In tempi come questi, in cui i mezzi di comunicazione di massa si “allineano” all’opinione comune su un determinato argomento o su una specifica situazione, alimentando la cosiddetta spirale del silenzio, risulta estremamente attuale un esperimento sociologico condotto nella seconda metà degli anni ’90 da Alan Sokal.

L’articolo senza senso

Alan Sokal, autore dell'esperiemento
Alan Sokal, autore dell’esperimento

L’affare Sokal, questo il nome dell’esperimento, fu condotto nel 1996 da Alan Sokal, professore di fisica alla New York University, il quale si volle prendere gioco delle riviste culturali dell’epoca e soprattutto dei meccanismi di selezione degli articoli di quelle stesse riviste. Sokal scrisse così un articolo di filosofia dal titolo Transgressing the Boundaries: Towards a Transformative Hermeneutics of Quantum Gravity (Violare le frontiere: verso una ermeneutica trasformativa della gravità quantistica), che però in realtà era un insieme di enunciati approssimativi, fantasiosi, falsi e in alcuni casi senza senso. Dopo averlo scritto, il professore sottopose l’articolo a Social Text, un giornale accademico di cultural studies postmoderni con una forte matrice femminista e postmodernista. Sokal era convinto che, nonostante il suo articolo fosse quasi del tutto privo di senso, sarebbe “sopravvissuto” senza alcun problema ai meccanismi di selezione redazionale e di conseguenza pubblicato senza esitazioni su un numero della rivista. E fu in effetti così. Questo perché l’articolo utilizzava il linguaggio preferito dalle correnti postmoderniste, che avevano un forte seguito nel mondo accademico statunitense. Nel testo, ad esempio, ricorreva un’infinità di volte il termine «femminista», utilizzato quasi sempre fuori contesto, come nel caso dell’«algebra femminista».

Lo scienziato esce allo scoperto

Uno degli articoli in cui si parla della burla di Sokal
Uno degli articoli in cui si parla della burla di Sokal

L’esperimento era così rivolto a capire se un determinato giornale avesse mai pubblicato un articolo pieno di frasi nonsense semplicemente se queste da un lato suonavano bene e dall’altro erano in accordo con le ideologie degli editori. L’obiettivo di Sokal era così quello di dimostrare che gli intellettuali americani legati alle correnti postmoderniste abusavano troppo spesso della terminologia scientifica, senza però preoccuparsi del reale senso del suo utilizzo. Il giorno della pubblicazione Sokal rivelò su un’altra rivista americana che l’articolo pubblicato su Social Text era uno scherzo, descrivendolo come “un pasticcio di ideologie di sinistra, riferimenti ossequiosi, citazioni grandiose e prive di senso, strutturato attorno alle più sciocche frasi di accademici postmodernisti che avevo potuto trovare riguardo la fisica e la matematica”. L’autore si poneva così un grande interrogativo: “una rivista di punta consacrata ai Cultural Studies pubblicherebbe un articolo infarcito di assurdità: a) se avesse un certo stile, b) se fosse compiacente verso i presupposti ideologici della redazione? La risposta, purtroppo, è sì”. La chiosa di Sokal fu emblematica. “La pigrizia e l’impostura intellettuale vanno denunciate ovunque si trovino”.

Dario Mastellone

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