La società di oggi è quella della sicurezza. Un’ossessione che condiziona la libertà delle persone, risultandone depotenziata. Il rischio deve essere ridotto al minimo. Il filosofo norvegese Lars Svendsen, nel suo pamphlet dal titolo La Filosofia della paura, rafforza questo concetto, evidenziando come la cultura della paura indebolisce la libertà e rafforza la società securitaria. Non si esce di casa, non si mangia ciò che non si conosce, non ci si fida dell’ignoto, non ci si espone. A regnare sono controllo e protezione. Ormai le nostre vite sono talmente sicure che i pericoli a cui siamo sottoposti sono potenziali.

La paura come risultato della scarsa fiducia in sè stessi

La filosofia della paura, edizione originale
La filosofia della paura, edizione originale

Svendsen ha messo in risalto come l’odierna società, denominata “della paura”, abbia contribuito a perdere le condizioni di possibilità dell’uomo. Celebre a proposito è una citazione di Martin Heidegger: “Nella paura si perdono di vista le proprie possibilità”. Svendsen riesce a sottolineare quindi come il peso della paura dipenda dal ruolo che l’essere umano le permette di avere. Il norvegese prospetta un futuro più vivibile solo attraverso il recupero di alcuni valori come la speranza, l’ottimismo e la fiducia nelle capacità dell’uomo di risolvere i problemi, di migliorare se stesso e la società in cui vorrebbe vivere. Un aspetto molto interessante riguarda la fiducia delle proprie possibilità. Con il passare del tempo questa si sta riducendo al minimo. Ci si augura sempre che i problemi siano risolti da fattori esterni.

Sette capitoli per evidenziare la filosofia della paura

Il "Big Brother" di George Orwell
Il “Big Brother” di George Orwell

Sette i capitoli che compongono il phamplet di Svendsen. Nel primo denominato La cultura della paura, il norvegese ricorda che la paura è giustificata come reazione normale, essendo la vita umana vulnerabile. I media ed i loro effetti non hanno fatto altro che alimentarla ricorrendo più volte a parole come “rischio” o “paura” stessa. Nel secondo capitolo, Cos’è la paura?, Svendsen esplica che la paura è un fenomeno evolutivo, volto a garantire le giuste condizioni di sopravvivenza e riproduzione. Nella paura si avverte una proiezione di un futuro negativo. La paura sta diventando una visione del mondo, incentrata sulla consapevolezza della propria vulnerabilità. Questa visione del mondo potrebbe diventare un’abitudine, un errore da combattere. Nel terzo, Paura e rischio, Svendsen spiega che tutti possono essere colpiti, nessuno escluso. Ma, come evidenziato a pagina 64: “Caratteristica cardine di questa società, è che per dominare i rischi scegliamo mezzi peggiori del problema. Si stima che circa 1.200 americani morirono dopo l’11 settembre 2001 perché avevano paura di prendere l’aereo e sceglievano quindi di prendere la macchina”. Nel quarto capitolo, L’attrattiva della paura, il filosofo prende in esame cosa spinga gli esseri umani a cercare nei libri, nei film o nei videogiochi proprio quel che li spaventa nella vita reale. Nel quinto, Paura e fiducia, il norvegese è convinto che la fiducia diminuisce progressivamente. Paura e sfiducia sono auto conservative: la prima ha il potere infatti di incidere negativamente sulla fiducia. Nel sesto capitolo, La politica della paura, prendendo in esame ad esempio l’attentato delle Torri Gemelle, sottolinea che la lotta alla cause della paura, produce paradossalmente nuova paura, come si può leggere a pagina 142. Infine nell’ultimo capitolo, Oltre la paura, a pagina 144, il filosofo sintetizza il senso del volume.“Dovremmo essere coscienti del fatto che la nostra paura non è un riflesso oggettivo della realtà e che ci sono grossi interessi a governarla. La paura è uno dei fattori di potere più importanti che esistono, e chi può governarla in una società terrà quella società in pugno”.

Ferdinando Capicotto

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