Le macchine in Giappone rivestono un’importanza diversa da quella riservata loro in altre culture. Lo possiamo intuire leggendo i fumetti e/o guardando gli anime di Mazinga e Gundam. Oltre la componente materialistica relativa alla produzione, in Giappone è presente un forte orientamento post-materialista alla robotica e agli oggetti meccanici ed elettronici. Pur essendo sintetici sostituiscono relazioni affettive (Marco Pellitteri, 2008).

Fabbricare robottini

Questa tendenza, sfruttata nel marketing, alimenta una poderosa industria del voluttuario. Nei decenni ha trovato sbocchi commerciali ed estetici, in culture giovanili, nei giocattoli metallici e in un genere di fumetto e di animazione con protagonisti robot, cyborg, androidi e Intelligenze artificiali. Come sostiene Anne Allison (2006), una delle prime industrie che in Giappone attecchirono nell’immediato dopoguerra fu proprio quella della costruzione di giocattoli metallici a basso costo. Essi venivano realizzati in buona parte con l’alluminio dello scatolame alimentare dei militari americani presenti nel paese fino al termine dell’occupazione durata dal 1945 al 1952. Questi giochi, in buona parte, erano robottini basati su l’immaginario fantascientifico statunitense, e proprio destinati ai bambini americani (Gianluca Di Fratta, 2007).

cyborg donna

Robotizzazione del fantastico

I Giapponesi hanno attuato, nei manga e negli anime di fantascienza, una robotizzazione del fantastico (ivi, 2007). Durante il periodo che va dalla metà degli anni cinquanta fino alla metà degli anni novanta, con un picco alla metà degli anni settanta, l’immaginario veicolato dal fumetto e dall’animazione nipponici ha attraversato una doppia mutazione:

  • La prima ha riguardato la matrice visuale, ovverosia lo sconvolgimento dei classici schemi comunicativi propugnati dall’immagine;
  • l’altra, come già era intuibile, si è tradotta in una gigantesca proliferazione di merci, soprattutto giocattoli e modellini.

Tali prodotti hanno alimentato la familiarizzazione e la domestication (Cola, Prario, Richeri, 2010) di molta gioventù internazionale alle estetiche, ai personaggi e alle narrative giapponesi circolanti nei fumetti e nell’animazione. Le storie robotiche e con protagonisti i famigerati cyborg dunque, sono stati per decenni due dei generi più salienti degli anime.

Il robot nell’immaginario Nipponico

Esisterebbero, secondo Di Fratta (2007), due letture dello sviluppo del robot nell’immaginario Nipponico, esemplificate da un lato nella figura ortodossa del robo o robotto degli anni settanta con Mazinger Z di Gô Nagai, e successivamente del mecha, introdotto dalla serie Gundam.

  • La prima può essere utilizzata per descrivere la corazza identitaria (Pellitteri, 2008, p. 160) che il Giappone si costruì in quegli anni. Essa insiste sulla sua autoaffermazione come luogo al di fuori della dialettica fra oriente e occidente, in qualità dunque di unicum geopolitico e culturale (Iwabuchi, 2002). Esso consisterebbe in una rappresentazione del sincretismo dello spirito nipponico e della scienza occidentale. Il wakon yôsai – questo il termine tecnico – è esperibile negli anime e nei manga nella costituzione dei robot da combattimento. Questi, hanno fattezze che richiamano elementi tradizionali giapponesi come armature da samurai, attacchi con nomi o nemici dalle fattezze antropomorfe che ricordavano il bestiario mostruoso Giapponese, etc.
  • La seconda figura può essere utilizzata per descrivere l’utero metallico (Pellitteri, 2008, p.161) in cui il Giappone si percepisce come il conducente del Gundam. Una simbiosi sensuale ed empatica tra il corpo carnoso e il corpo macchinico (Greenfeld, 1994), ma che si relaziona sensorialmente con il mondo come fosse all’interno di un utero protettivo che non isola dalla realtà, non elimina la vulnerabilità fisica, ma la riduce.

Narrazioni per nuove generazioni

bomba atomica giappone

Questa è una simbologia che si può tradurre in due idee specifiche. Innanzitutto si può denotare una narrazione di un Giappone violentato militarmente, che teme ed esorcizza il disastro soprattutto durante gli scontri tra esseri meccatronici, dove la devastazione assume sempre una valenza positiva poiché figlia di una violenza difensiva (Il paese che viene attaccato da entità mostruose esterne).

D’altro canto si può denotare anche un conflitto di visioni di natura generazionale. La tradizione contro l’innovazione. Una generazione giovanile al comando di questi robot, la shinjinrui, la nuova umanità che dovrà prendere le redini del futuro, che guarda oltre un ottuso radicarsi alle tradizioni propugnato dalle vecchie generazioni.

kaiju Giapponesi
kaiju Giapponesi

Questo muro di ottusaggine viene incarnato per esempio, dalle entità mostruose come i Kaiju che agiscono per soddisfare i loro impulsi, fino a non riconoscere nient’altro motivo di azione se non il gusto della devastazione stessa (Raffaelli, 2005).

Ben presto però questa visione di involucro spersonalizzato, asessuato per ribadire la potenza virile del suo conducente (Baudrillard, 2003), si problematizza e spiana la strada al moderno modello del cyborg.

  • Allison A., Millennial Monsters. Japanese toōs and the global imagination, Berkley, University of California Press, 2006;
  • Cola M., Prario B., Richeri G., Media, tecnologie e vita quotidiana: la domestication, Roma, Carocci, 2010;
  • Di Fratta G., Robot. Fenomenologia dei giganti di ferro giapponesi, Caserta, l’aperìa, 2007;
  • Greenfeld K. T., Speed tribes. Days and Nights with japan’s next generation, New York, Harper Collins, 1994;
  • Iwabuchi K., Recentering Globalization: popular culture and asian trasnationalism, Durham, Duke university press, 2002;
  • Pellitteri M., Il drago e la saetta. Modelli, strategie e identità dell’immaginario Giapponese, Latina, Tunué, 2008;

Francesco D’Ambrosio

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