Il lavoro è una determinante fondamentale nell’identità di ciascuno di noi. Essere senza lavoro equivale ad avere un’identità incompleta, a meno che non si tratti di una scelta consapevole privata (ad esempio, una madre o un padre che si occupano dei figli, in assenza di sostegno parentale; oppure una consistente ricchezza che permette di vivere di rendita).
Disoccupati e inattivi
Chi è il disoccupato? La definizione standardizzata dell’Istat considera soggetti in età compresa tra i 15 e i 74 anni che abbiano effettuato almeno un’azione attiva di ricerca di lavoro, in precedenza alla settimana di riferimento dello studio statistico e siano disponibili a lavorare entro le due settimane successive; o in alternativa, i soggetti che inizieranno un lavoro entro tre mesi. Come tradurre il fenomeno disoccupazione in cifre? Eccone una panoramica. Secondo lo stesso Istat, a Settembre 2017, in Italia, il tasso di disoccupazione tra 15-64enni si attesta al 58,1%, anche se la presenza della categoria inattivi, ossia coloro che non cercano lavoro, potrebbe celare percentuali più elevate. Nel secondo trimestre 2016, analizzando la fascia 15-34 anni (12 milioni e 681 mila persone rappresentanti il 21% della popolazione residente nel Bel Paese), emerge che 4 giovani su 10 disoccupati, soprattutto laureati, sarebbero disponibili a trasferirsi per motivi di lavoro; tra i giovani usciti da un percorso di studi, il tasso di occupazione è al 60% e cresce all’aumentare del livello d’istruzione; 1 giovane su 4 ha un lavoro a termine e con orario ridotto (Istat). La XIX° Indagine sulla condizione occupazionale di AlmaLaurea (2017), ha asserito che, ad un anno dal conseguimento del titolo, i laureati di primo livello presentano un tasso di disoccupazione pari al 21%, mentre i disoccupati del biennio magistrale rappresentano il 20%. Ciò delinea la necessità d’individuare strategie mirate ed efficaci, rafforzando la collaborazione tra scuole, università, imprese ed enti locali: non bastano i tirocini post-laurea, i corsi di studio e i loro saperi devono essere spendibili concretamente nel mondo del lavoro. Lo stesso vale per gli adulti che ri-entrano in campo mediante la riqualificazione professionale.
Stigmatizzazione sociale
Come si suol dire, “sei ciò che fai” e se non si svolge alcun tipo di attività, come ci si colloca all’interno della società odierna? La mancanza di lavoro può essere intesa come stigma sociale stando alla definizione di Erving Goffman che lo ritiene una connotazione negativa attribuita a categorie sociali che vengono discriminate e stereotipate da parte di persone denominate “normali”, in questo caso, gli occupati. Tra le diverse risposte dello stigmatizzato, Goffman cita il tentativo di correggere ciò che il soggetto considera la base del suo fallimento. Quindi come trovare lavoro? Attualmente esistono diverse strade da intraprendere, con più o meno successo, per uscire dalla condizione di disoccupato, tra cui:
- agenzie interinali e relativi siti;
- centri servizio per l’impiego;
- la riqualificazione attraverso corsi gratuiti organizzati da centri di formazione professionale in collaborazione con altri enti, corsi professionalizzanti a pagamento;
- applicazioni di ricerca di offerte lavorative direttamente scaricabili sul proprio smartphone;
- Informagiovani;
- concorsi, tirocini retribuiti, servizio civile.
Lavorare meno, lavorare tutti
Purtroppo, in questo iter, anche raccomandazioni e conoscenze hanno il loro peso. A parere del sociologo Domenico De Masi, la disoccupazione è destinata ad aumentare a causa di due fenomeni: meccanizzazione del lavoro e globalizzazione. L’autore ha suggerito una possibile soluzione: la redistribuzione degli orari lavorativi, ovvero la diminuzione del carico di lavoro degli occupati in favore dei disoccupati che, almeno inizialmente, offrirebbero la propria opera in maniera gratuita. Non dimentichiamo che lavorare gratis già avviene tramite tirocini non retribuiti, frequenze volontarie, volontariato. Giovani e non, sono disponibili a lavorare senza remunerazione, ma nella prospettiva di un contratto futuro che permetta loro l’indipendenza economica. Il problema non sono i ragazzi o gli adulti troppo choosy nella scelta dell’impiego, è la società a dover offrire alternative valide che vadano di pari passo con dignità, sussistenza e, soprattutto, con l’arrivare a fine mese.
Arianna Caccia
Laureata in Sociologia della salute e degli stili di vita, nutro un forte interesse per lo studio e l’analisi dei fenomeni sociali. Sempre pronta ad imparare e migliorarmi, amo leggere, scrivere, Vasco Rossi e Rino Gaetano e fare lunghe passeggiate in campagna.