L’ambientalismo, o che dir si voglia ecologismo, è ormai parte del nostro sentire quotidiano. Multinazionali, piccole aziende, governi, comuni, sostengono la sostenibilità ambientale, almeno a parole, attuando politiche verdi e penalizzando le realtà più inquinanti. Associazioni e cittadini, si impegnano sempre più a diffondere e far rispettare un’etica ecologica, ormai parte costitutiva del più comune senso civico. I social media, i media digitali e il web, sono spazi virtuali dove le idee di Greta Thunberg e i video delle battaglie di Greenpeace vengono viste da milioni di persone.

arido

Tutti in un modo o nell’altro, siamo influenzati da questa grande narrazione. Un racconto che ci narra come il nostro mancato intervento in favore della natura, determinerà cambiamenti climatici che provocheranno catastrofi a livello globale, rendendo la terra un luogo sempre meno vivibile per la nostra specie. Una storia che almeno in Occidente non è più una semplice favola disconnessa dalla realtà, ma una vera e propria meta-narrazione, sempre più presente in ogni nostro vissuto, in costante evoluzione, supportata dalla scienza e da lapalissiane evidenze.

Una nuova meta-narrazione, forse l’ultima…

A questo punto è più che mai necessario stabilire che cosa è per noi una meta-narrazione, riprendendo la definizione storiografica criticata da Jean-Francois Lyotard. Il precursore del pensiero postmoderno sostiene che le meta-narrazioni, che poi con cura demolirà, sono “grandi narrazioni collettive” capaci di creare coesione sociale, trascendere il locale ed essere per questo per certi versi totalizzanti. Esempi di queste possono essere considerati l’Illuminismo, il Marxismo, il Freudismo, il Funzionalismo. Tutti ismi crollati con l’attitudine scettica e relativista propria della postmodernità.

terra e mani

Tutti ismi che, citando Michel Maffesoli, “non prevedono la salvezza al di là e all’esterno del modello esplicativo che la loro causa disegna”. Nei quali l’individuo è il portatore di una salvezza forgiata su una razionalità determinata da quella stessa narrazione di cui è parte. L’ambientalismo, si fonda sugli stessi presupposti. Su un antropocentrismo debole ma che guarda all’individuo, all’uomo come possibile salvatore e alla ragione ecologica come unica possibile razionalità attuabile verso la salvezza. Questa narrazione è resa, rispetto alle altre, in potenza, ancora più convincente attraverso dati scientifici schiaccianti ed eventi climatici sempre più devastanti, una sorta di profezia che si sta autorealizzando.

Un racconto dove pur sapendo di essere gli attori, ci comportiamo come spettatori

Nonostante tutto questo, l’ambientalismo subisce quella latente “incredulità nei confronti delle grandi narrazioni” raccontata proprio da Lyotard, che lo rende uno spettacolo, a cui spesso si assiste, senza rendersi conto di trovarci su quello stesso palcoscenico chiamato terra. Parafrasando Guy Debord, lo spettacolo nella società contemporanea diviene un evento fine a se stesso, dove lo spettatore contempla e osserva, finendo per comprendere sempre meno la propria esistenza. Finiamo per non renderci conto dell’importanza e delle conseguenze della narrazione ecologica. Non percepiamo un valore istantaneo, una utilità immediata delle nostre azioni, non troviamo un ruolo rilevante sul palcoscenico, perchè succubi della sindrome dello spettatore.

Mare Mostro: un oceano di plastica

Non siamo in grado di abbandonare una razionalità lineare ed egocentirca, una morale edonistica, a favore di una visione ecologica, ciclica e circolare. Dove non ci sono più protagonisti, ma tanti attori comprimari, parti di una grande copione. L’ecologismo sta facendo molto. Sta risvegliando coscienze con la sua empatica narrativa, sta portando nelle vite di molti una visione comprendente dell’esistenza, ma forse non è abbastanza. Questa potrebbe davvero essere l’ultima grande narrazione a cui assisteremo, se ancora una volta la retorica postmoderna avrà la meglio. 

Francesco Plaino

Bibliografia

  • Jean Francois Lyotard, La condizione Postmoderna, feltrinelli, Milano, 2014.
  • Michel Maffesoli, Note sulla Postmodernità, Lupetti editore, Bologna, 2005.
  • Guy Debord – La Società dello Spettacolo, Baldini & Castoldi, Milano, 2017.
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