Nel 1949, George Orwell aveva anticipato con l’opera “1984” l’arrivo del Grande Fratello: un grande occhio-dittatore pronto a spiare e controllare ogni minimo movimento degli individui. La versione reality in TV è giunta in Italia nel 2000. Nonostante se ne dica in negativo, dal punto di vista sociologico, ritengo il Grande Fratello un interessante esperimento socio-culturale e mediatico.

Il grande occhio

Nella prima edizione, un gruppo di ragazzi sconosciuti era stato scelto per vivere in una casa per ben tre mesi. Prima regola fondamentale: non aver partecipato ad altre trasmissioni. Seconda regola: divieto di portare telefoni, computer o qualsiasi mezzo in grado di comunicare con l’esterno. I ragazzi incarnavano perfettamente l’idealtipo comune, semplificando: il cuoco, la bagnina, l’”ottusangolo” (soprannome ironicamente legato ad una spiccata intelligenza), la seduttrice, il macho, la pittrice, il pizzaiolo, l’ingegnere. Da allora, dopo 15 edizioni italiane, sono cambiate molteplici dinamiche nella scelta dei concorrenti e nelle regole della casa. Esiste la versione VIP, Very Important Person (con personaggi famosi) e NIP, Not Important Person (con persone semi-sconosciute). Non è più una discriminante essere membro del mondo dello spettacolo. Il Grande Fratello decide, cambia, impone divieti, crea suspence e sorprese, sceglie come e quando far aver contatti con l’ambiente esterno, il tutto scandito da un regolamento scritto. Stabilisce la morale all’interno di quel micro-mondo. Bestemmi? Sei squalificato. Tradisci? Avrai un confronto con il partner che è rimasto fuori dalla casa. Compi atti di bullismo e violenza verbale? Insorge il web, vieni condannato ed eliminato dal gioco. Vuoi recuperare un rapporto con un familiare o dichiarare amore? Avrai l’opportunità di lanciare messaggi in diretta. Il gruppo può accettarti o rifiutarti, a loro volta, possono crearsi altri sottogruppi. Non mancano cattiverie. Se sbagli, il Grande Fratello può mettere direttamente in nomination, il pubblico deciderà se promuovere o bocciare, in una sorta di meccanismo “spietato”. Nel contempo, assoda cosa mandare in onda, selezionando le scene più salienti.

Ideali e valori

Ciò che oggi mi stupisce è la rapidità dei cambiamenti di sentimenti, emozioni ed idee: grandi amicizie, passioni irrefrenabili sfioriscono da un momento all’altro. Come può non tornarmi in mente “Amore liquido” (2003) di Zygmunt Bauman? Siamo la società dell’incertezza e dell’effimero. Anche televisivamente parlando. Nel microcosmo della casa, le esperienze sono condensate giorno dopo giorno, 24 ore su 24 sotto l’attenzione delle telecamere. Viene costruita una morale ad hoc in cui bestemmiare non è ammesso, ma è ammesso tradire fisicamente e moralmente. Cos’è giusto e cos’è sbagliato viene stabilito dal Grande Fratello. Probabilmente i concorrenti non sono del tutto consapevoli di essere portatori di ideali e valori che possono (o meno) influenzare chi s’identifica in loro, chi li segue. Sicuramente, per il pubblico maschile e femminile è piacevole ammirare corpi attraenti e scolpiti che si abbronzano, fanno saune e docce, ma sarebbe ancor più lodevole mostrare segni d’intelligenza e sensibilità, affrontare discorsi seri ed attuali. Sfruttando il potere mediatico di cui si dispone, riscoprendo la genuinità delle persone, a scapito dell’esibizionismo di chi già entra come personaggio.

Scena e retroscena

È questa la differenza sostanziale dalla prima versione del programma: un tempo, ci si addentrava nella casa come persone e si usciva come personaggi popolari; oggi si entra e si esce come personaggi, mostrando, in diversi casi (fortunatamente non in tutti), la ferocia di voler essere famosi a tutti i costi. Nel 2000, non esistevano ancora i social media come Facebook, Instagram e Twitter. Attualmente la notorietà viene influenzata anche dal numero di seguaci dei personaggi che fanno sentire virtualmente il loro peso, condividendo pensieri, attaccando o sostenendo i loro beniamini. Quindi il sentirsi o l’essere personaggio ha pure un risvolto nel web. Qual è il confine tra essere persona ed essere personaggio? Erving Goffman (1958) equiparava la vita quotidiana ad una rappresentazione teatrale in cui gli attori indossano maschere. Gli elementi principali sono i seguenti: attori, palcoscenico, pubblico. La vita sociale è costituita da spazi di palcoscenico e spazi di retroscena in cui i protagonisti assumono atteggiamenti differenti. Vale a dire che l’immagine che si vuol offrire di sé e l’immagine di chi si è veramente si contaminano. Concludo con una scena tratta dal film “Tutta la vita davanti” (2008) di Paolo Virzì. La protagonista, laureata in filosofia, accantona le sue ambizioni e, per campare, trova lavoro in un call-center. Nel frattempo, sfrutta i suoi saperi per elaborare un saggio inerente al parallelismo tra le relazioni all’interno del Grande Fratello e le relazioni tra telefoniste del call-center. Il saggio viene pubblicato in un’illustre rivista e la ragazza ottiene un compenso di 300 euro. Non un contratto, non un impiego, ma la conquista di essere presente tra molte autorevoli pubblicazioni. Deciderà di usare il suo guadagno per coprire il furto compiuto da un collega disperato ai danni di un’ignara vecchietta. Forse è questa la metafora dell’esistenza. Incluso il Grande Fratello.

Arianna Caccia

Print Friendly, PDF & Email