La storia del concetto di ecologia dei media (media ecology) ci riporta al 1968. Proprio in quegli anni lo studioso americano Neil Portman introduce l’espressione con una definizione ben precisa: «lo studio dei media in quanto ambienti […], il modo in cui i media influenzano la percezione e la conoscenza, le emozioni e i valori umani».
È interessante approfondire il pensiero di Postman perché nel suo scritto originario pone le basi di questo nuovo ambito. Lo studioso di sociologia della comunicazione o, secondo la denominazione della New York University, “Ecologia dei media”, ha infatti vissuto per comprendere come i media influenzano le nostre forme di organizzazione sociale partendo dalla domanda del grande studioso di comunicazione della Scuola di Toronto, Marshall McLuhan che aveva sostenuto che ogni medium crea un ambiente e cambia il modo di pensare e di vivere delle persone che a quell’ambiente appartengono.
Oikos e logos al centro di “Media Ecology”
Nella sua definizione, lo studioso americano intende la parola ecologia nel senso proprio dell’antico greco: oikos e logos. Quindi si tratta di studiare il luogo, l’ambiente in cui si muovono i media e di capirne la relazione. Per lui, infatti, i media sono un vero e proprio ambiente nel quale l’uomo scopre, modella ed esprime la sua umanità.
Postman è, a ragione, il precursore di questo filone di pensiero che si snoda per tutti gli anni successivi coinvolgendo studiosi da ogni parte del globo.
Già la sua allieva Christine Nystrom, qualche anno dopo, (nel 1973 per la precisione) nella sua dissertazione per il dottorato, aveva intuito il percorso di questa disciplina catalogandola come una realtà emergente.
Agli scritti di Postman sono succeduti numerosi altri pensatori (oltre ai suoi allievi diretti come la Nystrom) che hanno evidenziato altri aspetti di una materia in continuo movimento, grazie anche al sempre maggiore coinvolgimento delle nuove tecnologie.
Già alla fine degli anni Novanta, studiosi come Lance State hanno introdotto il forte impatto che le nuove tecnologie hanno sull’ambiente dei media. Ma ci interessa molto l’aspetto che anche gli studiosi di sociologia della comunicazione italiana ed in particolare alcuno recenti libri dedicati alla materia.
Interessante in questo ambito le parole contenute nel prologo del libro Ecologia dei media di Paolo Granata.
La Media Ecology oggi
In questo libro si sottolinea l’importanza dell’ambiente e come questo approccio dei media studies sia fondamentale in quanto rappresenta un ampliamento delle prospettive di studio e di ricerca.
Gli autori fin da subito evidenziano la portata innovativa del concetto di media ecology nella valenza multidimensionale del concetto stesso di ambiente.
Nel mondo contemporaneo con le ansie ecologiche in atto, sicuramente è importante interrogarsi su questa metafora ecologica dei media che sono sempre più pervasivi.
Lo studio, quindi, si snoda attraverso la lettura degli scritti di Pierre Bourdieu ed in particolare soffermandosi sul suo concetto di campo. Per il grande pensatore questo termine indica una porzione dello spazio sociale in cui gli agenti lottano per ottenere la legittimazione. Ha, quindi, una connotazione “naturalmente” gerarchica ed ogni campo rappresenta una sorta di microhabitat.
Questo ovviamente amplia l’incidenza della media ecology nel quotidiano sociale.
È necessario leggere questo scontro tra gli ambienti perché questo crea anche una sorta di collisione con il resto dei microambienti. Il comune cittadino, infatti, si sta allontanando dai media anche per un’incapacità di lettura di alcuni scontri, oltre che ad una finta democratizzazione di accesso alle notizie, grazie alle nuove tecnologie.
Il tema della figurazione
Il tema della figurazione, che i due autori riprendono dagli studi di Norbert Elias, ben si integra nel ragionamento perché l’autore ha un approccio che è ecologico, nell’accezione utilizzata in questo contesto, perché si fonda sulla compresenza delle diverse parti della società.
Inoltre, lo studioso tedesco si concentra sui nodi che compongono le reti sociali e la sua visione di interdipendenza delle varie componenti riporta ad una sorta di interazione continua tra i vari microambienti portando ad una definizione precisa: convergenza ecologica.
Nella concezione eliasiana si ha un punto di cambiamento perché l’ambiente sociale e mediale sono non più una somma ma interazione delle parti, alla luce della lettura recente fatta da Loyal e Quilley.
Lo spostamento di studio dei media non più come ambienti ma come figurazioni permette di potenziare la prospettiva ecologica. In questo passo di Ciofalo e Pedroni si concentra il focus della novità.
Posta questa premessa ritorniamo insieme agli autori al fattore di incidenza dei media sulla società.
Media Ecology, l’idea di Hjarvard
Lo facciamo seguendo il percorso lineare tracciato da Hjarvard. teorico della mediatizzazione della società e quindi del rapporto dei media con i vari habitat. Interessante un aspetto di questo studioso che punta l’accento su un tema che poco sopra abbiamo accennato riguardo l’individuo. È chiaro per lui, infatti, che la mediatizzazione va ad influire anche sulla singola persona perché i media sono potenti strumenti di formazione e condizionamento.
Questo perché essi sono diventati istituzioni sociali ma anche si sono integrati nell’operatività di tante istituzioni sociali e sfere culturali.
La riflessione che ha visto intersecare il campo, la figurazione e la mediatizzazione porta alla questione finale. La media ecology ha tre dimensioni fondamentali toccate da quanto sopra. Nella definizione dell’oggetto di studio; nell’estensione dell’universo semantico; nella valutazione die tipi e degli effetti dei media:
L’oggetto di studio a seguito delle analisi svolte cambia rispetto alle origini e può assumere valenza di indirizzo o di prospettiva di analisi e di ricerca.
Dal punto di vista semantico, cambia completamente l’approccio ed anche la sostanza del termine ecologia che riguarda un ambiente trasformato
La società in costante movimento
La sociologia, quindi, leggendo le trasformazioni della società in corso, influenzate dall’utilizzo ormai costante delle nuove tecnologie, si è interrogata sui cambiamenti culturali e sociali che investono la società. Sono fortemente convinto che i media siano habitat fortemente intrisi della società e che, in qualche modo, cerchino di influenzarla od indirizzarla.
Ma è altrettanto vero che questa prospettiva che emerge dalla nuova media ecology, ci porta sempre di più a comprendere come essi stessi siano a loro volta indirizzati da una società che non è più statica ma in continuo movimento, aiutata da un progresso tecnologico che, sa da un lato accorcia le distanze; dall’altro le aumenta a dismisura. In questo contesto sarà necessario verificare come gli studi media ecology possa assumere il valore di indirizzo ed ausilio.
Riccardo Gabriele
Bibliografia
- Fabris G. Societing. Il marketing nella società postmoderna Egea, 2008
- Granata P., Ecologia dei media. Protagonisti, scuole, concetti chiave, FrancoAngeli, Milano, 2015.
- Loyal S., Quilley S. The sociology of Norbert Elias, Cambridge UniversityPress, Cambridge, 2004
- Nystrom C., Towards a Science of Media Ecology, Doctoral Dissertation, New York University, 1973
- Postman N., The Reformed English Curriculum, in Eurich A.C., a cura di, High School 1980. The Shape of Future in American Secondary Education, Pitman, New York, 1970
- Postman N., Ecologia dei media. L’insegnamento come attività conservatrice, Armando, Roma, 1983
- Rivista di Sociologia della Comunicazione 64 – 2002