Perché i sociologi studiano la religione? Per secoli, il genere umano ha cercato di comprendere e spiegare il significato della vita. Molti filosofi credono che questa contemplazione e il desiderio di comprendere il nostro posto nell’universo siano ciò che differenzia l’umanità dalle altre specie. La religione, in una forma o nell’altra, è stata trovata in tutte le società umane da quando queste apparvero per la prima volta. Gli scavi archeologici hanno rivelato oggetti rituali, luoghi di sepoltura cerimoniali e altri manufatti creati appositamente per assolvere a queste funzioni. I conflitti sociali e persino le guerre sono spesso il risultato di dispute religiose. Tappa fondamentale per capire una cultura, i sociologi devono studiare la sua religione.

Che cos’è la religione?

Il sociologo pionieristico Emile Durkheim le definì inizialmente come “things that surpass the limits of our knowledge”, tradotto, “cose ​​che superano i limiti della nostra conoscenza“. Ma, continuando a problematizzarne la definizione, egli ne parlò come di “un sistema unificato di credenze e pratiche relative alle cose sacre, vale a dire delle credenze e pratiche che uniscono in un’unica comunità morale, chiamata chiesa, tutti coloro che vi aderiscono” (1915). Alcune persone associano la religione con i luoghi di culto (una sinagoga o una chiesa), altri con una pratica (confessione o meditazione), e altri ancora con un concetto che guida la loro vita quotidiana (come il dharma o il peccato). Ma tutti possono essere d’accordo sul fatto che la religione è un sistema di credenze, valori e pratiche riguardanti ciò che una persona considera sacra o considera essere spiritualmente significativa. La religione può anche servire da filtro per esaminare altre questioni e altri componenti di una cultura. Ad esempio, dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, è diventato importante per gli insegnanti, i leader della chiesa e i media educare gli americani sull’Islam per prevenire gli stereotipi e promuovere la tolleranza religiosa. Strumenti e metodi sociologici – come surveys, polls, interviste e analisi di dati storici – possono essere applicati allo studio della religione di una cultura per aiutarci a capire meglio il ruolo che ha nella vita delle persone e il modo in cui influenza la società.

L’approccio sociologico alla religione

Dal religio latino (rispetto per ciò che è sacro) e religare (per legare, nel senso di un obbligo), il termine religione descrive vari sistemi di credenze e pratiche riguardanti ciò che le persone determinano essere sacro o spirituale. Nel corso della storia, e nelle società di tutto il mondo, i leader hanno usato narrazioni religiose, simboli e tradizioni nel tentativo di dare più senso alla vita e comprendere la realtà. Le forme religiose della concezione del mondo si trovano in ogni cultura conosciuta, e di solito vengono praticate in pubblico da un gruppo. La pratica della religione può includere feste di ogni tipo, Dio o dei, matrimonio e servizi funebri, musica e arte, meditazione o iniziazione, sacrificio o servizio, e altri aspetti della cultura. Mentre alcune persone pensano che la religione sia qualcosa di individuale – perché le credenze religiose possono essere altamente personali – la religione è soprattutto un’istituzione sociale. Gli scienziati sociali riconoscono che la religione esiste come un insieme organizzato e integrato di convinzioni, comportamenti e norme centrati sui bisogni e sui valori sociali di base. Quindi, la religione è un universale culturale che si trova in tutti i gruppi sociali. Infatti, ad esempio, in ogni cultura i riti funebri sono sempre praticati in qualche modo, con qualche differenza certo, ma al contempo è possibile notare degli elementi comuni con altre manifestazioni rituali. Nonostante le differenze, quindi, ci sono elementi comuni in una cerimonia che segna la morte di una persona. L’annuncio della morte, la cura del defunto, la disposizione e la cerimonia sono le fasi fondamentali del rituale, cioè l’elemento su cui si sviluppano, nella pratica, le religioni.

Esperienza, credenza e rituale

Nello studio della religione, i sociologi distinguono tra ciò che chiamano esperienza, credenze e rituali.

  • L’esperienza religiosa si riferisce alla convinzione o alla sensazione con la quale ci si sente connessi all’entità trascendente, ossia il “divino”. Questo tipo di comunione e comunicazione può essere sperimentato quando le persone pregano o meditano insieme, cioè quando entrano in uno stato di effervescenza collettiva;
  • Le credenze religiose invece, sono idee specifiche che i membri di una particolare fede ritengono essere veri, come quella in cui Gesù Cristo è il figlio di Dio o la reincarnazione. Un altro esempio, più ampio, di credenza religiosa è quello dell’adesione, da parte delle religioni, a certe storie della creazione del mondo, quindi i cosiddetti “miti fondativi”;
  • Infine, i rituali religiosi sono considerati come comportamenti o pratiche richiesti o previsti dai membri di un particolare gruppo, come bar mitzvah o la confessione (Barkan e Greenwood 2003).

Francesco D’Ambrosio

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