L’attore sociale su cui è incentrato questo articolo è l’utente di internet nel suo rapporto con la Rete. Secondo la definizione da vocabolario, l’utente è «la persona o dispositivo che faccia uso di sistemi d’elaborazione dei dati per ottenere o elaborare dati o per scambiare informazioni»

A partire da tale definizione, si definisce il focus della presente analisi la quale si concentra sullo scambio di Informazione da parte dell’utente in veste di fruitore e produttore di essa.

Informazione in Rete e risvolti sociologici

Dalla definizione del termine “Utente” si denota l’aspetto di partecipazione attiva dell’attore sociale, il quale usa autonomamente il sistema di elaborazione dei dati e in una frazione di secondo, tramite la Rete, egli trova risposta alla sua esigenza di informarsi su una notizia, evento o semplicemente curiosità.

Ma ci siamo mai chiesti cosa succede nel momento che intercorre tra la digitazione della ricerca e la risposta che compare sul display? Anche a questa curiosità la Rete risponde digitando “Google Search”, infatti in questa pagina è spiegato chiaramente il sistema di elaborazione e organizzazione dei dati, dove il dato è rappresentato dall’esito della ricerca digitata dall’utente.

Elementi salienti

Gli elementi salienti sono rappresentati dai seguenti punti schematizzati qui di seguito:

  • La grande quantità di informazione disponibile sulla Rete necessita di uno strumento organizzativo.
  • Lo strumento organizzativo è rappresentato dall’algoritmo.
  • L’algoritmo ricerca su modelli linguistici appositamente costruiti.
  • I modelli linguistici sono costruiti sulle parole della ricerca e dai sinonimi di esse.
  • L’organizzazione dell’informazione prevede anche indicatori quantificabili per valutare la pertinenza con argomenti correlati alla ricerca dell’utente.

La sequenza dei passaggi sopraindicati, suggerisce all’utente dei “Contenuti correlati” in base alla sua prima ricerca. Essi sono il prodotto di quei modelli linguistici su cui è costruito l’algoritmo, il quale prende in considerazione sinonimi delle parole di ricerca e indicatori, per valutare gli argomenti più pertinenti.  Cliccando sugli argomenti correlati, ci si addentra sempre più nell’ambito di ciò che si sta ricercando, seguendo però un’unica prospettiva di informazione perchè ci si sta muovendo all’interno di una ricerca, magari più approfondita, ma i cui termini sono sinonimi dei sinonimi della prima digitazione.

Entropia e teoria dell’informazione per l’utente in rete

Questo processo di passaggio da un argomento correlato ad un altro diminuisce fino ad azzerarlo “l’effetto sorpresa” dell’utente, nel leggere le risposte ai propri quesiti di ricerca.

Essa è infatti una ricerca che, all’interno della grande quantità di informazione disponibile, è organizzata affinché il livello di prevedibilità nell’ottenere le informazioni, sia al suo minimo all’inizio della ricerca, per crescere ad ogni collegamento ipertestuale, il quale diventa via via sempre più prevedibile.

Questo concetto che vede l’aumento del livello di prevedibilità delle risposte e di contro la diminuzione dell’effetto sorpresa nel passaggio da un argomento correlato ad un altro, si esprime con il termine “Entropia”.

In principio il concetto di Entropia fu introdotto nel campo della termodinamica come “misura del disordine” poi nella statistica e poi da Shannon e Weaver nella “Teoria dell’informazione”.

Come dice l’autore Mazzoli L. «…La teoria dell’informazione è una scienza che sostituisce al concetto di scambio di energia quello di scambio di informazione correlando matematicamente l’informazione con l’entropia. In tale maniera si viene a definire l’organizzazione a partire da questa materia di scambio: l’organizzazione si ha nel momento in cui sussiste una struttura che vincola la circolazione dell’informazione. Ciò vuol dire che parlare di organizzazione di un sistema significa rimandare ad un condizionamento sia nella selezione dell’informazione sia nella trasmissione di essa, cioè sia a livello di significato che a livello di circolazione.» pag.33 Mazzoli L. (2013): L’impronta del sociale. La comunicazione fra teorie e tecnologie. Milano –Italia -Franco Angeli

L’Informazione che arriva sotto gli occhi dell’utente, la definisco “entropica”, perché essa non è libera, ma è il prodotto di un condizionamento che è rappresentato dall’algoritmo. Quest’ultimo, tramite modelli linguistici, sinonimi e indicatori, organizza la vastità di dati resi disponibili in origine dalla tecnologia della Rete, ma di contro restringe la panoramica informativa a disposizione dell’utente, ridimensionandola a ciò che ruota attorno ai termini di ricerca da lui utilizzati. 

Offuscare la capacità di giudizio dell’utente in rete

Tanto l’immensità quanto la velocità di informazione della Rete, offuscano la capacità di giudizio dell’utente che, ignaro quasi sempre del condizionamento entropico attuato e dietro questo apparente ruolo attivo nell’accedere autonomamente alla Rete per informarsi, non è consapevole del fatto di accedere ad una “Informazione a senso unico”. 

La funzione dell’In – formazione nella società, è quella di permettere all’individuo di formare sé stesso, cioè di conoscere attraverso di essa quelle porzioni di realtà che altrimenti rimarrebbero a lui sconosciute, permettendo la conseguente formazione di una propria opinione.  È facile quindi intuire le conseguenze nella fruizione di un’Informazione selettiva e mono prospettica, la compresenza di più punti di vista infatti determina una migliore comprensione di ciò che è la realtà. 

Condizionamento e organizzazione quindi, si identificano con l’entropia, la quale a mano a mano che ci si addentra nella ricerca aumenterà di livello, con la conseguente perdita di dati informativi, in quanto la complessità e la numerosità di tali dati saranno “profilate” sul sistema linguistico utilizzato dall’utente.

L’entropia informativa agisce sia sulla circolazione sia sul contenuto dell’informazione

Questo modello di organizzazione della complessità dell’informazione, se da un lato fronteggia il fenomeno dell’Information overload ossia l’eccesso di informazione resa disponibile dai nuovi media, dall’altra fa una selezione di essa in base a criteri che come abbiamo visto non offrono all’utente prospettive multiple e limitano l’estensione del panorama informativo.

L’utente fruitore della rete, quindi, è realmente un attore sociale attivo e consapevole che decide quando, come e dove informarsi?

In linea generale sembrerebbe di sì perché l’arco temporale di disponibilità continua della Rete e la sua facile accessibilità (basta disporre di un PC e di un Wi-fi) rende attiva la partecipazione dell’utente, ma nel momento in cui egli inizia il processo di ricerca informativa, non è più in grado di selezionare i contenuti, ed inconsapevolmente leggerà notizie che un algoritmo ha già selezionato al posto suo. In questa selezione, alla prospettiva ricercata, non corrisponderà nessuna visione contrapposta se l’utente utilizzerà i “Contenuti correlati”. Egli avrà una percezione amplificata di quella interpretazione informativa che ha ottenuto dalla ricerca, e pensando inconsapevolmente che sia l’unica, è tratto in errore e rimarrà arroccato alla sua posizione pensando che sia quella giusta.

Aggregazione di gruppi per l’utente

Cognitivamente impiegherà meno energie perché non deve faticare a sviluppare il pensiero critico e personale tra prospettive diverse di un argomento, ma dal punto di vista sociologico si creano i presupposti per lo sviluppo di continue dinamiche conflittuali tra ingroup e outgroup.

La rete infatti produce una maggiore polarizzazione poiché facilita l’aggregazione in gruppi di coloro che hanno opinioni simili su un determinato argomento. L’interazione con altri che condividono lo stesso punto di vista può portare ad una eccessiva convinzione della correttezza delle proprie idee, manifestando arroganza per chi la pensa diversamente. I nuovi media modificano l’interazione sociale poiché spesso negli ambienti digitali, ciascuno utente sicuro della propria informazione, esprime con certezza, che sfocia spesso nell’aggressività, opinioni e punti di vista.  

Analizzando il linguaggio utilizzato in rete nei vari social dagli utenti, è palese come sia presente un livello di conflittualità maggiore rispetto alla comunicazione in presenza. Sicuramente il “medium” digitale ha delle caratteristiche che sviluppano nei fruitori tale aggressività, uno fra tutti ad esempio, la comunicazione mediata da uno schermo, ma anche il condizionamento organizzativo dei contenuti gioca un ruolo fondamentale nello scambio di informazione.

L’utente in rete è spesso ignaro

L’ Entropia delimita il concetto stesso di Informazione. Questa, secondo l’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, si definisce come: «notizia, dato o elemento che consente di avere conoscenza più o meno esatta di fatti, situazioni, modi di essere». La conoscenza diffusa tramite digitazione non può essere considerata esatta sia a causa della sua univocità, sia per mancanza di strumenti che ne attestino la sua veridicità. D’altronde se riflettiamo, il medium digitale è l’unico in cui non viene assicurata la par condicio tra le fonti, come avviene invece nella televisione o nella carta stampata.

Inoltre dietro l’apparente capacità attiva di ricercare, l’utente della Rete ignaro del tipo di organizzazione della complessità informativa, in realtà ha la possibilità di informarsi in modo veloce ma non esaustivo e senza essere in grado di discernere contenuti validi da quelli anche poco attendibili.

Teoria dei sistemi sociali

 Sarebbe opportuno pensare all’organizzazione dei dati secondo algoritmi che, oltre a basarsi sui sinonimi delle parole digitate, comprendano nella loro programmazione anche gli opposti di esse, in modo che i “contenuti correlati” suggeriscano al fruitore più prospettive, si agirebbe così a favore dello sviluppo di un pensiero critico, che invece sembra più allinearsi anche nei regimi democratici. I nuovi media hanno trasformato il dialogo e il confronto tra diversità di vedute, in scontro e conflitto disfunzionale che combatte con l’aggressività verbale povera di contenuti e ricca di insulti, chi la pensa diversamente.

Rifacendoci alla “Teoria dei sistemi sociali”, l’Informazione è il sottosistema della cultura, la cui funzione è quella di ampliare la conoscenza, e se l’innovazione tecnologica della Rete ha dato la disponibilità di una immensità di dati, il modello organizzativo entropico   amputa l’Informazione, imponendole una circolazione ristretta di idee che non rispetta la diversità e la complessità dell’attuale società postmoderna.

A chi è utile la disinformazione in Rete?

Il fruitore che legge passivamente ciò che un algoritmo gli propone, si può trasformare in utente attivo nel momento in cui diffonde informazioni di ogni tipo.

E qui arriviamo ad un nodo cruciale che riguarda l’assenza di regolamentazione giuridica su Internet, in quanto bisogna dire che in principio l’art. 21 della Costituzione, enunciando la libertà di manifestazione del proprio pensiero, sembrava contenere bene la nuova realtà di informazione che la Rete stava costruendo, ignari tutti delle infinite potenzialità di essa che nel tempo continuano a svilupparsi.

Inoltre, non si è avuta subito la consapevolezza che l’avvento dei nuovi media necessitava di una disciplina giuridica ad hoc, in quanto la regolamentazione esistente sulle telecomunicazioni, distingue la legislazione che regolamenta il medium, cioè il mezzo della comunicazione, da quella che invece ha per oggetto il contenuto di essa, cioè l’Informazione.

I nuovi media hanno superato tale differenza poiché Internet rappresenta il mezzo e il contenuto, di conseguenza siamo in presenza di un vuoto normativo paragonabile a quello che si verificò negli anni ‘80 in Italia, dove il sistema delle telecomunicazioni non adeguatamente disciplinato vide al suo interno il proliferare selvaggio di reti televisive.

Disinformazione e decalogo della buona informazione per l’utente in rete

Ora con i nuovi media, potremmo dire che il vuoto normativo sta portando al proliferare selvaggio dell’Informazione che in quanto autoprodotta dal singolo utente, si confonde o si omologa alla disinformazione. Mentre l’informazione corre, la politica è sempre più paralizzata e in questo gap l’utente in rete rimane senza tutela e in balia di sé stesso contro le fake news.

La tutela della sicurezza on line ha condotto Google e i canali social di Treccani ad affrontare il tema, molto caro all’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, della “Disinformazione sul web” tramite il progetto che ha dato vita al “Decalogo della buona informazione“, ossia 10 regole per una corretta navigazione in rete:

  1. Diffida dai titoli altisonanti
  2. Leggi tutta la notizia e non fermarti al titolo
  3. Fai una ricerca sulla fonte
  4. Fai un controllo incrociato
  5. Controlla che l’URL sia corretto
  6. Fai attenzione alla formattazione delle pagine web…
  7. Verifica data e località delle notizie per capire se sono aggiornate
  8. Fai attenzione alle foto e ai video
  9. Assicurati che la notizia riportata non sia uno scherzo
  10. Rifletti prima di condividere o commentare una notizia facendola così diffondere

Come lottare contro la disinformazione?

Google e le altre piattaforme digitali lottano contro la disinformazione, tanto che già nel 2018 e in previsione delle elezioni europee che si svolsero nel 2019, la Commissaria Europea per l’economia e le società digitali, annunciò che un codice di condotta era stato firmato dalle grandi piattaforme digitali. Questo codice, che viene costantemente monitorato dalla Commissione europea, si snoda su 5 aree che sono

  • Interrompere le entrate pubblicitarie di determinati account e siti Web che diffondono disinformazione;
  • Aumentare la trasparenza della pubblicità politica;
  • Affrontare la questione degli account falsi e dei bot online;
  • Facilitare l’accesso a diverse fonti d’informazione, migliorando la visibilità dei contenuti autorevoli, e rendere più facile la segnalazione di notizie false;
  • Consentire alla comunità di ricerca di accedere ai dati delle piattaforme per monitorare la disinformazione online attraverso modalità conformi alle norme sulla privacy.

L’obiettivo della Commissione Europea è pertanto quello di arginare la spinta speculativa legata alla diffusione delle notizie on line.  Quindi ci si chiede: a chi sono utili le fake news?

La premessa da fare riguarda il cambiamento che ha investito il concetto di Informazione in quanto la viralità è l’elemento che oggi la caratterizza e dietro di essa si nasconde il suo aspetto economico e speculativo. La risonanza di un titolo attraente ha lo stesso peso di una testata giornalistica autorevole, cioè la pubblicazione di un contenuto falso ha la stessa visibilità di una notizia vera, anzi la fake news, proprio perché falsa, desta scalpore nell’utente fruitore che la percepisce come vera e al di fuori della normalità.  

Fake news e clickbait

Le fake news sono a volte frutto dell’azione di singoli utenti denominati “Troll” i quali dopo aver prodotto una notizia falsa, sono anche capaci di renderla virale sui social.  A volte dietro le fake news ci sono organizzazioni che fanno business sulla disinformazione, investendo denaro dietro commesse e tramite account falsi chiamati “Bot,” retwittano migliaia di volte uno stesso tweet per farlo diventare virale.

 È il fenomeno del clickbaiting cioè acchiappa click definito dall’Oxford Dictionary come qualsiasi «contenuto il cui scopo principale è attrarre l’attenzione e spingere i lettori a cliccare sul link di una determinata pagina web»

Su Facebook le fake news, spesso costruite per fare scalpore con una visibilità nettamente superiore ad una notizia vera, sono spesso associate alle inserzioni pubblicitarie.

Ci sono poi i content creators o influencer, nati con l’avvento dei social network e capaci di proporre schemi informativi nuovi, efficaci e adatti agli ambienti on line basati sulla condivisione di contenuti multimediali. Gli influencer nascono con l’obiettivo appunto di “influenzare” gusti ed opinioni del mondo dei followers, rappresentato da adolescenti e giovani che vedono nei content creators i loro modelli.

Ansa e AGCOM

Il problema nasce quando essi diffondono disinformazione, anche pericolosa, ai milioni di utenti che li seguono. A tale proposito è di questi giorni la notizia dell’ANSA circa la decisione all’unanimità del Consiglio dell’AGCOM, di indire una consultazione pubblica sulle misure per garantire il rispetto delle disposizioni da parte dei soggetti che creano, producono e diffondono contenuti audiovisivi.

Concludendo, risulta evidente che a tutto quanto esposto sopra, si contrapponga il concetto di “Buona Informazione” che per essere considerata tale deve attenersi ad attributi come esaustiva e multi prospettica, vera e affidabile.  L’informazione è interdipendente al livello culturale di un sistema sociale ma paradossalmente viene trattata e utilizzata per monetizzare utili economici. Sistema sociale e Informazione si influenzano reciprocamente cioè una società conosce se stessa leggendo l’informazione proposta, la quale offre un’interpretazione della realtà. Una realtà che non rispecchia la sua complessità in quanto derivante dall’informazione entropica, o una realtà non reale, in quanto derivante dalla disinformazione. Da qui la necessità di esigere e tutelare la “Buona informazione” che sia un prodotto culturale e non economico.

Nelly Cantarella

Bibliografia

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