La folla corrisponde ad un insieme di persone accomunate dalle stesse convinzioni, che in massa segue lo stesso comportamento. Verso la fine dell’Ottocento, in un clima dettato dal positivismo, nasce una nuova disciplina, la psicologia collettiva, che ha come tema trainante il concetto di folla intesa come collettività, e sradicata dall’idea di individuo o persona singola. Gli autori di questo nuovo filone di pensiero ci parlano dell’uomo singolo che con la propria identità e razionalità deve far fronte alla massa irrazionale, violenta, conservatrice e impersonale.
Una folla irrazionale
L’uomo cresce e matura, come individuo è un essere in fieri, completamente avvolto dalla moralità, dalla cultura e pronto a prendere una giusta decisione a seconda delle circostanze e delle scelte di vita. La folla invece è come una sostanza amorfa. Il concetto di folla conosce il periodo di massimo splendore agli inizi del ventesimo secolo, si eclissa e si trasforma durante le due guerre mondiali per poi riapparire in America, con i sociologi statunitensi degli anni ’50. La folla è vista come una moltitudine di gente che compie scelte irrazionali, e questa sua irrazionalità si basa su decisioni ancestrali, ataviche, primordiali, superate col tempo dall’evoluzione della specie. L’anima collettiva dovrebbe racchiudere in sé le tradizioni, lo spirito di un popolo.
Questione di omologazione
Gustave Le Bon con “Psicologia delle folle“, Scipio Sighele con “La folla delinquente“, Cesare Lombroso con “L’uomo delinquente“, Pasquale Rossi con “L’animo della folla“, Gabriel Tarde con “L’opinione e la folla“, descrivono la folla come una masnada, un branco, un gregge, una mandria, uno sciame senza opinioni, senza arte né parte, senza idee proprie. La folla bistrattata e disprezzata, è quasi sempre guidata da uno spirito labile e pauroso. La folla è senza anima. Josè Ortega Y Gasset, con il libro “La ribellione delle masse” del 1930, rivaluta il concetto di folla/massa e dichiara che l’Europa del suo tempo è popolata dall’uomo-massa, un uomo conformista che non vuole per niente distinguersi dai suoi simili, ma anzi vuole omologarsi ad essi. L’uomo-massa è il prodotto dell’industrializzazione, della secolarizzazione. Esso è principalmente e soprattutto colui che affolla strade e negozi, riempie piazze e caffè, in città.
Concetta Padula