Per circa un secolo l’amianto è stato prodotto da alcune industrie, collocate nelle periferie delle città italiane. Dal 1992, la legge italiana ne ha vietato la produzione e la lavorazione. Ancora oggi, però, paghiamo le gravissime conseguenze della diffusione delle polveri di amianto, sparse durante le attività di lavorazione negli stabilimenti.
C’era una volta l’amianto. E purtroppo c’è ancora. Minerale dalle notevoli qualità fisiche (tra cui antincendio, resistente, flessibile), fin dall’antichità è stato impiegato per gli scopi più disparati. Nel ‘600, ad esempio, il medico naturalista Boezio utilizzava l’amianto per la produzione di alcuni medicinali. Alla fine del XIX secolo, la grande industria si rende conto dei vantaggi economici derivati dall’estrazione e dalla lavorazione delle fibre di amianto. Secondo le stime dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale del Piemonte:
“la produzione mondiale di amianto è in netta ascesa dal 1920 al 1975. Dal 1950 al 1959, la produzione risulta quintuplicata. Il maggior incremento decennale si colloca tra gli anni ’60 – ’70, in cui, si ha un incremento superiore al 100%, rispetto al decennio precedente”.
Essendo un buon isolante termico, e avendo delle proprietà anticorrosive, il cemento – amianto fu notevolmente utilizzato nel settore edile.
Un gigante nella produzione dell’amianto: l’Eternit
In Italia, un’industria importante nella produzione del fibrocemento fu l’Eternit. Una delle sedi dell’Eternit era a Casale Monferrato, in provincia di Alessandria, ma la sua attività era diffusa a livello nazionale. La sua attività produttiva iniziò nel 1907 e durò fino al 1986, anno in cui lo stabilimento cessò la produzione.
Sembra la normale storia di una fabbrica che, dopo tanti anni di produzione, chiude i battenti. E invece no. Già, perché le polveri di amianto, durante la lavorazione, si spargevano nell’aria, in particelle microscopiche le quali, messe insieme, creavano una nube che dalla fabbrica si spostava fino al Comune di Casale Monferrato (e nei comuni ad esso limitrofi). Le conseguenze furono (e lo sono ancora, purtroppo), devastanti. Secondo il sito della città di Casale Monferrato:
“sino al 2008 sono stati rilevati oltre 1800 casi di mesotelioma pleurico”.
I treni d’amianto
L’amianto è stato ampiamente utilizzato anche per produrre mezzi di locomozione come, ad esempio, i treni. Secondo il giornalista di Panorama Antonio Rossitto:
“Le Fs hanno fatto costruire carrozze, elettrotreni e locomotori imbottiti con il materiale (l’amianto, ndr) per trent’anni, sino alla fine degli anni Settanta. Poi li hanno aggiustati, «scoibentati» (cioè ripuliti dall’amianto), rottamati”.
Così tra gli anni ’70 e ’80 molti treni furono sottoposti a questi interventi di “restyling”, allo scopo di far proseguire il loro esercizio sui binari, ancora per anni. L’opera di scoibentazione, veniva effettuata sia nelle officine delle Fs, sia in officine di aziende private. Tra queste ultime c’era un’ azienda che si aggiudicò molte commesse per la suddetta opera: l’Isochimica, il cui proprietario era l’ex-presidente dell’Avellino Calcio, Elio Graziano.
Questo stabilimento, costruito agli inizi degli anni Ottanta nella zona industriale di Pianodardine, ad Avellino, tra il 1982 e il 1988 riuscì a scoibentare circa 400 elettromotrici e oltre 1700 carrozze. Gli operai che lavoravano al suo interno effettuavano le operazioni di scoibentazione senza protezioni particolari: solo una mascherina e un raschietto. Il terribile risultato fu un aumento delle patologie asbesto correlate tra gli operai che lavoravano in quello stabilimento e, purtroppo, alcuni di essi sono già deceduti.
E c’è notevole preoccupazione anche nella popolazione di Rione Ferrovia, area adiacente allo stabilimento. Perché in nome del profitto si mette a repentaglio la vita di tanti cittadini che hanno la sola “colpa” di vivere in una zona dove sono insediate queste fabbriche killer? Perché il lavoro degli operai non è stato tutelato? C’è urgente bisogno di politiche serie che, al profitto a tutti i costi, antepongano la salute dei cittadini e dei lavoratori. Perché intanto gli anni passano, ma le polveri restano e vagano nell’aria.
Modestino Coppola