Signore della camorra, donne spietate che detengono il potere criminale, donne forti che non accettano di essere relegate tra le mura domestiche, al solo ruolo di madri di famiglia, custodi della tradizione familiare. Il ruolo delle donne nella camorra non si limita a quello di madri, mogli, compagne; la criminalità campana è sempre stata contraddistinta da una forte presenza femminile al potere. Ricordiamo Anna Mazza, prima donna a essere condannata per reati di associazione mafiosa, vedova del padrino di Afragola, capo di un impero malavitoso tra i più potenti del sud, non è né l’unica né l’ultima donna boss, la storia della camorra ne è piena, se pensiamo a Rosetta Cutolo, Erminia Giuliano o Maria Licciardi.

Le donne di camorra sono più potenti delle loro corrispettive coinvolte in altre associazioni mafiose. Nella mafia gli unici detentori del potere sono gli uomini, le donne ricoprono il ruolo di comprimarie o semplici compagne di vita. Nella ’ndragheta sono presenti molte figure femminili di spicco ma sono tenute fuori dal vertice del comando. Le camorriste invece sono “manager”, come scrive Roberto Saviano, manager del business illegale, vere e proprie matrone dell’illegalità, sono la mente dei clan mentre gli uomini sono le braccia armate.

È molto raro che le camorriste si pentano, poiché ciò implicherebbe un coinvolgimento diretto dei propri familiari. Tutto, dunque, ruota intorno alla famiglia, come dimostra anche uno studio dell’Università degli studi Napoli Federico II, condotto da Gabriella Gribaudi e Marcella Marmo; le camorriste sono nel 36% dei casi mogli di un boss, il 9,5% vedove, il 9,1% compagne, il 5% amanti, il 4,5% ex mogli, il 4,5% ex compagne, per il resto sorelle, zie, nipoti, cugine, nuore e suocere.

Tuttavia però ci sono state donne coraggiose, capaci di allontanarsi dalla vita criminale, che hanno collaborato con la giustizia come Giuseppina Schiavone, figlia del pentito Carmine Schiavone. La Schiavone lanciò al padre una terribile condanna, forse più letale di una condanna a morte. Scrisse, infatti, subito dopo il pentimento del padre, parole forti, pungenti ad alcuni giornali: “È un grande falso, bugiardo, cattivo e ipocrita che ha venduto i suoi fallimenti. Una bestia. Non è mai stato mio padre. Io non so neanche cosa sia la camorra”.

Esistono, dunque, due mondi opposti, due visioni diverse. Da un lato vi sono le donne di camorra, che si armano di potere, che insegnano ai figli l’odio e la vendetta. Dall’altro, donne che credono nella giustizia, che infondono nei giovani l’amore e la speranza in una vita migliore. Siamo dunque fieri e orgogliosi di quest’ultime.

Melania Frattulillo

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