La popolazione rom e sinti è una delle popolazioni più vulnerabili e stigmatizzate. Un processo di stigmatizzazione che ha origini molto antiche, e che continua a riprodursi nella vita quotidiana attraverso forme di disuguaglianza, rifiuto e marginalità.
In seguito ad un importante dibattito, fra un gruppo di studenti del corso di Sociologia dello spazio presso l’Università degli Studi di Salerno, riguardo le proprie conoscenze e considerazioni della popolazione rom e sinti è nata la realizzazione di un’indagine sociologica all’interno del Dipartimento. L’obiettivo di questo studio è stato determinare il grado di conoscenza e propensione verso la popolazione rom e/o sinti.
La popolazione meno gradita

Dall’analisi dell’indagine è potuto emergere come la popolazione rom fra le tante tipologie di popolazione è quella meno apprezzata, l’individuo non gode di una grande simpatia nei suoi confronti. Molto spesso questo è influenzato dal ruolo che i rom o i sinti svolgono all’interno del mercato del lavoro e dalle loro molteplici e varie attività lavorative. Tutt’oggi costituiscono una minaccia per il futuro lavoratore che attinge in settori come l’edilizia, i servizi alla persona, l’agricoltura o l’industria manifatturiera.
Le loro o le nostre caratteristiche?
Molte categorie si attribuiscono nella vita quotidiana ai rom ed ai sinti, molto spesso denominati ‘’zingari’’. Riconosciuti come stranieri, con una cultura e lingua differente, e distinti per le loro condizioni abitative, si collocano all’interno delle famose baraccopoli con conseguenze di scarso igiene, scarse possibilità economiche e predisposizione al vagabondaggio ed alla criminalità. La loro identità viene modellata a partire dalle caratteristiche estetiche, dal modo di vestire, dal modo con cui si manifestano differentemente alla società di arrivo. Molto spesso queste caratteristiche apparenti e superficiali danno origine a degli stereotipi che delineano dei possibili comportamenti devianti nella loro persona. Se osserviamo il fenomeno da un altro punto di vista possiamo notare come ogni caratteristica con cui si connota la figura del rom e/o sinti non nasce da un rapporto diretto con quella popolazione, ma trae fonte dall’indiretta immagine che ci viene quotidianamente trasmessa nei canali di socializzazione.
Accessi e non accessi

Qual è il luogo in cui si ha maggiore possibilità d’incontrare una persona rom e/o sinti? Per strada è il luogo in cui è concesso un maggiore accesso a questa popolazione, a differenza dei luoghi privati, come i bar, l’università e la biblioteca che riproducono una rigida selezione per categorie. Questa differenza di possibilità di accesso e non accesso ai luoghi è la proiezione nella vita quotidiana di atteggiamenti di discriminazione, rifiuto e marginalità. La televisione ed i telegiornali sono i luoghi in cui maggiormente vengono veicolate informazioni inerenti alla figura del rom e/o sinti. L’informazione che ci viene trasmessa non sempre corrisponde alla realtà, né tantomeno le immagini che ci vengono mostrate. Ogni foto, ogni video, ogni informazione che ci viene trasmessa non valgono una sola biografia, un solo rapporto diretto.
Tra barriere e collocazione sociale
Nonostante ci siano delle barriere che ci separano quotidianamente con questa tipologia di minoranza, è bassissima la propensione non solo ad abbatterle, ma anche ad osservare il fenomeno da una nuova angolatura ed in modo diretto. Sono pochissime le persone disposte ad uscire con una persona rom e/o sinti e da questo è sempre più evidente l’emergere di atteggiamenti di rifiuto, distacco verso la popolazione rom. Ci si domanda quali possono essere i fattori che influenzano determinati comportamenti. La persona rom o sinti sembra essere invisibile, non far parte del mondo che ci circonda, ma soprattutto, con le caratteristiche che gli vengono attribuite, non far parte dei nostri canoni sociali, considerati ‘’diversi’’. Chi presenta una maggiore predisposizione nei loro confronti è colui che ha ricevuto una formazione linguista e manifesta una maggiore apertura verso il multiculturalismo. Il comune in cui si risiede costituisce un fattore molto importante per la formazione del modo di pensare, di agire. Ogni comune costituisce una propria identità e con l’aumentare della densità del territorio si inizia a far riferimento ad una identità con varie forme e varie manifestazioni che iniziano a disancorarsi dal sapere popolare. Ci si distacca dalla massa riconoscendosi individualmente e divenendo maggiormente predisposti al multiculturalismo e all’eterogeneità.
Una delle prime agenzie di socializzazione è la famiglia e molto spesso condiziona quelli che sono i comportamenti individuali. Sono poche le famiglie che approverebbero un possibile contatto diretto con una persona rom e/o sinti. Altrettanto dicasi per il gruppo informale. L’opinione dei propri amici, il più delle volte, è decisamente importante e per evitare la manifestazione di una marginalità, l’uso di un linguaggio discriminatorio e la disapprovazione verso la formazione di determinati legami eterogenei si è spinti ad approvare l’opinione della maggioranza per evitare una possibile esclusione dal gruppo, sopprimendo l’opinione personale.
Sposando lo sguardo su una tipologia di giudizio più generale si nota come il legame che si può instaurare con una persona rom e/o sinti non gode di buon occhio, viene considerata negativamente, come se costituisse un male, un attacco all’ordine sociale predeterminato e selettivo nella costruzione delle reti sociali. Una divisione dello spazio sociale si ramifica e la popolazione rom viene collocata all’interno di uno spazio di minore importanza, uno spazio d’inferiorità. La loro collocazione all’interno dello spazio sociale spesso contribuisce alla considerazione del loro agire all’interno dello spazio: ‘’i rom rubano i bambini’’, ‘’i rom rubano’’, ‘’i rom sono vagabondi’’.
Una maledizione che non ha fine

Le discriminazioni di cui questa minoranza è vittima sono evidenti e sussiste una consapevolezza da parte degli stessi soggetti. La consapevolezza dell’esistenza di discriminazioni sembra però autogiustificarsi se prendiamo in considerazione le caratteristiche con cui la popolazione rom e sinti viene riconosciuta. Ad esempio : ‘’Secondo me i rom ed i sinti sono discriminati in Italia, ma per la loro differenza linguistica’’ , ‘’ Secondo me i rom ed i sinti sono discriminati in Italia, ma per il loro aspetto estetico’’. Il pensiero di Stato alimenta il rapporto asimmetrico fra soggetto ed oggetto. Un oggetto che viene considerato essere causa del suo stesso male. Eppure, se ci dovessimo fermare un attimo a riflettere su questa popolazione, cercando di mettere a fuoco quelle che sono le nostre reali conoscenze scientifiche e statistiche ogni certezza verrebbe meno. Quasi sempre si descrive la quantità numerica del fenomeno in modo ostentato, si considera essere molta, a volte si considerano anche più degli stessi nativi, senza aver avuto mai modo di toccarla con le proprie mani e di esplorarla nelle sue sfaccettature.
La discriminazione cammina e si riproduce, non guardando in faccia la realtà e non avendo rispetto della biografia di ogni individuo. Cammina e si riproduce sotto ogni punto di vista, da quello economico a quello culturale, da quello politico a quello sociale, da quello dei servizi a quello umano. Perché ancora oggi, a distanza di anni, la persona rom è condannata ad essere considerata al di fuori dell’essere umano.
Desirèe Magno