La sociologia tende sempre più a valorizzare la narrazione come processo di conoscenza peculiare. Arrivato oramai a essere vero e proprio riferimento necessario per lo studio della vita quotidiana, si può sostenere che stiamo vivendo una piccola rivoluzione. Quest’ultima risiederebbe nel mutamento della narrazione in quanto oggetto culturale in sé. Le discipline sociologiche stesse (complici forse la recente riscoperta di autori come Wilhelm Schapp) ne valorizzano sia il suo uso come strumento di indagine scientifica, sia il suo essere modo di conoscere e comunicare. Alimentando questa tendenza, si potrebbe rivendicare la legittimità scientifica all’ascolto della parola diretta degli individui coinvolti all’interno delle ricerche di stampo qualitativo.

Ma che cos’è una narrazione?

Wilhelm Schapp, autore ritornato di moda
Wilhelm Schapp, autore ritornato di moda

In sociologia è definita come tale nel momento in cui un narratore connette eventi in una sequenza che sia logicamente strutturata per le argomentazioni e per il significato che il parlante vuole comunicare. Gli eventi che sono considerati rilevanti dal narratore sono selezionati, organizzati, connessi e resi significativi per l’audience che in quel momento lo sta a sentire. Gli esseri umani hanno una tendenza naturale a rappresentare la propria esperienza rispetto al mondo in forma narrativa. Le storie che raccontano sono in grado di offrire coerenza e continuità alla propria biografia e sono lo strumento privilegiato che consente loro di comunicare con gli altri. Esse hanno un carattere sia personale che sociale. Consentono di trarre informazioni sul contesto nel quale l’intervistato ha vissuto e il modo con cui le interpreta. Ciò informa il ricercatore della cultura del mondo sociale nel quale quest’ultimo è inserito. Raccontare è una pratica sociale e discorsiva che incorpora un proprio sapere detto “sapere (o pensiero) narrativo”. Il pensiero narrativo è quello che permette di integrare ciò che non è immediatamente evidente. È quello che fa la differenza tra gli attori sociali, tra chi è passivo-ricevente di ciò che accade e chi è pronto a interpretare il mondo per capire meglio tutto ciò che sta avvenendo. Questa fonte di informazione è custodita nell’esperienza contestualizzata delle storie che sono raccontate al ricercatore in un particolare momento/contesto.

L’agire sociale come complesso di narrazioni

La comunicazione umanaLe narrazioni sono dunque uno strumento potente. Hanno la funzione di organizzare il mondo dal punto di vista del soggetto che narra, fornendo connessioni e schemi di interpretazione, altresì un modo per riaffermare e costruire la propria identità all’interno di un percorso dotato di senso. Infatti, le storie non possono essere colte nella loro individualità narrativa. Esse si situano in un panorama che è costruito narrativamente da più soggetti, oggetti e eventi che fanno parte del mondo sociale del soggetto. L’agire sociale, in questa prospettiva, va a configurarsi come uno scambio di messaggi narrativi che si intrecciano in grandi strutture (la cultura del tempo) o in complesse trame soggettive che suggeriscono il senso che ognuno deve dare alla sua vita. Se raccontare è la forma principale attraverso cui si esprime la comunicazione umana, diventa anche comprensibile l’interesse crescente verso questo tipo di riflessioni. Queste aprono la strada a nuove metodologie che focalizzano la loro attenzione a come studiare sociologicamente il sapere narrativo.

Francesco D’Ambrosio

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Print Friendly, PDF & Email