Parigi. In tempi sempre più frenetici, in cui si cerca in tutti i modi di ottimizzare la propria giornata per poter incastrare al meglio tutti gli impegni quotidiani, c’è una città che va in controtendenza. Non stiamo parlando di un piccolo centro di provincia dai ritmi blandi, oppure di un paesino di campagna sperduto da Dio e dagli uomini. La città in questione è Parigi, capitale e città più popolosa della Francia. Il quotidiano Le Monde ha analizzato il vero e proprio paradosso della popolazione parigina, che nonostante vada perennemente di fretta, non batte ciglio quando si tratta di mettersi in fila, aspettando ore ed ore all’agghiaccio per poter visitare un museo, entrare in un ristorante o acquistare l’ultimo modello di smartphone. Leggende narrano che nel 2010, alla retrospettiva su Claude Monet al Grand Palais, ci siano state persone che si sono fatte sei ore di fila prima di poter ammirare i capolavori del loro artista preferito.

La passione di Parigi per le file

Nella Ville Lumière stare in coda è diventato un vero e proprio fenomeno sociale. Si inizia la mattina presto, quando ogni parigino che si rispetti si mette pazientemente in fila in boulangerie per assicurarsi la sua baguette quotidiana, da mettere inderogabilmente sotto l’ascella d’ordinanza. Ma lo stare in fila avviene anche per solidarizzare e sostenere cause più importanti: è quello che è avvenuto il 14 gennaio scorso con il primo numero di Charlie Hebdo dopo gli attentati jihadisti, quando migliaia di persone si riversarono davanti alle edicole di tutta la città per sostenere il settimanale parigino colpito nella maniera più barbara dal fondamentalismo islamico.

La domanda allora sorge spontanea: a cosa si deve questa passione del popolo parigino per lo stare in fila? Al quesito prova a dare una risposta Richard Larson, professore al Massachusetts Institute of Technology (MIT) e studioso della psicologia delle file dal lontano 1977. “È il fenomeno della coda ‘chic’, dove questo tipo di code vengono vissute come esperienze collettive, eventi da raccontare e da conservare nella propria memoria”. Da un recente studio è emerso infatti che l’80% dei francesi spende in media un’ora a settimana ad aspettare. Le code sono diventate oramai parte integrante del paesaggio urbano. L’anno scorso, e questa è storia, alla riapertura del Burger King c’è chi ha aspettato più di un’ora per potersi assicurare un menù. Alla faccia del fast food…

Dario Mastellone

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