Secondo Naldini (2006, p.19) le politiche sociali sono definibili come quell’insieme di interventi pubblici aventi scopi ed effetti sociali variabili che vanno da una più equa distribuzione societaria di risorse e opportunità alla promozione di benessere e qualità della vita e che, infine, hanno anche lo scopo di limitare le conseguenze sociali prodotte da altre politiche. Per far sì che ciò avvenga, le politiche sociali, devono poter costruire benessere e cittadinanza attraverso l’interazione significativa e stabile quantomeno con gli altri segmenti delle politiche pubbliche.

Nel nostro paese l’integrazione fra le politiche pubbliche si sviluppa partendo dalle leggi Europee in simbiosi con i processi e le analisi dei territori per le attuazioni a livello locale. Questa integrazione si configura come una strategia per perseguire obiettivi comuni che provano a combinarsi tra loro e, alle volte, convergere su interventi in un dato territorio (Bifulco e De Leonardis, 2006, p.31).

Trattare le politiche sociali: l’ottica eco-logica e glocal

La società è complessa e i rischi e le problematiche a cui le politiche chiamate a intervenire sono altrettanto complesse (Beck, 2013). La disoccupazione e la precarietà giovanile, unite a una dispersione scolastica e quindi alla crescita dei cosiddetti Neet (Rosina, 2015), sono il risultato di mutamenti repentini nei costrutti sociali e nelle forme di produzione e di relazione di mercato. Come ricorda Esping-Andersen (2005) infatti, il postindustralismo ha modificato il modo profondo la struttura dei rischi sociali. A fronte di quanto detto è impossibile dunque trattare una singola politica sociale e pretendere che essa sia funzionale senza considerarla in relazione con (almeno) un’altra. Infatti, ogni politica pubblica deve aver ben presente non soltanto i soggetti destinatari delle stesse, ma anche il panorama globale in cui vanno a intervenire e a interrelarsi.

In ogni caso dunque, siano essere politiche giovanili, per l’istruzione o altro, bisogna ragionare in termini eco-logici e glocal: in questo articolo infatti, si prenderà in considerazione una delle politiche attive per il lavoro messe in atto in questi anni per i giovani, Garanzia Giovani, che irrimediabilmente presenta alcuni dei suoi pregi e difetti proprio in relazione al settore dell’istruzione e dell’università.

Partire dal rischio principale: la disoccupazione giovanile

La disoccupazione costituisce un problema che desta sempre allarme sociale, ed è l’obiettivo di ridurla che spinge spesso a definire politiche per l’occupazione. Tuttavia la disoccupazione non è tutta un problema: lo diventa quando dura a lungo, è ricorrente e colpisce le stesse categorie di individui[1]. Tra i disoccupati ci sono anche persone che cercano un lavoro da pochi mesi, e non rappresentano affatto un problema in tal senso, tuttavia il problema potrebbe nascere, semmai, se smettessero di cercare una occupazione e rinunciassero ad una partecipazione attiva al mercato del lavoro. Solitamente è la disoccupazione involontaria causata dall’andamento di mercato che diviene un problema sociale (Ferrari, 2010). La disoccupazione colpisce gravemente i giovani soprattutto in alcuni paesi dell’Europa meridionale caratterizzati sia dalla prolungata permanenza nella famiglia d’origine, sia dalla scarsa generosità dei sistemi di protezione del reddito per i disoccupati.

Politiche attive per il lavoro e la formazione

Reyneri (2014) osserva che la minore occupabilità dei giovani viene attribuita ad una loro presunta minore produttività: costerebbero troppo rispetto a quello che rendono in confronto ad un adulto. Eppure, neanche la diffusione di lavori poco qualificati e poco retribuiti, che svolgono soprattutto i giovani, ha risolto la disoccupazione giovanile. Si dà per scontata una minore produttività dei giovani rispetto agli adulti anche quando hanno livelli di istruzione elevati, più elevati di quelli dei lavoratori adulti. Le minori potenzialità produttive dei giovani sono desunte da ipotetiche caratteristiche attribuite loro genericamente in base all’età e al genere.


[1] si parla a questo proposito di “rischio di classe”, Lucini, 2011.


Politiche attive e lo stereotipo della minore produttività

Per capire come si è affermato questo stereotipo della minore produttività dei giovani bisogna fare riferimento a:

  • l’importanza attribuita al requisito dell’esperienza, che evidentemente svantaggia i giovani, e che prevale sulla competenza formale. Tale requisito è rilevante nei sistemi produttivi con una scarsa innovazione;
  • l’importanza attribuita a fattori quali l’affidabilità e la piena disponibilità, che vengono associati alla condizione di coniuge con responsabilità familiari;
  • l’importanza della socializzazione al lavoro organizzato (valutata dal curriculum), che i lavoretti non procurano ai giovani.

Più dura la disoccupazione e più diventa difficile trovare un lavoro

La probabilità di trovare o ritrovare un lavoro si riduce man mano che si allunga la durata della ricerca: più dura la disoccupazione e più diventa difficile trovare un lavoro: è questo il circolo vizioso della disoccupazione. Reyneri (2014) osserva che il processo cumulativo di esclusione si spiegherebbe con il progressivo degrado delle capacità lavorative e di iniziativa dei disoccupati, dovuto alla prolungata inattività e allo scoraggiamento dopo ripetuti fallimenti nella ricerca del lavoro.

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Detto in altri termini, più è lunga la disoccupazione, meno frequenti sono le relazioni sociali che favoriscono la ricerca del lavoro, infatti le imprese sono restie ad assumere lavoratori scartati da altre imprese o che sono inattivi da lungo tempo, e questo costituisce un grave problema che Garanzia Giovani ha tentato di risolvere in questi ultimi anni.

Garanzia Giovani : una politica sociale non esente da rischi

Garanzia Giovani mette disposizione iniziative, servizi e finanziamenti per trovare lavoro se si hanno meno di 30 anni, non si lavora e non è impegnati in percorsi scolastici o formativi. Questo è il suo più grande pregio ma anche il suo più grande difetto. Secondo infatti il regolamento impostato sul sito ufficiale della politica attiva, ogni forma di lavoro remunerato è da considerarsi come condizione di decadimento dallo status di neet. I contratti a progetto, le prestazioni occasionali – che teoricamente non rientrerebbero nella categoria dei lavori retribuiti per un lungo periodo di tempo e che garantiscono un livello di sussistenza adeguato – non fanno eccezione: ragion per cui, può capitare che chi svolge il tirocinio di Garanzia Giovani svolge anche attività in nero. Lo stesso procedimento si ha con i percorsi di formazione che spesso contrastano con le altre politiche attive per il lavoro ostacolandone un eventuale dialogo e integrazione.

Nonostante la conoscenza di questa natura problematica della politica attiva Garanzia giovani tuttavia i pregi superano i difetti. Infatti, il piano europeo per favorire l’occupazione giovanile che è alla base di questa politica attiva prosegue, nonostante la pandemia (Gui, Mordeglia, Sanfelici, 2020), anche nel 2021 con la “Nuova Garanzia Giovani”.

Garanzia Giovani: l’Asse 1 bis

L’attuazione delle misure della nuova Garanzia Giovani per contrastare la disoccupazione prevede un ulteriore asse di intervento, l’Asse 1bis, destinato esclusivamente alle Regioni meno sviluppate (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) e in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna). Il finanziamento dell’asse con il Fondo Sociale Europeo consente margini di manovra più ampi. Viene ampliato infatti il target di riferimento dei destinatari, “i giovani non Neet, di età compresa tra i 15 e i 35 anni di età, rimanendo nell’ambito della definizione di destinatari offerta dall’obiettivo specifico 8.II, cioè giovani con particolare difficoltà di inserimento lavorativo”. Maggiori dettagli sono presenti sul sito di ANPAL.


Proposte di miglioramento e possibili spunti di ricerca

Per contrastare a lungo termine in ottica glocal il rischio di disoccupazione, bisognerebbe creare partnership, convenzioni con enti ed università soprattutto del territorio mappando e valorizzando le risorse di un dato luogo avendo presente il macro-contesto di mercato in cui si vuol agire. Azioni politico-sociali di welfare devono partire e procedere secondo un processo logico-deduttivo di studio del bisogno, consentendo una costante interrelazione di contesti e informazioni. Seguendo tale principio di mutuo aggiornamento e sviluppo si aborrisce ogni forma di chiusura e di localismo sistemico: quest’ottica eco-logica consente di ragionare con tutti i soggetti attivi direttamente e indirettamente nelle politiche sociali e, avendo presente il ruolo dell’ambiente come espressione di multiple ecologie dell’appartenenza (Braidotti, 2014, p.202), si potrebbe operare uno sviluppo sostenibile reale sia negli intenti che nelle applicazioni, ma soprattutto, in ogni ambito delle politiche sociali.  

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Da qui una domanda: è possibile, seguendo queste premesse, strutturare una politica attiva che coinvolga in maniera equa tutti gli interlocutori e che sia in grado di soddisfare al contempo i criteri – sempre più pregnanti per il futuro – di sostenibilità e innovazione sociale?

Spunti metodologici per lo studio della politica attiva

Innanzitutto bisognerebbe partire dalla raccolta dei dati per il campionamento in possesso dell’Istat e dalle banche dati che Garanzia Giovani possiede in modo da avere sia una base che un confronto postumo per ulteriori analisi. Successivamente bisognerebbe operare una serie di analisi territoriali che rispecchino poi i bisogni delle aziende (e del mercato) ma soprattutto dei giovani:

  • S.W.O.T. analysis per le imprese e i territori, analisi delle reti con il contributo dei centri di ricerca regionali in modo tale da ottenere un insieme di dati quantitativi da integrare con approcci qualitativi.
  • Interviste strutturate e libere da fare sia agli operatori che hanno gestito negli anni questa politica, ma anche ai titolari e responsabili HR delle aziende che hanno usufruito da anni del progetto Garanzia Giovani.
  • Oltre a loro, importante conoscere attraverso le storie di vita (Bichi, 2002) l’opinione e l’esperienza di chi, nell’arco di questi anni, ha usufruito della politica come giovane, quali prospettive ha visto realizzarsi attraverso un esperienza del genere e se la consiglia a un giovane di oggi.
  • Analisi di mixed e digital methods sui social network, per comprendere i discorsi, le aspettative, le motivazioni, le tematiche di discussione che animano i gruppi d’interesse relativi a progetti di Garanzia Giovani e di politiche attive affini in modo da non solo monitorare il lavoro fatto in precedenza e quello in costruzione, ma fornire spunti di riflessione e implementazioni per aggiornare Garanzia Giovani costantemente, in modo tale da renderla una politica attiva al passo coi tempi e di conseguenza con le generazioni che si accingono a richiederla.

Bibliografia e sitografia

  • Beck U., La società del rischio. Verso una seconda modernità, Roma, Carocci, 2013;
  • Bichi R., L’intervista biografica. Una proposta metodologica, Milano, Vita e pensiero, 2002;
  • Bifulco L., De Leonardis O., “Sulle tracce dell’azione pubblica”, in Bifulco L. (a cura di), Le politiche sociali, Roma, Carocci, 2005;
  • Braidotti R., Il postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte, Roma, DeriveApprodi, 2014;
  • Esping-Andersen G., Da Roit, B., & Sabatinelli, S. (2005). Le nuove sfide per le politiche sociali del XXI secolo. Famiglia, economia e rischi sociali dal fordismo all’economia dei servizi. Stato E Mercato, (74 (2)), 181-206. Retrieved April 18, 2021, from http://www.jstor.org/stable/24650845;
  • Ferrari M., La frontiera interna. Welfare locale e politiche sociali, Milano, Academia Universa Press, 2010;
  • Gui L., Mordeglia S., Sanfelici M., il servizio sociale nell’emergenza covid-19, Milano, Francoangeli, 2020;
  • Lucini B., “il rischio: definizioni sociali e contesto spaziale di sviluppo”, Studi Di Sociologia, vol. 49, no. 4, 2011, pp. 405–426. JSTOR, www.jstor.org/stable/41582794. Accessed 25 Apr. 2021,  https://www.jstor.org/stable/41582794?seq=1;
  • Naldini M., Le politiche sociali in Europa, Roma, Carocci, 2006;
  • Rayneri E., “Occupazione e disoccupazione giovanile: ieri e oggi”, in “SOCIOLOGIA DEL LAVORO ” 136/2014, pp. 34-50, DOI:10.3280/SL2014-136003;
  • Rosina A., NEET: giovani che non studiano e non lavorano, Milano, Vita e Pensiero, 2015;
  • Strati A., Sociologia dell’organizzazione. Paradigmi teorici e metodi di ricerca, Roma, La Nuova Italia, 1996;
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