la questione socratica della relazione con se stessi e intravede l’attività del pensare come il dialogo muto tra me e me stesso. La legge della coscienza dipende perciò dall’interesse verso se stessi: ci dice di evitare azioni con cui non potremmo convivere. Il ragionamento è il medesimo che spinge Camus a “sottolineare come sia necessario resistere all’ingiustizia per il benessere e la salute mentale dell’individuo“.
Tipologie di disobbedienza
Il fenomeno della violazione della legge si è affermato come un fenomeno di massa. In un’ottica storiografica, tale fenomeno è manifestazione chiara dell’instabilità insita nei governi attuali. La disobbedienza ha fra le sue ramificazioni la sfida all’autorità precostituita. Mentre la disobbedienza civile può essere interpretata come prodotto della riduzione di autorevolezza della legge, la disobbedienza criminale, al contrario, contiene al suo interno la scomparsa graduale del potere dell’autorità giudiziaria. La disobbedienza civile emerge quando le masse prendono coscienza che i canali tradizionali rivolti al cambiamento non funzionano più, che le loro istanze e rivendicazioni non trovano ascolto. Fattore, quest’ultimo, che è causa principale della creazione dell’insoddisfazione. La disobbedienza così intesa, però, se da un lato può essere rivolta ad un cambiamento drastico e necessario, dall’altro può essere vittima del ripristino dello status quo. Nell’ambito del superamento della dicotomia fra cambiamento e ripristino del sistema vigente, si inserisce un’ulteriore tipologia di disobbedienza: quella rivoluzionaria. Quest’ultima nasce da convinzioni profonde, diffuse fra una moltitudine più ampia dei membri della società e ha un unico obiettivo: il ribaltamento delle istituzioni che hanno generato le condizioni affinché la disobbedienza avesse luogo. Da notare come la Arendt, in tale contesto, non faccia riferimento alla concezione marxiana della rivoluzione, superando dunque l’apparato sociale diviso in classi, e la nozione “dell’abolizione dello stato di cose presenti“.
Una presa di coscienza
L’autrice intende, con l’uso del termine popolo, una pluralità di destinatari di tale definizione trasversale alle classi, appartenenti ad un sistema omogeneo che supera la loro appartenenza sociale, il loro status, il loro ruolo. Tale pluralità è popolo in quanto tale, al di fuori dei rapporti di forza presenti nella società che vivono. In ottica marxiana, possiamo concepire la concezione della disobbedienza civile della Arendt come elemento che si faccia rappresentante di un sentimento di insoddisfazione diffuso fra la massa, il quale, però, non condurrà mai a un reale ribaltamento delle condizioni di sfruttamento presenti. La disobbedienza civile è fine a sé stessa se non si tramuta in disobbedienza rivoluzionaria: essa può al massimo servire nella presa di coscienza durante la prima fase di insoddisfazione e rivendicazione.
Lorenzo Villani
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Classe ’98, nato a Napoli, attualmente residente a Firenze. Studio Scienze Politiche presso l’Università degli studi di Firenze. Ambisco all’osservazione delle dinamiche contemporanee, del conflitto sociale e delle diseguaglianze, adottando la “mentalità sociologica come strumento di liberazione“.