Intellettuali, psicologi, sociologi, ma soprattutto giornalisti e persone comuni, spesso etichettano l’individualismo come fenomeno negativo, prorompente e devastante per la società. Spesso sentiamo affermazioni come “siamo una società di individualisti” o “l’individualismo è il male dei nostri tempi“. In realtà è proprio quello di cui avremmo disperatamente bisogno, in una era fatta di consumismo, followers e populismo. Infatti, a causa delle continue semplificazioni culturali operate dai media e della diffusione di psicologismi nel vivere quotidiano, l’individualismo viene bollato come una sintesi, un mix, una miscela, di egoismo, egotismo ed egocentrismo. Portando in questo modo a confondere l’individuo con il suo ego, perdendo così molte delle connotazioni morali, sociali e filosofiche dell’individualismo stesso.

La dimenticata essenza dell’individualismo

L'individualismo più autentico pone al centro l'individuo e la sua possibilità di essere autonomoL’individualismo più autentico pone al centro l’individuo e la sua possibilità di essere autonomo. Libero e consapevole in relazione ai gruppi sociali che lo circondano, ai vasti apparati burocratici che regolano il suo vivere e alle mode del mondo contemporaneo. L’individualismo in tutte le sue forme, siano esse filosofiche o morali, assegna una visione antropologica positiva dell’uomo, una capacità di essere parte attiva della società, senza perdere tuttavia, né la propria indipendenza né tanto meno la propria autonomia. Non è un semplice individuo che persegue i suoi interessi al di sopra di quelli collettivi. Come Durkheim sosteneva, l’individuo è un prodotto sociale, l’individuo nasce dalla società come rappresentazione, ma anche categorizzazione, degli stimoli, delle riflessioni, delle esperienze che ognuno di noi vive singolarmente, nel quotidiano. Proprio per questo l’individuo finisce progressivamente per acquisire un ruolo, anche dal punto di vista legislativo, nella società. A partire dalla seconda metà del Settecento, nella società occidentale si inizierà a parlare di diritti, uguaglianza e legalità legati al singolo e non più a nobili, classi o etnie. Ma fu durante e dopo le due guerre mondiali che la percezione dell’individualismo fu compromessa definitivamente. Quando prima la modernità, con l’influenza devastante delle masse, e successivamente la postmodernità, con la sua frammentazione morale, portarono a categorizzare l’individuo come mera antitesi alla società, rendendolo schiavo di psicologismi e false rappresentazioni, impotente difronte ai fenomeni globali.

La triade dell’ego

Oggi nell'immaginario collettivo il termine individualismo ha una accezione negativaOggi nell’immaginario e nel sentire comune, il termine individualismo ha una accezione negativa, quasi nichilista. In quanto interpretato non come fenomeno sociale bensì come un insieme di pregiudizi e psicologismi sull’essere umano. Principalmente identifichiamo l’individualismo con dei comportamenti di matrice psicologica legati alla triade dell’ego. Questa triade fa riferimento a tre atteggiamenti psicologici molto comuni nella contemporaneità, ovvero egoismo, egotismo ed egocentrismo. L’egoismo come sappiamo è il ritenere che ogni nostra azione è finalizzata a soddisfare il nostro io, il nostro interesse personale. L’egotismo, decisamente meno conosciuto, è quell’atteggiamento psicologico che ci porta ad adorare le nostre azioni e la nostra immagine in modo narcisistico. L’egocentrismo è dei tre l’atteggiamento psicologico più rilevante e devastante della contemporaneità. In quanto è determinato e descritto da comportamenti che pongono il nostro io al centro di qualsiasi evento, minando una reale comunicazione con gli altri, ma soprattutto ponendo il nostro punto di vista come unico possibile, come assoluto. L’individualismo viene confuso, travisato, come una miscela di questi tre atteggiamenti psicologici. L’individuo non corrisponde al suo ego. L’individualismo è un fenomeno sociale, non psicologico. Non stiamo affermando che un individuo non possa essere egoista, egotista e tanto meno egocentrista, ma semplicemente che quando parliamo di individualismo parliamo di un essere umano, un agente, un individuo, all’interno di un contesto sociale e culturale, non guidato esclusivamente da pulsioni, sentimenti ed emozioni. Non è una semplice questione nozionistica o accademica, vi è in gioco la nostra percezione di cosa sia un individuo e cosa sia in grado di fare in uno scenario sociale.

La necessità di riscoprire l’individuo

L’individualismo è fatto di persone che ricercano autonomia e indipendenzaNei primi anni del XX secolo, Emma Goldman affermò in uno dei suoi scritti di quanto fosse assurdo sostenere che la nostra società moderna sia individualista. Credo che questa affermazione abbia più che mai valore oggi. L’individualismo autentico, positivo, fatto di persone che ricercano autonomia e indipendenza, dove questa ricerca è supportata come via maestra dalla società stessa, è del tutto assente nel contemporaneo. Non vi è quel potere creativo e partecipativo negli individui che Ortega Y Gasset, consapevole delle derive della società di massa, aveva provato a risvegliare nel suo pensiero, nei suoi scritti. Bisogna riscoprire il valore sociale dell’individuo, senza ricadere in personalismi. L’individuo può essere agente di cambiamento, più che mai a livello locale. Scordiamoci l’ego, ritroviamo l’individuo in contrapposizione alla massa, alle mode, ai trend, a tutto ciò che socialmente prescinde dall’autonomia, dalla libertà, dalla consapevolezza e dall’intenzionalità. C’è la necessità di riabbracciare un individualismo consapevole e motivato. Dato che non abbiamo bisogno di numeri, consumatori o tanto meno di followers, abbiamo bisogno di individui consapevoli, capaci di intendere e di volere.

Francesco Plaino

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