Nonostante la passione per il calcio sia un fatto noto in Italia, sono pochi gli studi etnografici condotti sul fenomeno ultras, a differenza di quanto avvenuto oltre Manica.

Il calcio come fenomeno sociale

Il calcio è un fenomeno sociale e, in Gran Bretagna, il tifoso estremo, altrimenti detto hooligan, è generalmente un giovane proveniente dalle sezioni dure delle comunità di classe operaia. Egli differisce dall’ultrà in quanto il suo comportamento di tifoso è meno strutturato e più informale. Questa, del resto, non è l’unica differenza esistente tra tifo italiano e inglese. In Inghilterra, dopo i tragici fatti di Bruxelles del 1985, gli stadi sono stati ristrutturati e resi più sicuri, mentre in Italia nel corso degli ultimi vent’anni i disordini sono aumentati, soprattutto fuori dal rettangolo di gioco. Il rituale del calcio tradisce una sua ambivalenza di fondo che non lo rende uguale dappertutto. Piuttosto, la sua analisi situazionale mette in evidenza l’esistenza di un fatto sociale totale, in cui convergono molti elementi strutturati della nostra società (il gioco, lo spettacolo di massa, il rituale religioso). Una partita di calcio è racchiusa entro un incastro di cornici simboliche (frames) meta comunicative, in cui gli attori coinvolti adottano simultaneamente una pluralità di prospettive che ne rivelano la polisemia. I simboli e la retorica del tifo, infatti, hanno motivazioni esterne e interne alla logica del gioco e i messaggi che veicolano rappresentano una “fonte inesauribile di interpretazione”, con patchwork di significati continuamente cangianti. Il clima della partita, soprattutto in merito alle fasi più drammatiche di gioco, può mettere in evidenza la metafora bellica, che rende lo stadio di calcio uno scenario totale. All’interno di questa cornice, la comunicazione del pubblico non è mai solo rivolta a ciò che succede in campo, ma la tensione emotiva straripa, andando ben al di là dell’evento hic et nunc, pur trovando senso solo all’interno della sua cornice cognitiva.

L’etnografia dello stadio

L’etnografo che vuole osservare i tifosi stando a loro stretto contatto deve guadagnarsi l’accesso al gruppo, cosa non facile per quel che riguarda le frange del tifo estremo. Rocco De Biasi racconta la sua esperienza di osservatore partecipante avuta a contatto con le tifoserie del Genoa e del Liverpool, in occasione del doppio confronto tra questi due club, avvenuto nel 1992. All’epoca i tifosi del Liverpool non avevano ancora cancellato la nomea di “animali”, che era stata attribuita loro dopo i fatti di Bruxelles sette anni prima. In occasione dei due incontri durante i rituali di apertura, i tifosi si comportarono in maniera esplorativa ma non ostile (anche se non si può parlare di vero e proprio gemellaggio) perché la definizione della situazione degli ultrà tifosi genoani era caratterizzata dal rispetto e dalla stima nei confronti di una delle più importanti tifoserie del mondo. Anche a Liverpool, al ritorno, l’azione delle due tifoserie fu improntata all’incessante sostegno nei confronti dei propri atleti, anziché all’offesa dei rivali. Tutto finì nel migliore dei modi, con complimenti reciproci scambiati a fine partita. In pratica l’interazione tra tifosi non fu caratterizzata, come di solito avviene, da una cornice simbolica di tipo bellico, nei termini della metafora dominante “amico-nemico”, anche se le rispettive tifoserie descrissero in modo diverso l’evento, attribuendone una diversa punteggiatura alla sequenza comunicativa: secondo i genoani, erano stati loro a intonare per primi, a fine gara, il coro tipico del Liverpool, gesto che gli inglesi avevano apprezzato, ricambiandolo con un “Genoa, Genoa”. Secondo i tifosi del Liverpool, invece, le cose erano andate esattamente in senso contrario. Il fatto che gli attori sociali forniscano resoconti discrepanti dello stesso evento è abbastanza usuale nella ricerca etnografica. Quel che è importante sottolineare fu l’assoluta lealtà del contratto, come se i tifosi delle due squadre avessero re-incorniciato le definizioni ufficiali della situazione, gestendo significati rimandanti ad altri frames.

Gianni Broggi

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