Norbert Elias nasce nella città tedesca di Breslavia (attuale Polonia) nel 1897 in una ricca famiglia ebraica. Abbandona gli studi per arruolarsi nell’esercito tedesco durante la Prima guerra mondiale. Studia filosofia e medicina presso l’Università di Breslavia, ottenendo un dottorato in filosofia nel 1924. A Heidelberg, in Germania, si dedica allo studio della sociologia con il fratello minore di Max Weber, Alfred, per poi trasferirsi all’Università di Francoforte e lavorare con Karl Mannheim. Nel 1933 va in esilio a Parigi, quindi a Londra, dove completa la sua opera più importante “Il processo di civilizzazione“. L’opera è pubblicata in Svizzera nel 1939, ma cade nell’oblio fino alla sua ripubblicazione nel 1969 nella Germania Ovest. Docente molto ambito, Elias trascorre gli ultimi anni viaggiando in Europa e Africa.
Il processo di civilizzazione
Per gettare luce sulla centralizzazione del potere nazionale e sul crescente predominio globale dell’Occidente nel corso degli ultimi cinquecento anni, nella sua celebre opera “Il processo di civilizzazione“, Norbert Elias indagò il “processo fisico di civilizzazione”, ovvero il cambiamento dei comportamenti, dei sentimenti e delle intenzioni degli occidentali a partire dal Medioevo e i suoi effetti sull’individuo. Attingendo alla storia, alla sociologia e alla psicanalisi, Norbert Elias conclude che il principio sul quale la società occidentale fonda la sua pretesa di superiorità è riassunto nel concetto di civilizzazione. Si tratta di una nozione sia storica sia contemporanea, e si riferisce a ogni sorta di eventi relativi a una nazione, da aspetti generali come gli stili di vita, i valori, i costumi e le religioni, ad ambiti privati quali il livello di igiene personale, le tradizioni culinarie e così via. In ognuna di queste sfere, la società occidentale presenta la sua versione come lo standard in base al quale dovrebbero essere giudicate le altre società.
La diffusione delle buone maniere
Dai suoi studi sul galateo, Elias comprese che il mutamento delle idee sugli atteggiamenti corporei era un elemento chiave del concetto di civilizzazione. Gli occidentali avevano gradualmente modificato il loro giudizio su ciò che era accettabile in termini di mimica facciale, controllo delle funzioni corporee, portamento generale. I comportamenti considerati normali nel Medioevo, nel XIX secolo erano giudicati “barbari”, e questi piccoli mutamenti avevano portato alla formazione di una classe cortese che si distingueva per la rigida codificazione delle maniere e lo stile di vita disciplinato. I bellicosi cavalieri divennero posati cortigiani che mostravano riserbo e tenevano a freno gli impulsi e le emozioni, e i comportamenti civilizzati acquisirono presto una grande importanza per chiunque desiderasse commerciare o socializzare, dai mercanti ai nobili. A partire dal 1500, il fenomeno assistette ad una più ampia diffusione: “le buone maniere” favorivano le interazioni pacifiche e una simile cooperazione era essenziale per la convivenza in città sempre più grandi. Il fenomeno a un certo momento assunse le sembianze di un’interiorizzazione delle norme sociali dei genitori, non più dei “migliori”. In ogni caso, la definizione di ciò che costituiva l’etichetta è sempre stata dettata dalle classi dirigenti e la civilizzazione continua a promuovere gli interessi dell’élite al potere. Elias considerava la trasformazione delle maniere come un fattore importante della centralizzazione del potere nelle nazioni occidentali, e un sintomo della crescente interdipendenza degli individui causata dall’urbanizzazione. Queste norme comportamentali, tuttavia, ebbero un ruolo essenziale anche durante la colonizzazione. All’epoca in cui Elias scriveva, intorno agli anni ’30, le grandi potenze come Gran Bretagna e Francia fecero leva sul proprio senso di identità nazionale per giustificare la moralità della colonizzazione che avrebbe diffuso la civilizzazione tra le popolazioni locali.
Gianni Broggi