La scuola è la maggiore agenzia educativa dopo la famiglia. Nella società contemporanea, nella maggior parte del mondo, essa rappresenta non solo la principale agenzia educativa ma la sua frequentazione è un diritto inviolabile dell’individuo, come riportato nell’articolo 26 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo. Sebbene il diritto all’istruzione e la presenza capillare dell’istituzione scolastica siano dati per scontato, non è sempre stato così, anzi, fino a fine Ottocento, ad enormi fasce della popolazione, non era garantito il diritto all’istruzione tanto che nel 1861 in Italia, il tasso di analfabetismo superava il 70%.
Scuola dell’obbligo
A poco servirono la legge Casati (1859) che sanciva l’obbligo scolastico fino agli otto anni di età e la legge Coppino (1877) che aumentava a nove anni di età l’obbligo scolastico. Vennero entrambe promulgate con l’obiettivo di estendere la scolarizzazione il più possibile ma a causa di evidenti difficoltà nel far rispettare l’effettivo obbligo scolastico che prevedevano, la poca diffusione degli edifici scolastici, la scarsa preparazione degli insegnanti e la necessità, da parte della popolazione, di sfruttare al massimo anche la forza lavoro che poteva essere esercitata dai bambini per ottimizzare la produzione, per lo più agricola non portarono i risultati auspicati
Da Compte alla scuola nuova
Con il testo “Corso di Filosofia positiva” del 1830, Auguste Comte illuminò la strada che condusse l’Europa industrializzata nel Positivismo, un movimento che caratterizzato dalla piena fiducia nei risultati e nel metodo della scienza sperimentale. Il Positivismo influenzò anche l’educazione, che, da fine Ottocento, oltre a dar maggior spazio alle discipline scientifiche, utilizzò il progresso scientifico per migliorare i percorsi educativi. In Inghilterra, ad Abbotsholme, nel 1889, Cecil Reddie, diede inizio al movimento delle Scuole Nuove. Le Scuole Nuove furono istituti, rivolti agli adolescenti di estrazione borghese/nobile, spesso sorgevano fuori dalla città in zone rurali, erano fortemente influenzati dal clima positivista dell’epoca e si proponevano di formare un individuo di spicco che rappresentasse una guida nella nuova società positivista.
Questo obiettivo finale veniva raggiunto seguendo una rigorosa disciplina, lo studio di discipline umanistiche e scientifiche, didattica esperienziale e rapporto con la natura. Questi istituti sperimentali sorsero nei principali paesi europei quali Francia, Germania e Italia. In Italia, a causa del dilagante analfabetismo, le Scuole Nuove furono rivolte ad una più ampia fascia della popolazione e proponevano un’educazione di base pur seguendo le medesime innovazioni proposte dalle Scuole Nuove europee.
La scuola di Dewey
In quegli anni, negli Stati Uniti operò con grande fervore il noto filosofo pragmatista John Dewey che si pose in una posizione di elogio ma allo stesso tempo critica nei confronti delle Scuole Nuove. Pur apprezzandone le innovazioni, non vedeva nelle Scuole Nuove un luogo in cui il bambino potesse esprimersi appieno, in sostanza, secondo il filosofo, ciò che mancava era la cura verso “l’esperienza vera”. (Esperienza ed Educazione, 1938).
L’autore è riconosciuto come il fondatore dell’attivismo pedagogico, corrente di pensiero che, in scia al movimento delle Scuole Nuove, concepì una scuola a misura di bambino che avesse l’obiettivo di offrire un’educazione volta alla pratica (attraverso esperienze concrete e attività laboratoriali), che sviluppasse il desiderio di imparare, che mettesse il fanciullo al centro del processo di apprendimento e che fosse diretto verso ideali democratici. L’esperienza di Dewey, che si concretizzò in una scuola sperimentale sorta a Chicago nel 1896, non lasciò indifferenti molti altri autori statunitensi ed europei che proposero propri pensieri pedagogici dando vita ad esperienze educative importanti.
Certamente la figura più rilevante in tal senso fu Maria Montessori che, nel 1907, a Roma, fondò la prima Casa dei bambini, una scuola attivista presso cui l’autrice poté perfezionare il metodo che la rese famosa nel mondo. Con Maria Montessori (e altri autori quali, ad esempio,Claparèdè o Decroly) educazione e medicina si fusero assieme per dare vita ad una Pedagogia di stampo scientifico che permise di individuare e sperimentare nuove strategie di apprendimento. L’attivismo pedagogico si diffuse in molti paesi d’Europa, con varie sfumature differenti, segnando profondamente il cammino evolutivo della scuola.
Veicolare l’ideologia di partito
Con i totalitarismi, però, la scuola, iniziò ad essere un mezzo per i regimi per veicolare l’ideologia del partito. Si pensi, ad esempio, agli obiettivi proposti da Giovanni Gentile nella nota riforma del 1923 che trasformò e regolamentò la scuola italiana con la finalità di creare una società fascista.
La fine della seconda guerra mondiale e la lenta ripresa economica e sociale comportò una sempre maggior attenzione verso la scuola come importante strumento per il progresso culturale e sociale. La nascita della scuola di massa permise potenzialmente a tutti di avere accesso all’istruzione gratuita, sebbene la società non fosse egualitaria. Figure quali Don Milani e Ivan Illich furono particolarmente critici nei riguardi della scuola di massa perché sostenevano che non fosse egualitaria e anzi si facesse promotrice di disuguaglianze sociali.
Don Milani, nello specifico, nel testo “Lettera a una professoressa” denunciò la condizione della scuola italiana e la definì come un “ospedale che cura i sani e respinge i malati”. Allo stesso modo, Illich, era convinto che fosse necessaria una radicale descolarizzazione (Descolarizzare la società. Una società senza scuola è possibile?) ovvero l’eliminazione della scuola come istituzione con la creazione di iniziative di raccordo di vario tipo che la sostituissero.
La scuola moderna
Progressivamente, avvicinandosi verso il terzo millennio, i progressi nei percorsi scolastici sono molto evidenti. La scuola moderna è aperta a tutti, permette a chiunque di conseguire un titolo di studio poi concretamente spendibile ed è improntata verso l’inclusione. Il concetto di inclusione risulta cruciale per una precisa descrizione della scuola moderna. È possibile affermare che nei paesi occidentali la scuola abbia raggiunto un livello ottimale, ciò non è ancora realizzato in molti paesi in via di sviluppo anche se i vari rapporti sull’educazione redatti negli ultimi decenni e il costante lavoro degli organismi internazionali stia progressivamente puntando a ridurre progressivamente questa forbice e, per quanto utopico, garantire in ogni parte del mondo il diritto all’istruzione.
Andrea Zampieri
BIBLIOGRAFIA
- Comte A.; “Corso di Filosofia positiva”, UTET, 1979
- Dewey J.; “Esperienza ed educazione”, Raffaello Cortina Editore, 2014
- Illich I.; Descolarizzare la società. Una società senza scuola è possibile? Mimesis, 2019
- Scuola di Barbiana; “Lettera a una professoressa”, Mondadori, 2017