Alla luce delle vicende che hanno interessato l’Unione Europea in questo ultimo anno, ci si interroga sui motivi che vedono una discrasia generazionale per quanto riguarda l’appartenenza europea e la percezione dell’Europa. I giovani, infatti, a differenza dei loro genitori, sembrerebbero essere cresciuti con una vera e propria appartenenza europea. Nell’anno 2003, in un articolo di Repubblica riferito ai giovani europei, già si parlava di Generazione E (dove la “E” sta a significare Europa). Vengono definiti come cittadini globali del Vecchio Continente e coloro i quali sono stati intervistati si definiscono giovani europei.
Il ruolo delle nuove tecnologie

Quali potrebbero essere le cause di autorappresentazione e identità differenti tra i figli e i loro genitori? Nuove tecnologie, abbattimento delle barriere, politiche da parte dell’Unione Europea e il fascino suscitato dalla città sembrerebbero prender parte al processo di mutazione della percezione con il passare delle generazioni. David Harvey, geologo e politologo inglese, sostiene che grazie allo sviluppo di nuove tecnologie di trasporto e di telecomunicazioni, lo spazio si riduce; viaggiare oggi sembrerebbe essere più semplice. Tramite la tecnologia dell’informazione si riducono le distenze per le persone e i giovani europei. Quello che un tempo sembrava avere distanze incolmabili è sempre più vicino e si riducono di conseguenza anche i tempi. L’Unione Europea inoltre, tramite la libera circolazione delle merci e delle persone, ha permesso la mobilità delle persone da uno Stato all’altro molto più facilmente. Modificando i tempi del viaggio e la percezione delle distanze è mutata anche la frequenza del viaggio e il suo consumo da parte dei giovani. Un ruolo rilevante è quello dell’abbattimento dei costi: con costi più elevati, infatti, non si sarebbe raggiunta la quota di 3 milioni di giovani che dal 1987 ad oggi hanno usifruito del programma Erasmus. Spagna, Francia e Germania sarebbero le mete preferite dai giovani europei. La prospettiva entro il 2020 è di offrire la possibilità a 4 milioni di persone di studiare, formarsi, insegnare o fare opera di volontariato all’estero.
La città e la Generazione E

La mobilità in generale avviene maggiormente verso le città. Le persone tendono a spostarsi dai piccoli centri verso le grandi città. Una delle ragioni principali è senza ombra di dubbio quella economica. Lo stesso Max Weber studiò la città in relazione al suo rapporto con l’economia. “In Europa più dell’80% della popolazione vive attualmente nelle città. Il 60% abita in città con più di 50mila abitanti. Le città rappresentano il cuore economico e culturale” (Governa; Memoli. 2011). Secondo Georg Simmel le relazioni dell’abitante della città sono basate sull’anonimato, l’indifferenza, l’individualità e il distacco. Per questo motivo nella città gli individui godono della maggiore libertà possibile. Queste caratteristiche, questo senso di indipendenza, la liberazione dal controllo sociale potrebbero essere un’attrattiva non indifferente, specialmente per i giovani. Un proverbio tedesco dell’età medioevale, successivamente ripreso da Weber, afferma che “l’aria della città rende liberi“. Questo potrebbe essere un altro dei motivi che porta i ragazzi, e in generale le persone, a spostarsi verso i centri urbani maggiori all’interno dell’Unione Europea. Inoltre le reti sociali che i ragazzi si creano durante l’esperienza Erasmus sembrano essere fondamentali per la costruzione di una propria identità personale. Secondo la sociologa italiana Giuliana Mandich,”l’identità è una narrazione soggettiva, ma non per questo individuale. La costruzione di questa narrazione avviene in qualche modo in risposta alle narrazioni degli altri che ci circondano e viene da essi riconosciuta. Essa è quindi il prodotto di meccanismi intersoggettivi“.
L’idea “Europa” dei giovani
Si potrebbe pensare di trasporre il concetto di world cities, termine coniato da John Friedman nel 1986, a un concetto di european cities. Ci forniscono i modelli di organizzazione spaziale e divisione europea del lavoro, riflettendosi direttamente nella struttura del cambiamento dell’economia locale, soprattutto nella trasformazione culturale e della percezione. Erving Goffman ha considerato lo spazio come rappresentazione di sé. Questa teoria è stata sviluppata successivamente da Anthony Giddens in “Le conseguenze della modernità“. Perulli scrive che i processi di disaggregazione che le relazioni sociali subiscono in seguito a profonde trasformazioni socio-tecniche e geopolitiche, danno origine a uno stiramento, una tensione che mentre concentra il tempo in un istante, dilata lo spazio oltre ogni limite. La caduta delle barriere spaziali e l’accelerazione tecnica portano a questo esito. Il sociologo Vincenzo Cicchelli afferma che i ragazzi esprimono un’idea d’Europa come realtà plurale e unica. Fornisce loro, in tutti i casi, il riferimento geoculturale, in quanto possono posizionare la loro appartenenza nazionale in un quadro più ampio. Il quadro della Generazione E.
Luisa Cuccu