Sebbene la pandemia dovuta al Covid-19 abbia frenato il settore turistico in modo significativo, nel 2019, il turismo rappresentava la terza industria per esportazioni al mondo, preceduta solamente dalle imprese produttrici di carburante e da quelle chimiche (United Nations World Tourism Organization UNWTO, 2021). Si stima infatti che, nello stesso anno, il numero di arrivi da parte di turisti internazionali si aggirasse intorno alla modica cifra di 1.450 milioni, di cui quasi la metà diretti verso l’Europa (UNWTO, tourism dashboard).

Si tratta di numeri che confermano il trend di continua crescita del settore turistico che ha conosciuto una forte espansione soprattutto nell’ultimo trentennio – se non si tiene conto del valore negativo registrato in corrispondenza della grande recessione del 2008. Tuttavia, è bene considerare che, secondo l’UNWTO e l’ITF (International Transport Forum), nel 2005, l’espletamento della pratica turistica ha contribuito a circa il 5% delle totali emissioni di CO2 riconducibili alle azioni umane (2019). Sebbene questa cifra possa essere considerata esigua, è opportuno tenere presente che all’attività turistica sono riconducibili altri tipi di pratiche che non sono inquadrabili nella cornice della sostenibilità ambientale. Quindi, considerando, da una parte, l’ampia diffusione della pratica turistica, e, dall’altra, la crisi climatica in atto, appare oggi doveroso domandarsi quali siano i reali impatti del turismo sull’ambiente.

Turismo: caratteristiche generali

Secondo l’UNWTO sono turisti tutti coloro che soggiornano per almeno una notte in una località diversa da quella della propria residenza, o che si recano nella stessa per una visita dalla durata complessiva di una giornata . Tale definizione risulterebbe avere un carattere piuttosto ampio, poiché non riconduce semplicisticamente la pratica turistica alla sola attività di svago, ma comprende diversi tipi di turismo, come quello religioso, medico, sportivo, d’affari, ecc…

A tal proposito, l’UNWTO nell’”International Tourism Highlights” del 2021 riporta l’insieme delle motivazioni che hanno spinto le persone a spostarsi durante il 2019. Dal grafico è possibile notare che più della metà dei turisti, il 55%, in quell’anno, si è spostata per motivi di vacanza, riposo o altre attività legate allo svago. Il 28% risulta invece aver intrapreso l’attività turistica per motivi di salute, religiosi o per far visita ad amici e/o parenti (VFR: Visiting Friends and Relatives). Lo spostamento per motivi d’affari e professionali occupa invece l’11% dell’insieme dei movimenti turistici, mentre il restante 8% rimane indefinito.

L’età del turismo

Come già menzionato, il turismo ha sperimentato un trend di continua crescita nell’ultimo trentennio, tanto da aver portato alcuni autori a definire la nostra epoca come “l’età del turismo” (p. 7, d’Eramo, 2017). In particolare, il notevole sviluppo della pratica turistica è dovuto soprattutto al miglioramento dei mezzi di trasporto e alla diffusione dei cosiddetti voli low-cost che hanno permesso anche ai meno abbienti di viaggiare verso località piuttosto lontane. Tale dinamica viene confermata dal sensibile aumento di individui che decidono di spostarsi via aerea.

Si è calcolato, infatti, che si è passati da un 46% di turisti che viaggiavano in aereo nel 2000 ad un 59% nel 2019: un incremento di ben 13 punti percentuali (UNWTO, 2021). Tuttavia, secondo l’UNWTO, vi sono altri fattori che hanno contribuito al diffondersi della pratica turistica, come ad esempio la crescita economica sperimentata dalle economie occidentali durante il secolo scorso e il conseguente ampliamento della classe media dovuto a condizioni socioeconomiche migliori (Ibidem). Altri autori sottolineano, inoltre, come il diffondersi di politiche sociali, quali l’introduzione delle ferie pagate, e una maggiore apertura dei confini, relativa ad esempio alla costruzione dello spazio Schengen, abbiano contribuito altresì alla crescita del settore turistico (d’Eramo, 2017).

Gli impatti del turismo sull’ambiente

Come già detto, il turismo nel 2005 ha contribuito a circa il 5% delle emissioni totali di CO2 riconducibili ad azioni umane (UNWTO, ITF, 2019). Il grafico sottostante mostra la suddivisione delle attività relative al settore turistico contenute nel 5% di emissioni di CO2 sopra citate.

Come si può notare facilmente dall’immagine, la maggior parte dell’inquinamento, il 75%, viene prodotto dai mezzi di trasporto, sia aerei che terrestri, mentre un significativo 21% è da ricondurre al consumo energetico delle strutture alberghiere (Ibidem). Sebbene le suddette attività ricoprano un ruolo fondamentale nella produzione diretta di CO2, al fine di avere una visione chiara e completa del fenomeno, è bene considerare ulteriori dinamiche che impattano negativamente sull’ambiente in maniera indiretta.

Significativo a tal proposito è il caso della riserva naturale keniana Masai Mara, in cui la presenza turistica non ha portato solamente benefici economici, ma ha contribuito altresì alla distruzione di habitat naturali e alla creazione di conflitti sociali (Bhandari, 2014). Si stima, infatti, che l’ingente afflusso di turisti abbia messo a dura prova la già scarsa fornitura di risorse naturali presenti nel territorio, le quali sono state deviate principalmente verso il settore turistico, generando in tal modo ostilità da parte dei cosiddetti nativi (Ibidem).

Turismo come forza creatrice

Inoltre, Bhandari sottolinea nel suo articolo le pericolose conseguenze per il parco naturale del Masai Mara delle cosiddette ORD (Off Road Drivings – Guide Fuoristrada) organizzate prettamente per il miglioramento dell’esperienza turistica (Ibidem). In particolare, il testo mette in evidenza come la suddetta pratica interferisca con gli habitat naturali degli animali selvaggi, comportando in tal modo la perdita di quegli spazi protetti, e la distruzione della vegetazione, causando a sua volta la diminuzione della biodiversità ivi presente (Ibidem). Le ORD impattano pertanto in maniera significativa sull’ambiente e sull’intero ecosistema. 

Così come la riserva naturale del Masai Mara in Kenya, vi sono altri siti che stanno sperimentando un peggioramento dello stato di salute del loro ambiente a causa del settore turistico, come ad esempio il Monte Everest, sommerso dalla spazzatura dei visitatori, o come le numerose località marittime che hanno assistito alla costruzione di strutture alberghiere proprio lunga la costa, con ovvie ripercussioni in materia ambientale.

turismo

Proprio in virtù di quanto appena esposto, Marco d’Eramo nel suo libro “Il selfie del mondo” definisce il turismo come una forza creatrice e distruttrice al contempo (2017). In particolare, egli asserisce che la pratica turistica possa creare inizialmente degli enormi benefici economici al territorio in questione, ma che successivamente essa distrugga “le basi su cui quella crescita era basata” (p.84, Ibidem). Si pensi ad esempio alla trasformazione dell’Isola di Creta: negli anni Sessanta suscitava l’idea di un territorio incontaminato, motivo per cui ha iniziato ad attrarre numerosi visitatori; mentre oggi appare come “un’immensa periferia di casermoni in riva al mare” (p.84, Ibidem).

Scenari futuri: l’ecoturismo

L’impatto del settore turistico sull’ambiente risulterebbe essere piuttosto significativo, tanto da aver sollevato, soprattutto negli ultimi anni, numerose questioni sulla sua sostenibilità ambientale. Proprio per questo motivo, recentemente, si è molto discusso sul turismo sostenibile, o ecoturismo, vale a dire, una forma di turismo che prende in considerazione i suoi immediati e futuri impatti sociali, economici, ambientali e culturali, e che cerca di conciliare l’attività turistica con i bisogni delle località e dei nativi (UNWTO, UNEP, 2005).

In particolare, l’UNWTO suddivide i principi descrittivi dell’ecoturismo in tre aree tematiche: ambientale, socioculturale e socioeconomica (Ibidem). La prima fa riferimento alla necessità di conservare la biodiversità, di tutelare l’ecosistema e di utilizzare le risorse naturali con equilibrio e ponderazione (Ibidem). L’aspetto socioculturale sottolinea, invece, l’importanza del rispetto nei confronti delle cosiddette “host communities” (popolazioni che ospitano turisti), delle loro tradizioni e della loro cultura in modo da realizzare un perfetto interculturalismo, scongiurando il rischio di un conflitto tra turisti e nativi (Ibidem). L’ultima area tematica, quella socioeconomica, suggerisce la rilevanza di uno sviluppo equo e sostenibile, in grado di creare posti di lavoro stabili e contribuire così ad una giusta crescita economica nonché all’eventuale riduzione della povertà nella host community (Ibidem).

L’ecoturismo sembrerebbe pertanto fornire una soluzione ai problemi principali che una vasta presenza di turisti può causare in un determinato ambiente. Tuttavia, resta ora da capire quali saranno gli effettivi impatti della pandemia dovuta al Covid-19 sul turismo e se quest’ultimo intraprenderà la strada della sostenibilità ambientale.

Natalia Tosoni

Riferimenti bibliografici e sitografici

  • Bhandari, M. P. (2014). Is tourism always beneficial? A case study from Masai Mara national reserve, Narok, Kenya. The Pacific Journal of Science and Technology15(1), 458-483.
  • d’Eramo, M. (2019). Il selfie del mondo: indagine sull’età del turismo. Feltrinelli Editore.
  • ITF, UNWTO (2019). Transport-related CO2 Emissions of the Tourism Sector. UNWTO, Madrid.
  • UNEP, UNWTO (2005). Making Tourism More Sustainable.
  • UNWTO (2021). International Tourism Highlights 2020 edition. Madrid.
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