La proliferazione di casinò, di siti di casino online, sale da gioco, sale scommesse ed apparecchi per il gioco d’azzardo (ad esempio, le slot machine) installati nei vari esercizi commerciali induce a chiedersi quali motivazioni spingano le persone a giocare. Ai cosiddetti casinò classici e storici, si sono affiancate nuove strutture reali e virtuali con tanto di numerose applicazioni direttamente scaricabili sullo smartphone. Se penso al casinò, mi sovviene una scena tratta dal film “Proposta indecente” in cui un milionario alle prese con il gioco dei dadi chiama al suo fianco un’affascinante squattrinata in veste di portafortuna. Immagini stereotipate che, talvolta, trovano conferma nella realtà, spaziando tra diverse tipologie di frequentatori, citandone alcuni: l’abbiente, il pensionato, il giovane in cerca di riscatto e buona sorte, l’annoiato, il curioso, il turista, il gruppo organizzato che parte in bus, l’oberato fino al giocatore compulsivo. Come ha affermato Charles Bukowski, “La gente è il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto“. In questi casi, i soldi servono, eccome!

Perché si tenta la fortuna al casinò?

Innanzitutto il desiderio di vincita in modo facile e veloce, investendo una determinata somma di denaro (a seconda dei casi, minima o più elevata) con il fine di sfidare la sorte, migliorare il proprio status sociale, risolvere problemi economici e, magari, cambiare vita. Altre motivazioni concernono la propensione al rischio unita al brivido durante lo svolgimento ed il termine; il gioco viene associato ad una via di fuga-evasione dalla quotidianità e dallo stress, essendo correlato all’ambito del piacere, del relax, del divertimento, del fascino trasmesso dai media e degli orari flessibili. Infatti la struttura del casinò può comprendere al suo interno (o adiacenti) spazi riservati a bar, ristoranti, alberghi, in modo da soddisfare ogni necessità degli utenti. Non stupisce che i casinò siano presenti anche sulle navi da crociera. Inoltre vi è la possibilità di allargare i propri contatti sociali, condividendo interessi, affrontando con curiosità situazioni e meccanismi nuovi all’interno di un micromondo in cui regnano regole e scaramanzie. Il gioco d’azzardo rientra nella cultura del Bel Paese, spesso i giovani imparano a giocare a carte in famiglia oppure partecipano al Bingo o alle tombole insieme ad amici, quindi emerge un aspetto riguardante la socializzazione ed i modi di comunicare. Vale a dire che il gioco possiede una valenza storica e socio-culturale.

Questione di motivazione

Secondo l’Associazione per lo studio del gioco d’azzardo e del comportamento a rischio (ALEA), esistono ben 21 motivazioni diverse alla base della spinta verso il gioco: oltre a vincere denaro, divertimento, sensazioni forti, socializzazione, subentrano il desiderio di avere un diversivo, il piacere di vincere per vincere per sentire di valere e di battere gli altri, il fatto di non sentirsi estraniati da un gruppo di amici-giocatori, la sensazione d’incertezza, mettere in pratica le proprie abilità e strategie, la curiosità, prendersi una pausa e non pensare a nulla, sopraffare la macchina da gioco, sfidare la fortuna, il recupero dei soldi persi, l’insoddisfazione, la solitudine, lo sfogo, l’autolesionismo, l’abitudine. L’articolo 721 del Codice Penale asserisce che sono “giuochi d’azzardo quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria”.

Qual è il confine tra gioco e gioco patologico?

A tal proposito, è necessario parlare di ludopatia o azzardopatia e di servizi ad essa rivolti. Ludopatia significa dipendenza dai giochi elettronici o d’azzardo e produce effetti invalidanti sulle relazioni sociali e la salute. Il Ministero della Salute la definisce come “l’incapacità di resistere all’impulso di giocare d’azzardo o di fare scommesse, nonostante l’individuo che ne è affetto sia consapevole che questo possa portare a gravi conseguenze“. Il gioco d’azzardo diventa un problema nel momento in cui da semplice passatempo si trasforma in dipendenza, ovvero in patologia. La dipendenza si delinea quando il giocatore dedica sempre più tempo e denaro al gioco stesso, compromettendo i propri ambiti di vita (famiglia, lavoro, tempo libero) ed interferendo con le responsabilità sociali sino ad investire al di sopra delle proprie possibilità finanziarie. I SerT (Servizi per le dipendenze patologiche delle Aziende Usl) si occupano di diagnosi e cura di tale fenomeno. Senza dimenticare gruppi anonimi e di sostegno o il privato sociale. Secondo il Rapporto 2017 dell’Istituto Superiore di Sanità sulle strutture di prevenzione e recupero dei giocatori patologici realizzato in collaborazione con il Ministero della Salute, sono stati presi in carico poco meno di 24mila pazienti concentrati nelle fasce d’età 31-40 anni e 41-50 anni, con un rapporto maschi/femmine pari a 4:1. 24mila utenti intercettati dai servizi ed il sommerso?

Il gioco come forma di svago

Siamo nella web society (Cipolla 2013; 2014) e sicuramente Internet ha inciso sullo sviluppo della ludopatia mediante la dilagante offerta di siti in cui giocare o scommettere. Dal punto di vista del controllo sociale, il gioco d’azzardo evidenzia due problematiche: la prima riguarda la figura del giocatore estremo che richiede un intervento terapeutico; la seconda è inerente all’efficacia del controllo diffuso che dev’essere regolamentato attraverso criteri sociali convenzionali, equilibrando permissività e divieti (Bloch, 1951). Tra teoria e pratica, emergono evidenti discrepanze. Concludo con il commento dello psichiatra Vittorino Andreoli: ”Se a Montecarlo è possibile dilapidare una grande fortuna, in una tabaccheria, con il Gratta e Vinci, si consuma in fretta la pensione oppure il sussidio di cassa integrazione. Variano le cifre, ma l’esperienza è la stessa: perdere tutto, nella speranza di ottenere di più”. Aggiungo che non necessariamente il gioco d’azzardo rappresenta un fenomeno negativo, finché rimane confinato come forma di svago, certamente è in continuo sviluppo e dai tratti mutevoli che possono sfociare anche in patologia sociale.

Arianna Caccia

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