Gli anni Settanta e Ottanta lasciarono un’impronta indelebile nella cornice musicale mondiale. Essi spalancarono le porte ad un nuovo decennio che registrò una crescita culturale senza precedenti. La presenza di numerosissimi sottogeneri coesistenti sulla scena rock diede modo a molti nuovi artisti di affermarsi e a numerosi ascoltatori di appassionarsi. In questo contesto, la nascita di internet come nuovo media di diffusione commerciale ha ampliato le possibilità di consumo e fruizione di materiale musicale, mentre le case discografiche sono state obbligate a ridefinire le proprie strategie di vendita. Per analizzare i nuovi rapporti che iniziarono ad instaurarsi tra musica e tecnologie, è bene considerare il rock da due prospettive differenti ma complementari. Il rock come genere musicale e il rock come mezzo di comunicazione.

Teorie e sviluppi del rapporto tra musica e società: un aspetto sociologico
Come genere musicale, il rock è intimamente legato alle più importanti innovazioni tecnologiche in campo musicale. Dalla strumentazione elettronica, ai dischi LP, la stereofonia e il passaggio al vinile hanno consentito la riproduzione di sonorità sempre più complesse e raffinate. Il rock, difatti, è anche ricerca di suoni specifici. Come il suono ruvido del blues, la pulizia dei suoni che caratterizza il rock sinfonico o le sonorità più aggressive che compongono l’heavy metal sono solo degli esempi della meticolosità nella ricerca sonora di questo genere. In questo contesto, la stampa come media ha avuto un ruolo importante nel definirne l’estetica e i valori. Secondo il sociologo e musicologo inglese Simon Frith, sia la stampa underground sia quella specializzata avevano in comune una trattazione del rock inteso come forma culturale. Inoltre le definizioni dei vari sottogeneri fornite dai critici musicali hanno avuto un’influenza dominante sulle sottoculture rock.

I media appunto, non si limitano a rappresentare, bensì partecipano all’assemblaggio e allo sviluppo delle culture musicali. Anche quando esprimono giudizi negativi, resoconti poco credibili o addirittura censurano. Intesa da Frith come una «forma cruciale delle comunicazioni di massa contemporanee», la musica rock ha partecipato attivamente ai processi comunicativi negli ultimi cinquant’anni. Ed essa può essere analizzata con gli strumenti offerti dalla sociologia contemporanea.
McLuhan
In questo caso, le teorie della comunicazione di Marshall McLuhan possono rappresentare un buon punto di partenza. Considerando l’influenza delle sue idee nei numerosi saggi sulla popular music, il sociologo canadese afferma che i media sono estensioni dei nostri sensi. Essi ne modificano l’equilibrio alterando a loro volta la nostra percezione della realtà che ne causa trasformazioni di tipo politico, culturale e sociale. Dunque, aldilà dei contenuti trasmessi, è la stessa tecnologia a costruire di per sé un impulso comunicativo forte e determinato. McLuhan distinse la società di tradizione orale e la società caratterizzata dalla scrittura e dalla lettura. La cultura orale è spontanea, immediata e basata sul coinvolgimento di tutti i sensi sulle esperienze sociali collettive.

Al contrario, le invenzioni della scrittura e soprattutto della stampa hanno spostato l’equilibrio sensoriale umano verso il senso “distaccato” della vista. La cultura che ne deriva è piatta, meccanica e individualista. Tuttavia, il ritorno ad una cultura orale si è constatato con l’avvento dei media elettronici, trasformando il mondo in un mcluhaniano “villaggio globale”. Le sue idee ebbero vasta risonanza fin dagli anni Sessanta. Esse vennero accolte anche da diversi movimenti giovanili dell’epoca, ma l’affermazione del sociologo in merito al quale la tecnologia determini la nostra cultura sulla base di un rapporto di causa-effetto viene ribattuta dal sociologo inglese Richard Middleton. Egli, ritiene che le tecnologie aprano un ventaglio di scelte che dipendono esclusivamente dalle intenzioni individuali, dalle convenzioni sociali e dalle strategie di mercato.
Un caso in analisi: Marilyn Manson e la rivoluzione del sacro nella musica
È condividendo l’idea di Middleton che è possibile stilare un’analisi di ciò che musicalmente stava accadendo tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta. La crescente popolarità di nuovi sottogeneri rock riportò in auge le prime icone del genere come Black Sabbath e Iron Maiden, riproponendo la loro musica ai nuovi giovani del decennio. Tutto questo fu possibile anche grazie alle nuove modalità di commercio musicale che si allargavano a macchia d’olio sullo scenario culturale internazionale.

La scena heavy metal, ad esempio, dopo essersi lasciata alle spalle un periodo di forte crisi per via di numerosi movimenti politici che cercarono di sabotarne l’ascesa su scala mondiale, ripartì con una nuova spinta proponendo al nuovo pubblico che si avvicinava al genere una nuova musica con tematiche sempre più al passo coi tempi. Nonostante l’attenzione ai contenuti posta dalle associazioni censuratrici americane fosse sempre più presente, c’è chi di queste tematiche proibite ne fece il suo biglietto da visita, divenendo una delle figure più controverse del rock degli anni Novanta: Marilyn Manson.
Simbologie e oscenità
Divenuto famoso per i suoi concerti considerati osceni, violenti e profani fin dal 1994 è una delle rockstar più amate dagli appassionati della corrente heavy metal. Appartenente alla filosofia dello shock rock, rappresentato da band come Kiss e Alice Cooper, Marilyn Manson (all’anagrafe Brian Hugh Warner) stravolse un terreno già particolarmente attraversato dai suoi predecessori, ovvero l’utilizzo delle tematiche edella simbologia cristiana nel rock. Questo argomento, trattato in forma più velata già ai tempi di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles, divenne una delle argomentazioni più gettonate dai primi gruppi heavy metal negli anni Settanta, per poi allargarsi in maniera esponenziale anche in altri generi come il punk.
L’utilizzo di queste tematiche, nella stragrande maggioranza in maniera offensiva e parodistica, si ricollega maggiormente alle sonorità cupe e distorte del metal, tanto da influenzare la nascita di particolari sottogeneri. La rivoluzione di Marilyn Manson nacque con la sua incoronazione a vera e propria icona pop: l’album pubblicato nel 1996 dal titolo Antichrist Superstar gli assicurò il primo disco di platino, raggiungendo livelli impensabili per gli standard del genere. Una forte spinta commerciale e le numerose critiche mosse dai media che lo descrivono come un “cattivo esempio per i giovani della società”, lo hanno portato ad avere un grande impatto sul pubblico, letteralmente sovrastato dall’imponenza di questo nuovo personaggio sulla scena rock del momento, divenuto il simbolo dei giovani emarginati.
Il rock come ambiente informativo comune
Attraverso le parole dell’accademico statunitense e professore di comunicazione Joshua Meyrowitz, è possibile farci un’idea definita di quelli che erano (e sono tutt’oggi) i cambiamenti che i media elettronici hanno apportato nella relazione tra cultura musicale e società americana. Secondo Meyrowitz, i media non modificano l’equilibrio sensoriale di una cultura, ma riorganizzano gli spazi in cui le persone interagiscono, di conseguenza i nostri comportamenti assumono nuove forme. Nelle sue teorie si parla di un “ambiente informativo comune”, intesa come area condivisa sia dal musicista sia dal pubblico, dove entrambi scambiano ed esplorano nuovi orientamenti sociali e culturali, in quella che Alfred Schutz chiamerebbe “relazione del reciproco sintonizzarsi”. È di fronte a queste scelte che si pone l’autorità politica, ponendosi l’obiettivo (alquanto utopico) di plasmare la musica in base alla propria proposta amministrativa.

Il rock, come già descritto precedentemente, è sempre stato un genere di rottura, fin dalla sua affermazione nei primi anni Cinquanta. Per Frith è: «una forma contraddittoria che mescola insieme orgoglio e vergogna, celebrazione e senso di colpa, rabbia e accettazione», con lo scopo di contestare ciò che la società non accetta, dando voce alle sue richieste.
Bibliografia:
- Frith S., Sociologia del Rock (1978), Feltrinelli, Milano 1982.
- McLuhan M., Il medium è il messaggio (1967), Corraini, Mantova 2011.
- Meyrowitz J., No Sense of Place: The Impact of Electronic Media on Social Behavior (1985), Oxford University, Oxford (IN) 1986.
- Middleton R., Studiare la popular music (1990), Feltrinelli, Milano 1994.
- Schutz A., Fare musica insieme: Uno studio sulle relazioni sociali (1951), Armando, Roma 2015.
Riccardo Cilli