Il genere umano ha subìto molti cambiamenti, sia positivamente sia negativamente, e senza alcun dubbio l’avvento della modernità ha fatto da sfondo a queste mutazioni. Come già espresso precedentemente, la società è frutto delle azioni degli individui che la plasmano e modificano a loro piacimento e che si adattano, oltretutto, alle situazioni che si verificano. Ma quanto la società ha impatto sugli individui? Come spiegare il fenomeno del voler essere uguale agli altri a tutti i costi pur di evitare di essere esclusi? Possiamo parlare ancora di individuo come singolo o ci troviamo tutti nella condizione di essere uguali agli altri? Come sono oggi gli individui? Come è cambiata la società?

Gli studi di Bauman

Uno dei sociologi più importanti che si è interessato allo studio della modernità e di conseguenza agli individui all’interno di quest’epoca è Zygmunt Bauman. Nei suoi ultimi lavori ha dato ampio spazio all’interpretazione della postmodernità intendendo quest’ultima come liquida e solida. Ma cosa vuol dire? La modernità solida è definita così per la sua tendenza a creare istituzioni durevoli e stabili che la porta a privilegiare il legame spaziale e territoriale all’effervescenza temporale. In quest’ottica le principali icone della modernità solida sono state:

• la fabbrica fordista, che esaltava la standardizzazione a discapito della spontaneità;
• la burocrazia, che considerava gli individui non come tali ma come numeri;
• il prevalere di un potere esercitato attraverso il modello del Panopticon di Jeremy Bentham, adottato da Michel Foucault per spiegare il potere moderno. Secondo questo modello, i leader erano coloro che detenevano il dominio del tempo, avendo capacità di movimento, mentre i sudditi erano coloro che rimanevano immobilizzati nello spazio. I primi vigilavano costantemente i secondi;
• la presenza di una tendenza totalitaria in grado di esercitarsi per mezzo di uno stato con un alto grado di sovranità e centralizzazione.

Entro questa cornice l’elemento che spiccava era una sorta di diritto all’uguaglianza e un’aspirazione costante ad un “telos“, cioè ad una società perfetta. In netta contrapposizione alla visione solida, vi è la visione liquida, quella che oggi ci interessa e in cui siamo immersi. In una società liquida, i confini e i riferimenti sociali si perdono. I poteri si allontanano dal controllo delle persone.

Uguali o diversi?

Ci troviamo in un’epoca frenetica, dove tutto sembra mutare da un momento all’altro, dove non ci sono più riferimenti, sicurezze, punti d’incontro. Un’epoca dove non è più importante distinguersi dal gruppo ma omologarsi ad esso non solo perché magari si condividono determinati valori ma per paura di essere esclusi. Cosa vuol dire distinguersi e perché doverlo fare? Ogni individuo è un soggetto unico e irripetibile ma oggi sembra che tutti siano uguali non tanto nel modo di pensare o di condividere determinate ideologie, quanto nel modo di agire e/o apparire. Oggi si fa a gara a chi ha il cellulare più tecnologico, a chi viaggia di più, a chi è più alla moda. Il consumismo ha portato gli individui a guardare in un’unica direzione: quella del voler avere sempre di più anche magari se non ce lo si può permettere, pur di apparire agli occhi degli altri come perfetto, adatto per uno specifico ruolo. Ma è davvero questo il senso di esserlo? Un conto è far parte di una stessa categoria sociale, un conto è cercare di adeguarsi alla massa facendo cose che non ci appartengono. Detta in maniera spicciola, di certo non sarà il cellulare da mille euro a dare valore ad una persona e a farla “entrare” in una cerchia sociale. Adattarsi alle attitudini di un gruppo per non essere e sentirsi esclusi provoca un effetto boomerang che torna indietro con molta più potenza di prima perché si rischia di annientare la reale essenza di quell’individuo.

Il consumismo sociale

A tal proposito Bauman afferma che l’esclusione sociale non si basa più sull’estraneità al sistema produttivo o sul non poter comprare ciò che risulti essere necessario per soddisfare un bisogno primario, ma sul non poter comprare per sentirsi parte della modernità. Secondo il sociologo polacco, il povero, “liquidamente”, cerca di standardizzarsi agli schemi comuni, ma si sente frustrato se non riesce a sentirsi e a vedersi come gli altri, cioè non sentirsi accettato nel ruolo di consumatore. In tal modo, in una società che vive per il consumo, tutto si trasforma in merce, incluso l’essere umano con relazioni sterili; basti pensare a quanto sono diventati freddi i rapporti fra gli individui con l’avvento di Internet. Però si tratta di un consumismo che non mira tanto al possesso quanto all’utilizzo temporaneo di oggetti di desiderio in cui appagarsi, trovandoli in breve obsoleti, e passando quindi da un consumo all’altro in una sorta di bulimia. Ognuno dovrebbe avere il proprio stile che lo contraddistingua pur facendo parte di uno stesso gruppo sociale. Non essere come gli altri non vuol dire che si è fuori luogo o non si è all’altezza delle cose. Non essere come gli altri è sinonimo di diversità: ma il diverso non è mai negativo.

Filomena Oronzo

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