Premetto che questo non vuole essere un articolo in chiave politica in favore o contro determinati schieramenti. Nemmeno una sorta di commento cinematografico. Tutt’altro. È un insieme di riflessioni scaturite dagli emblemi e dalle metafore messe in scena e che rappresentano alcune caratteristiche dell’odierna società.

Lui: potere, successo, denaro

Recentemente ho visto “Loro 1” e “Loro 2” di Paolo Sorrentino. Il protagonista è un certo Silvio B., ma, per quanto mi riguarda, poteva benissimo chiamarsi Mario Rossi. Non è questo il punto. Il racconto “tutto vero, tutto falso” (come appare nella locandina) mostra una fetta del nostro Paese: una piccola, infima e spietata parte d’Italia. Siamo veramente diventati così cinici e disperati? Da un lato, Lui: personificazione di potere, successo e denaro; dall’altro, loro: chi gravita attorno a Lui-potere con il fine di ottenere un miglioramento della propria esistenza. Lui-potere, vittima del suo stesso senso di onnipotenza. Nemmeno potere tutto può salvare dall’infelicità e dall’invecchiamento, così una coppia a cui non manca nulla si trova ad affrontare una crisi coniugale. Non bastano preziosi ed innumerevoli beni materiali, immobili a distogliere il pensiero. Il fulcro della questione: cosa si è disposti a fare per raggiungere un obiettivo? Un imprenditore avvia un circolo di prostituzione mascherata; giovanissime ragazze sfruttano (e fanno sfruttare) il proprio corpo, donandosi a potenti politici, poco conta se ultrasettantenni sposati; una moglie in crisi di mezz’età può accettare tradimenti, ma non di perdere la dignità pubblicamente; un’amante aspetta e spera; un collega può desiderare il tuo declino, però, nel contempo, ti chiede aiuto e si prostra ai tuoi piedi; un’amica ti pugnala alle spalle; altri politici abbandonano ideali in nome del denaro; un potente ha bisogno di giovinezza per soddisfare i propri impulsi sessuali, non importa guardarsi in faccia, si pagano corpi, silenzi, rendendosi fisicamente irriconoscibili (una maschera per l’ambito privato, una per quello pubblico).

Lui non è unico, ha tanti simili imitatori. A Lui-potere che si è costruito da sé, nessuno dice no. Tranne un calciatore che non desidera trastullarsi con starlets del momento, vuole lavorare per rendere orgogliosa la madre: in un mondo malato, rappresenta la purezza di chi vuole faticare per raggiungere indipendenza e sicurezza economica. Anche una ragazza osa rifiutare le opportunità offerte da Lui-potere: sceglie di non prostituirsi con un patetico vecchio, perché quel contesto non fa più per lei. Un uomo ha tutto, tranne la stima della moglie. Possiede infinite proprietà, pretende ancor di più, non accetta il suo naturale decadimento psicofisico: il suo desiderio è un continuo rinnovamento di tutto ciò che lo circonda, persone comprese. Mentire non è un problema, perché  la verità è frutto del tono e della convinzione con cui la affermiamo: l’importante è credere in ciò che si dice, a prescindere che sia veritiero.

Che cos’è la felicità?

Che cos’è la felicità? Tutto autorizza alla sua ricerca? Bastano ricchezza e stabilità economica? Cosa induce a cercare ossessivamente altro? Bauman, nell’opera “Meglio essere felici” (2017), risponde ai precedenti quesiti. A suo parere, la felicità risiede nella corsa, più che nell’essere arrivato. Tentare di raggiungerla, provare a migliorarsi, cercando di includere tutto: è la condizione della felicità contemporanea. La funzione del mercato consumistico è provocare insoddisfazione e dall’insoddisfazione scaturisce il desiderio di volere costantemente qualcosa di migliore. Se la vita è paragonabile ad un’opera d’arte, l’artista deve porsi obiettivi al di fuori della propria portata ed affrontare sfide difficoltose: quindi sfuggire all’incertezza è la spinta che induce a ricercare la felicità (Bauman, 2009).

Mercificazione totale

Non è un semplice film, una visione artistica di un imprenditore-politico. Mostra la mercificazione di ogni bene immateriale (amore, fedeltà, sincerità, lealtà, dignità) e delle stesse persone. Se l’amore, il potere, i soldi, il lavoro, il successo, una volta conquistati non bastano, cos’altro ricercare? Figli, nipoti, in generale gli affetti, non servono a colmare quell’estremo bisogno di ammirazione, approvazione e sottomissione all’interno del palcoscenico sociale che ha più le sembianze di un circo in cui regna il Dio-potere. Uscendo dal cinema, mi sono chiesta: chi sono i veri vincenti? Quelli che lottano lealmente per i propri sogni, pur sapendo che si potrebbe fallire? Oppure chi non conosce valori e morale ed è disposto a compiere l’indicibile per raggiungere la meta del momento Quelli mostrati, seppur con toni estremamente edulcorati, potremmo essere noi. Un’amica, un vicino di casa, una conoscente, un capo. Una visione pessimista (di parte) della società, un mondo cinico dove non sempre vincono i veri vincenti.

Arianna Caccia

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