La teoria sociologica contemporanea ha studiato come il corpo, la percezione di noi stessi ha molto a che fare con le condizioni socioculturali che la società ci impone. La sfera sociale condiziona le attività biologiche, a tal punto da non poterle considerare solo frutto di un bisogno fisico, bensì espressioni identificative de: “noi stessi rispetto agli altri”, pensiamo alle insicurezze circa la nostra identità, al bisogno di essere riconosciuti in amore… Oggi a questo proposito parliamo di disturbi del comportamento alimentare dal punto di vista sociologico.

Dca: identità = apparire  

Alcuni studi rivelano come in realtà seguiamo modelli sbagliati. Ogni giorno visitando i social o guardando la tv “assumiamo pillole” sbagliate, che a loro volta diventano percezioni e consapevolezze errate. Spesso, ci capita di vedere come soggetti che hanno prestigio e visibilità sociale, hanno fisici molto magri o estremamente palestrati e vengono però osannati e seguiti da milioni di persone che approvano e imitano ciò che viene proposto. Non stupisce affatto, che una patologia con indici epidemici colpisca la società dove il potere, la visibilità e l’apparenza formano la chiave per aprire la porta del successo. L’interiorizzazione del modello fisico dominante rappresenta una soluzione patologica del problema dell’identità, in quanto consente di ridurre il disagio causato dai sentimenti di debolezza e dal conflitto interiore.

Tutto questo è frutto di una società che nella quotidianità ci impone di avere desideri di vita lavorativa e privata conformi alla richiesta, uniformi agli altri. Grazie a questi parametri imposti e inconsciamente accettati, le persone più insicure sono diventate prive di identità a furia di seguire la massa, e le più sicure sono comunque frutto di una società che impone parametri chiari e che fa credere loro di aver scelto. Tutti con fisici da copertina, o a rincorrere quell’ideale, tutti con diete ferree senza affidarsi ad un esperto. Eh già! Nella società odierna il potere è degli influencer: < Se “Tizio” ha avuto successo per ciò che mangia e per le attività che fa, allora lo farò anche io>. Poco importa se il nostro fisico non riuscirà a tenere quei ritmi… l’importante è apparire.

Dca: i media sono una rovina?

I media hanno il monopolio dell’immaginario, e attraverso la comunicazione svolgono un importante ruolo nel determinare l’identità. Quindi prima di tutto, capiamo se dai media subiamo o meno violenza. La riposta, è sicuramente sì, se pur in forma indiretta. L’elemento chiave che troviamo all’interno del mercato dei media è la persuasione ad essere come quel soggetto o ad avere un oggetto per essere.

Dov’è la violenza in ciò che vediamo? L’uso del corpo femminile nelle pubblicità, come ad esempio lo yogurt Müller: “fate l’amore con il sapore”, spot che va in onda da anni, e c’è sia una frase ad effetto e provocatoria, sia una ragazza molto bella e anche molto magra. Anche i grandi marchi: Dior, D&G… fanno uso di corpi sia femminile che maschile in gran stato di forma, dove non risulta esserci alcuna imperfezione o caratteristica identificativa del soggetto, bensì possiamo vedere delle bellezze oggettive.  Qualcuno può dire: “Ora qualcosa è cambiato, molti adottano modelle curvy”. Per sradicare un disturbo epidemico, ci vuole più di “qualche modella curvy”. Di fatto, ad oggi, ci sono modelle curvy , ma non modelli in generale, uomo o donna, con fisicità riconoscibili. Nella nostra società c’ ancora la credenza che temi come anoressia, bulimia, vigoressia sono problemi principalmente femminili.

Durante il lockdown (COVID-19) molti ragazzi hanno iniziato a soffrire di disturbi di DCA, in modo particolare di anoressia e vigoressia. Quest’ultima, infatti, molto più diffusa tra i giovani uomini, consiste nell’ossessione per il fisico perfetto. Ovviamente, non c’è nulla di male nel volere avere un bel fisico, qui però parliamo di una fissazione che diventa poi terrore di perdere il tono muscolare per aver mangiato un alimento sbagliato o aver saltato un giorno di allenamento. Essere in forma è giusto, ma è ancora più giusto rispettare il proprio corpo, stressarci, portarci ai limiti non ci fa bene. Tutto questo, per identificarci in una società, sotto questo aspetto: “malata”.

Dca: di quale identità parliamo?

Sappiamo che questi disturbi sorgono prevalentemente durante l’adolescenza, questa però non è una regola. In questa sede, riportiamo alcune delle testimonianze raccolte in ambito sportivo.

Ragazzo-anni16: “Avevo 3 kg in più e ho iniziato a fare sport. Mi pesava molto guardarmi allo specchio, confrontarmi con gli altri [..] facendo sport ho conosciuto coetanei che sono stati da subito un grande stimolo. La maggioranza è in forma e questo mi ha spinto ad allenarmi di più, mangiando lo stretto indispensabile. Ho tolto i carboidrati, l’hamburger preferisco farlo io, per avere la sicurezza del macinato. Ho perso 10 kg ma credo di dover ancora limare qualcosa!”

Ragazza-anni 15: “Ho subito problemi a casa e contemporaneamente i miei amici mi facevano notare come fisicamente non ero al “top”, dal nervoso ho eliminato qualche alimento qua e là, fin quando sono riuscita a saziarmi con un pasto al giorno, che era la pasta o la carne, frutta e verdura totalmente eliminate. Ora, la “consistenza della carne” è diventata indigeribile per me, infatti, la evito. Sono dimagrita, ma comunque c’è qualcosa che non rispetto agli altri.”

Ragazza-anni 26: Più volte ricaduta in DCA. “La prima volta avevo 10 anni, alcune compagne di classe scrivevano lettere che parlavano della mia fisicità, le ritrovavo nello zaino. I miei genitori avevano altri problemi quindi da brava bambina non parlavo. Ricordo che mangiavo poco, alcune volte vomitavo[..] una compagna di classe trovò una lettera e oltre a farla vedere all’insegnante la vide mia madre, presero accordi, ero “sotto osservazione”, se non avrei invertito la rotta stesso la mia famiglia mi avrebbe portato da chi di dovere.”

“La seconda volta avevo 23 anni, tra lo stress universitario. I drammi familiare e i problemi con il mio ragazzo di allora. Ci sono ricaduta! La mancanza di autostima, la non accettazione, il vedere gli altri perfetti …e io? [..]Sono svenuta a lavoro, mangiavo il minimo e il corpo mi ha tradito. Questa volta, un amico ha visto una foto su instagram dove risultavo estremamente magra e mi contattò. Mi ha aiutato! Ho iniziato a pensare che per qualcuno ero visibile”

“LA terza volta, un anno fa, a 25 anni, da poco mi ero ripresa dalla volta prima. Il lockdown mi ha giocato una brutta carta e mi sono nuovamente concentrata sul mio aspetto fisico. Durante quel periodo le paure hanno preso il sopravvento e ho ceduto. Ero a un passo da laurearmi nuovamente, e la paura di trovare una giusta occupazione era tanta. Mi tenevo in forma! Gli annunci di lavoro richiedono spesso “bella presenza” e ai colloqui sembra la prima cosa che guardano, prima delle competenze. Stavolta mi sono salvata da sola! Toccare il fondo troppe volte, ti fa venire voglia di risalire”

Donna- anni 46 all’incirca: “Ho iniziato a 16 anni dopo che il mio ragazzo di allora mi tradì con un’altra. Sono attenta ad ogni singolo alimento, i miei mi hanno portato anche in diversi centri, ma io nella mia estrema magrezza ci sto bene. […] controllo anche le calorie dell’acqua se così possiamo definirle. Avere questo tipo di controllo mi fa stare bene.”

Identità: chi siamo veramente in questa società? Ciò che vogliamo essere veramente, o ciò che ci impongono di voler essere?

Annamaria Napoli

Riferimenti bibliografici e sitografici

  • Crespi-1994: il corpo a più dimensioni. Identità, consumo, comunicazione- pubblicato: Franco Agnelli 2005
  • Gordon R-2004: Anoressia E Bulimia
  • Simmel G: il conflitto della civiltà moderna – curato Giuseppe Rensi 2017

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