La Prima Guerra Mondiale rappresenta un cruciale spartiacque storico. Dal punto di vista geopolitico, comportò il crollo di imperi secolari, come quello russo, austro-ungarico e ottomano, nonché la capitolazione di una grande potenza del rango della Germania e l’ascesa degli Stati Uniti come centro nevralgico dell’economia mondiale, di fronte ai declinanti Stati nazionali europei. Tuttavia, non soltanto gli assetti geopolitici ne risultarono sconvolti, ma anche la società stessa, nell’arco di quei quattro lunghissimi anni, si trasformò irrimediabilmente, massificandosi e modernizzandosi ad un ritmo spettacolare ed inquietante al tempo stesso.
Tecnologia e industrializzazione
L’avvento della società di massa era reso chiaramente visibile da quell’inarrestabile progresso tecnologico che dalla fine dell’Ottocento contribuiva a rendere sempre più agiata la vita delle classi urbane e che con lo scoppio della Grande Guerra avrebbe ricevuto impulsi ancora più incalzanti, a causa di una corsa agli armamenti a livello globale dalla quale sarebbero sorte le prime raccapriccianti armi di distruzione di massa, embrionali rispetto a quelle della Seconda Guerra Mondiale, di gran lunga più note e micidiali, ma non per questo incapaci di produrre una morte su larga scala. Grazie alle tecnologie arrembanti, che svelavano un mondo nuovo, cagione ora di meraviglia ora di sgomento, l’industrializzazione, che della società di massa è l’emblema, proseguiva rapidamente e assurgeva a settore egemone e trainante dello sviluppo economico degli Stati. Con la deflagrazione di un conflitto di così immani proporzioni, la spesa pubblica decollò per aumentare esponenzialmente le commesse rivolte alla grande industria, che presto assorbì la maggior parte delle risorse nazionali, a delineare così una vera e propria economia di guerra: il paesaggio fu alterato da innumerevoli stabilimenti produttivi che assorbivano manodopera di ogni genere, sovente strappata ai campi e trapiantata tutta d’un colpo in fabbrica.
Lo Stato
Anche la presenza di uno Stato forte e regolatore distingue una società evoluta come quella di massa dalla società premoderna. Durante la Grande Guerra, lo Stato non solo diventò un’autorità capillarmente diffusa, dotandosi di poteri e di funzioni prima trascurate o accordate alla società civile, ma soprattutto abbandonò di fatto il suo ordinamento liberale affinché diventasse l’unica forza sociale, imprimendo alla società la forma ad esso più consona e lasciando così trapelare le avvisaglie dei regimi autoritari e totalitari che avrebbero preso il sopravvento nell’Europa centrale, orientale e mediterranea a cavallo tra le due guerre. Prima di allora, la popolazione aveva sempre percepito lo Stato come un’autorità remota, che interveniva esclusivamente per prelevare le imposte e qualora l’ordine sociale fosse in subbuglio. Allora, il conflitto, che costituiva una minaccia esiziale per i vari Paesi, dei quali i perdenti al termine dello scontro epocale sarebbero infatti stati smembrati scomparendo definitivamente dalle mappe geografiche, indusse le istituzioni a esercitare un controllo pervasivo e coercitivo sulla popolazione, dalla repressione delle proteste all’impiego forzoso di manodopera nelle industrie, dalla propaganda martellante fino ovviamente all’arruolamento.
Il coinvolgimento totale della popolazione
Una società di massa implica necessariamente, oltre a un’economa sviluppata e a uno Stato forte, anche una partecipazione attiva dei cittadini alla vita sociale. Questa fu drammaticamente imposta durante la Prima Guerra Mondiale, la quale segnò anche da questa prospettiva una netta cesura col passato. Certo, nei decenni precedenti non era mancata una progressiva democratizzazione della vita sociale (grazie al suffragio universale maschile, ai mezzi di comunicazione di massa, a quei tempi limitati specialmente ai giornali, al protagonismo dei sindacati, il tutto incoronato da un maggiore accesso all’istruzione per la piccola e media borghesia e gli strati popolari), ma appariva ancora come una società di massa in nuce. Fu la Grande Guerra che portò a compimento il coinvolgimento totale della popolazione nella sfera pubblica, che trascenda la famiglia e il paese: non solamente i soldati, ma tutti i cittadini furono chiamati a dare il loro contributo alla società ormai pienamente proiettata nel conflitto, che si trattasse di sottoscrivere un prestito o di aderire ai numerosi circoli di volontari. Si formò insomma un vero e proprio fronte interno, da controllare e da mobilitare, e nel quale le donne svolsero un ruolo di primo piano: le contadine videro raddoppiate le loro responsabilità in famiglia e il loro carico di lavoro, le proletarie lavorarono a ritmi febbrili nelle industrie, le borghesi partirono soprattutto come volontarie e infermiere al fronte per mansioni di accudimento dei feriti e dei moribondi oppure gestirono con dedizione le associazioni di volontari volte a sostenere i militari in guerra.
Con la Prima Guerra Mondiale avvenne dunque il passaggio alla società di massa. Non fu affatto un processo naturale e indolore, tutt’altro. Fu invece per la società un trauma imposto, colossale e dalla portata universale: alla conclusione del conflitto, i caduti erano milioni, la miseria dilagava, e nella coscienza di ognuno vi era la consapevolezza che un intero mondo era andato perduto.
Stefano Ghilardi