Ci si è accorti sempre più negli ultimi anni che su Internet c’è un diffondersi di false informazioni, le cosiddette “fake news”. Grazie ai social network si divulgano rapidamente e toccano gli ambiti più disparati, dalla salute al gossip alla politica, con miriadi di condivisioni (anche se molto spesso è evidente che si tratti di una notizia fasulla). D’altronde da un recente studio è emerso che un terzo della popolazione italiana è analfabeta funzionale: riesce a fatica a leggere un testo, ed alla prova della comprensione non pare averne estratto il significato. Insomma, sa leggere e scrivere, ma non capisce ciò che legge e scrive.

Le fake news nelle elezioni americane

Si dice che fake news avrebbero spostato voti a favore del candidato repubblicano
Si dice che fake news avrebbero spostato voti a favore del candidato repubblicano

Tutto è iniziato con la campagna elettorale di Donald Trump, dove un  diffondersi di fake news avrebbe spostato voti a favore del candidato repubblicano. In Italia nel 2013 è stato bloccato il DDL Scalfarotto che di fatto istituiva il reato d’opinione per chiunque esprimesse un pensiero non allineato al potere in tema di famiglia e sessualità. Oggi invece si propone il DDL n. 2688 XVII legislatura sulle cosiddette “fake news”. In sintesi il DDL prevede una multa fino a 5 mila euro per “chiunque pubblichi o diffonda notizie false, esagerate o tendenziose che riguardino dati o fatti infondati o falsi”. Se poi la fake news è tale da “destare pubblico allarme”, o “fuorviare settori dell’opinione pubblica”, l’articolo 2 aggiunge ai 5 mila euro di multa anche un anno di reclusione. Quando poi si promuova una “campagna d’odio” contro un individuo, o si possa “minare il processo democratico, anche a fini politici”, gli anni di reclusione diventano due e l’ammenda sale a 10 mila euro.

La lotta alle fake news

Per combattere le notizie false, in California sono già state proposte due diverse leggi e si insegna agli studenti del liceo come identificare una notizia inventata sui social. Secondo la proposta di Bill Dodd, lo Stato della California dovrebbe creare un nuovo curriculum in “alfabetismo dei media” per insegnare pensiero critico, ricerca indipendente e cittadinanza digitale. In Germania è allo studio una supermulta per chi diffonde informazioni ritenute fake. Facebook da parte sua sta assoldando squadroni di fact-checkers, controllori di fatti, con il mandato di scovare e penalizzare i falsificatori della verità che approfittano dell’ospitalità del social network.

Il punto di vista del sociologo

Il sociologo ungherese Frank Furedi
Il sociologo ungherese Frank Furedi

Il sociologo Frank Furedi, professore alla University of Kent, uomo di sinistra marxista e gramsciana, nell’intervista a Tempi, dichiara che “La verità è sempre stata una questione dibattuta, ma non è mai stata un problema a sé. Se ora è diventata “il” problema, è perché i valori detenuti dalle élite politiche della società occidentale sembrano essere stati rigettati, e le persone che mettono in discussione quei valori vengono guardate come sempliciotti che dicono bugie, gente di cui non bisogna fidarsi”. È una specie di meccanismo di difesa – continua il sociologo ungherese. Per non dover discutere con la gente che ha rigettato quei valori, ci si limita a condannarla moralmente. Ecco, direi che la parola “post-verità” nasconde una condanna morale di chi ha visioni diverse da quelle dell’élite. La post-verità in politica è uno dei motori del populismo ed è una minaccia per la democrazia”. Ma chi stabilisce se una notizia sia falsa? E perché non sono previste sanzioni per i giornalisti? Sarà possibile ancora dissentire su temi come l’aborto o le donne surrogate? Forse si vogliono zittire le voci contrarie al pensiero unico? E perché le persone preferiscono credere a siti di fake news e non a quotidiani che  fanno informazioni da decenni?

Giovanna Cannavò

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