Il 15 aprile la senatrice a vita Liliana Segre è stata eletta presidente della Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio.

Si tratta di una commissione il cui obiettivo è quello di vigilare contro ogni forma di odio e di violenza verbale – soprattutto in rete – proteggendo le vittime e migliorando l’ambiente digitale.

Tutti dovremmo chiederci dunque: cosa è l’hate speech e perché dobbiamo combatterlo a tutti i costi

Indice

I discorsi dell’odio: una definizione.

L’istituzione, fortemente voluta dall’on. Segre, di una commissione che faccia da faro luminoso agli episodi di violenza e discriminazione verbale è l’ultimo e grande passo di un Paese che aspira ad essere più civile.

Ciò che gli inglesi chiamano Hate speech, e che noi possiamo tradurre con discorsi dell’odio, riguarda quell’insieme di commenti offensivi, contenuti violenti e insulti, veicolati principalmente attraverso le piattaforme digitali.

Si tratta di un comportamento che riguarda tutti: cittadini, personaggi famosi, canali d’informazione e politici inclusi.

Da un punto di vista sociologico, analizzare l’odio in rete significa prendere in considerazione una serie di fattori: a seconda della realtà studiata e delle condizioni sociali, l’odio può svilupparsi con diversa intensità e le sue forme possono variare.

Media e Hate Speech

In generale, secondo Boccia Artieri (2021), l’atteggiamento violento è legato, innanzitutto, al fatto che l’accesso alla rete è allo stesso tempo un accesso diffuso ma indiscriminato e pertanto va ad attaccare gli assetti complessivi della conoscenza e della convivenza.

L’hate speech, per Boccia Artieri, diventa in questo modo «l’ennesima prova delle conseguenze negative della rete nel suo attuale livello di sviluppo in sé e in relazione a trasformazioni profonde della struttura sociale, come quando si riferisce al dibattito sulla crisi delle democrazie».

In effetti, la pervasività dei media digitali sta proprio nel loro libero accesso: da efficaci canali di intermediazione possono trasformarsi velocemente in potenti armi di discriminazione.

Hate speech emoticon

Ciò accade non soltanto perché tutti, sui media e con i media, sono liberi di esprimere la propria opinione, ma anche perché tale opinione può essere amplificata senza le intermediazioni tradizionali.

Tra l’altro, gli stessi algoritmi della rete spesso influenzano l’esposizione, la selezione e la diffusione di tali contenuti (Gruppo Odio online, Report finale, 2021).

Forme di Hate speech: una ricerca sui discorsi dell’odio.

In occasione del terzo incontro annuale di Parole O_Stili, SWG ha elaborato una ricerca sull’odio e la falsità in rete, mettendo a confronto i dati registrati nel 2017 e 2018. Dai risultati emerge una sensibile crescita (+ 4%) del rischio di subire episodi di odio e di violenza verbale (bullismo, diffamazione, denigrazione, ecc): si va dall’11% del 2017 al 14% del 2019.

Gli utenti della rete sono sempre più convinti che il dibatto online si basi esclusivamente attraverso le estremizzazioni delle opinioni (+5%): dal 7% del 2017 al 12% del 2019. In poche parole, per molti il web non è tanto un terreno per il dialogo ma un luogo per lo scontro.

In questo senso possiamo leggere quel 68% che oramai si è rassegnato alla violenza verbale online, considerandola il nostro nuovo modo di comunicare in rete.

Chi sono le principali vittime dell’odio in rete?

Secondo la medesima ricerca, le forze dell’ordine sono tra le categorie che registrano un aumento, dal 6% del 2017 al 9% del 2019. Tra gli altri bersagli, restano invariate le percentuali per omosessuali, personaggi dello spettacolo, disabili. Diminuisce invece la percezione che a subire linguaggi violenti siano i migranti (dal 20% del 2017 all’8% del 2019), e le donne (dal 19% del 2017 all’11%. del 2019) (paroleostili.it).

Come cambia la comunicazione.

Al di là delle singole definizioni e categorizzazioni, appare più utile analizzare l’hate speech all’interno di un’ottica comunicativa, e nello specifico sugli effetti che i discorsi dell’odio possono provocare sugli utenti delle piattaforme online.

In questo senso, molti studi hanno messo in luce le conseguenze negative dei discorsi dell’odio sulla partecipazione degli utenti al dibattito pubblico (Bentivegna, Rega 2021).

Toni violenti e offensivi rendono cupo l’ambiente comunicativo, ne polarizzano le opinioni, rafforzano gli stereotipi: in sostanza, compromettono la discussione stessa e mettono in pericolo la bontà del confronto reciproco.

conseguenze dell'hate speech

Per tutti questi motivi, l’impatto online dei discorsi dell’odio va ben oltre il singolo, seppur grave, attacco a un singolo bersaglio, ma «mina il valore democratico della discussione e dei processi partecipativi, legittimando,

contemporaneamente, modelli comportamentali fondati sulla cultura della discriminazione, e della violenza» (Bentivegna, Rega 2021).

Odio e dibattito democratico

Seppur l’istituzione della Commissione contro l’odio verbale è l’ultima di una serie di strumenti che da più parti si sono manifestati nella lotta all’odio online (pensiamo al “Manifesto della comunicazione non ostile” promosso da Parole ostili o all’attività di sensibilizzazione di Amnesty International), oggi la battaglia contro i discorsi dell’odio deve fare i conti con un ostacolo che appare insormontabile: l’anonimato.

Stando alla ricerca de L’Espresso del 2018 (fonte: m.espresso.repubblica.it) a favorire l’hate speech sarebbe quella protezione che sembra essere garantita dalla possibilità di interagire in rete senza rivelare la propria identità.

Certo, l’ostacolo non è insormontabile e le forze dell’ordine svolgono un lavoro fondamentale in tal senso, ma ancora oggi quell’anonimato rivela tutte le ambiguità della rete, che da una parte ci palesa il suo essere sì sfera pubblica digitale, ma dall’altro si costituisce come luogo il cui pubblico è così anonimo e disincarnato che difficilmente può renderla affidabile per il dibattito democratico.

Ruben Ribellino

Riferimenti bibliografici e sitografici

  • S. Bentivegna, R. Rega, I discorsi d’odio online in una prospettiva comunicativa: un’agenda per la ricerca, in Mediascapes journal, 16/2020;
  • Gruppo Odio Online, Report finale, in innovazione.gov.it, 2021;
  • agendadigitale.eu;
  • amnesty.it;
  • ilfattoquotidiano.it;
  • innovazione.gov.it;
  • paroleostili.it
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