La storia letteraria si è attenuta, nel corso dei secoli, al solo studio delle biografie degli uomini e delle opere. L’assenza di una reale prospettiva sociologica, col tempo, ha depauperato lo studio della letteratura. Secondo Robert Escarpit nel suo testo Sociologia della letteratura ciò è risolvibile attraverso una visione (quanto più completa possibile) dell’evento letterario. Vediamo insieme alcuni passaggi di questo testo.

Costruire una sociologia della letteratura

Se la scienza sociologica degli albori con Compte, Spencer, Le Play e Durkheim si avviava all’autonomia e alla stabilizzazione, gli studi di letteratura del tempo rimasero in disparte nell’analisi del sociale. Il primo sistema coerente di sociologia della letteratura è stato formulato e sistematizzato da Lucien Goldmann e il suo strutturalismo genetico che, sulla base delle idee di György Lukács, postulava:

il carattere collettivo della creazione letteraria proviene dal fatto che le strutture dell’universo dell’opera sono omologhe alle strutture mentali di certi gruppi sociali o in intelligibili relazioni con esse (1964)

Dopo gli anni Sessanta del Novecento le teorie strutturaliste aprirono nuove prospettive alla sociologia della letteratura. In particolar modo con Roland Barthes, la semiologia e la semiotica misero l’accento sulla scrittura e sul testo in quanto luogo d’intersezione sociologica. Jean-Paul Sartre introdusse l’idea della letteratura da studiare come un processo di comunicazione (“che un libro non esiste fintanto che non è letto!”) (1976).

Tuttavia, il grande problema che muove e spinge la sociologia della letteratura su un campo squisitamente collettivo e florido è la necessità di una politica del libro che passa dalla definizione di fatto letterario. Ma cosa si intende?

Accostarsi al fatto letterario

L’evento letterario si presenta al ricercatore con tre modalità principali: il libro, la lettura e la letteratura. Queste nomenclature spesso si sovrappongono e contribuiscono alla definizione chiusa e strumentale di libro in quanto oggetto materiale. Tuttavia, secondo Escarpit, bisogna pensare al libro come strumento di scambio culturale il cui uso è oggetto di analisi sociologica. Su queste basi si possono strutturare diverse tipologie di analisi:

  • Coi dati statistici frutto di intersezioni di variabili utili a inquadrare l’evento, come regimi politici, istituzioni culturali, grado di analfabetismo, classi sociali, statuto economico e legale degli attori, storia del libro, etc.
  • Con lo studio di casi concreti secondo i metodi della letteratura comparata: fortuna di un’opera, evoluzione di un genere o di uno stile, trattazione di uno specifico tema, etc.

Attraverso poi le inchieste, le interviste e le testimonianze il ricercatore può unire i dati soggettivi e oggettivi per tentare di ricreare un quadro completo dell’evento letterario che desidera analizzare. Per poter far questo, ovviamente, bisogna attraversare – e studiare – i tre momenti che determinano il fatto letterario: la produzione, la distribuzione e il consumo.

A ognuno la sua letteratura

Non esiste relazione diretta tra il valore di un libro e l’ampiezza del suo pubblico, ma ce n’è una molto stretta tra l’esistenza di un libro e l’esistenza di un pubblico (Escarpit, 1994 p.55). Ogni gruppo sociale ha i suoi bisogni culturali. Da questi nasce una letteratura che sì può essere definita sistemicamente come “propria” di un gruppo (es. letteratura per ragazzi, riviste femminili, etc.) ma, in quanto frutto della produzione culturale di soggetti dialoganti e dalle plurime identità, risulta in ogni caso porosa: esistono coincidenze, sovrapposizioni di generi e strutture del discorso e delle narrazioni che fanno sì che certe opere possano rientrare in uno schema così come in un altro (ad esempio, la storia di una operaia edile che ha dei superpoteri come potrebbe essere categorizzata?).

Subentrano, in questa fase del discorso, le questioni del gusto e dell’approvvigionamento della letteratura. Per Escarpit sussiste una sostanziale differenza che unisce questi due aspetti, sostenuta dagli studi del centro di sociologia dei fatti letterari di Bordeaux, e li concretizza nel luogo dove entrambe le questioni vengono in essere. Per l’autore, quindi, sussiste una differenziazione tra una libreria letterata (luogo di scambio di cultura) e semplice punto vendita, “spaccio” del circuito dei testi “popolari”.

La sociologia della letteratura

Ogni autore vive in una determinata società, in un dato momento storico e porta con sé determinati valori. Da qui si evince che un genere letterario non si inventa: lo si adatta alle nuove esigenze del gruppo sociale. L’autore si serve degli strumenti linguistici e sintattici della sua cultura per comporre un qualcosa di suo, un proprio significato. Per Escarpit, si tratta di una consapevole manipolazione e non di una invenzione. Lo stile non riguarda solo l’uomo, “è la società”: è la summa delle evidenze trasportata nelle forme, nei temi e nelle immagini (ivi, p.79).

Un pubblico esterno, o semplicemente estraneo all’autore, incontra difficoltà nel rapporto con l’opera. Tendenzialmente, incapace di entrare subito in empatia con esso, i lettori sostituiscono all’evento letterario dei miti soggettivi. Tra ciò che l’autore vuol esprimere nella sua opera e ciò che il lettore vi cerca può esistere una distanza abissale. Per cercare di colmare questa distanza si crea questa sorta di specchio della cultura di riferimento che prima si è chiamato mito. Sono casi esemplari la conoscenza riflessa (e la mitizzazione) dell’oriente, o la lettura del mito imperialista nella letteratura di Kipling.

Quando scrittore e lettore appartengono allo stesso gruppo sociale può avvenire una comunanza di intenzioni e determinare il successo. In sostanza, per Escarpit, il libro che ha successo è quello che esprime ciò che il gruppo si aspetta: il gruppo esprime sé stesso, si ritrova, si (ri)narra.

Cosa è un libro e cosa vuol dire leggere?

Sapere cosa è un libro è sapere in che modo è stato letto. L’atto della lettura è un atto libero e, in apparenza, quasi esclusivamente individuale. Bisogna studiare il fatto letterario desacralizzandolo, prendendo in considerazione il dialogo tra creatori di parole, creatori di miti e di idee, sia contemporanei che immediatamente futuri. Dunque, per Escarpit, converrebbe, di primo acchito, studiare le motivazioni psicologiche e le circostanze materiali che condizionano i lettori, soprattutto i lettori medi.

Bibliografia

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