Halloween affonda le sue radici nel rituale celtico, basato sulla ciclicità delle stagioni e sui raccolti agricoli. È una cerimonia che testimonia un passaggio fondamentale in armonia con i ritmi della natura: l’estate lascia il posto all’inverno.
Il pensiero degli uomini e il mondo della natura
Nel XVII secolo Pascal ha sviluppato la seguente riflessione circa il rapporto uomo-natura: “Cos’è l’uomo nella natura, un nulla, rispetto all’infinito, un tutto rispetto al nulla, un mezzo tra nulla e tutto […] [è] infinitamente lontano dal comprendere gli estremi, il fine delle cose e il loro principio, e anche incapace di vedere il nulla da cui è stato tratto e l’infinito nel quale è inghiottito”. E in questo mistero continuiamo a essere avviluppati in quanto anche il sociologo francese Edgar Morin (2002) ha scritto che “la comprensione dell’uomo è ancora avvolta da tenebre e il mistero si infittisce nella misura in cui avanziamo nella conoscenza”. Ci sono ortaggi che si coltivano in un periodo dell’anno e in un altro no; c’è alternanza di vita e di morte nelle foglie degli alberi, così come nell’esistenza degli uomini. Quindi, per non impazzire, l’uomo si è dato dei riferimenti di vario grado, tra i quali la magia e le religioni.
Magia del cosmo
Nel libro “Halloween: From Pagan Ritual to Party Night” (2002) il suo autore Nicholas Rogers spiega come Halloween sia emerso dal festival celtico di Samhain (la fine dell’estate). Si ritiene che i Celti usassero dividere l’anno in due parti: estate e inverno. Era un vero e proprio rito di passaggio, un punto collocato al di là del tempo, che permetteva ai vivi e ai morti di comunicare. Il Samhain segnava nettamente il ritmo di Sole-Luna-Agricoltura in un momento di distruzione e ricostruzione del tempo cosmico, che nell’immaginario della popolazione avrebbe potuto distruggere coloro che non si rendessero partecipi al festival stesso. Sempre citando Morin (2002), “l’universalità della magia non è limitata alle civiltà arcaiche: la magia persiste in modo atrofizzato nel mondo contemporaneo”.
Dalla sacralità pagana all’orrore postmoderno
Nella nostra società dei consumi il senso del festival di Halloween è stato completamente stravolto. Lungi dall’essere un momento dell’anno colmo di sacralità, si è trasformato nella celebrazione della morte, dei mostri e dell’horror. Nicholas Rogers esamina i fenomeni degli anni ’70 e ’80 del sadismo di Halloween (lamette di rasoio nelle mele) e della violenza nei quartieri (incendi dolosi a Detroit), così come l’immensa influenza del genere horror sulla reinvenzione di Halloween come festa del terrore. Tuttavia, un barlume di sfera mitologico/magica permane con la presenza e il potere di “doppi”, spiriti, dei; infatti “la morte umana comporta […] un rifiuto di questo annientamento che si esprime a partire dalla preistoria con i miti e i riti della sopravvivenza del doppio (fantasma) o quelli della rinascita in un nuovo essere” (Morin, 2002). E così riaffiora quella vicinanza tra il mondo dei vivi e quello dei morti, tra il tutto e il nulla. Noi uomini postmoderni abbiamo perso il contatto con gli spiriti, ad eccezione dell’avvicinamento in modo blasfemo tramite Halloween, e di quello cattolico di Tutti i Santi e Commemorazione di tutti i defunti. Oggi ricerchiamo la spiritualità per mezzo delle religioni dimenticandoci spesso che i luoghi più sacri in assoluto sono nella natura.
Simone Frezzato
