Da un punto di vista storico-sociologico, lo sviluppo maggiore della teoria dei giochi e dei metodi di analisi delle decisioni in ambito politologico e strategico è strettamente legato alla Seconda Guerra Mondiale e alla nascente potenza statunitense. Si assiste, durante il corso della Guerra Fredda, da una lato ad una forte correlazione fra sviluppo tecnologico e dottrina strategica americana, e dall’altro ad uno sviluppo teorico della teoria dei giochi.

Partendo da un sistema ideale, Robert L. Trivers  ha preso in prestito dalla teoria dei giochi una metafora nota  come “dilemma del prigioniero”, che risale ai primi anni ’50. Nella sua formulazione originaria, a ciascuno di due prigionieri viene chiesto se l’altro abbia commesso un crimine; la gravità della loro pena dipende dal fatto che uno, entrambi o nessuno dei due dichiari la colpevolezza dell’altro. In pratica, i due giocatori devono solo scegliere se vogliono o non vogliono cooperare  l’uno con l’altro.

Come funziona il dilemma del prigioniero

Bonnie e Clyde: esempio di dilemma del prigioniero
Bonnie e Clyde: esempio di dilemma del prigioniero

In una versione del dilemma del prigioniero, se entrambi i prigionieri decidono di cooperare ottengono un compenso di 5 punti ciascuno. Se entrambi “defezionano”  (cioè  non cooperano), ottengono solo un punto ciascuno.  Ma  se un giocatore  defeziona  e l’altro coopera, chi defeziona riceve 10 punti, mentre colui che coopera non riceve nulla. Coopereranno?  Se  il primo giocatore  non coopera, il secondo non otterrebbe  nulla  cooperando, e quindi è chiaro che gli converrebbe non cooperare. Ma anche se il primo giocatore  coopera, al secondo converrebbe non cooperare comunque. E naturalmente il primo giocatore  è  esattamente  nella  stessa  posizione. Non fidandosi l’uno dell’altro,  entrambi i giocatori decideranno quindi di non cooperare e riceveranno solo un punto ciascuno.

Meglio confessare o negare?

Perché non hanno cooperato?  La decisione dei prigionieri mette in luce la differenza tra ciò che è bene dal punto di vista individuale e ciò che è bene dal punto di vista collettivo. Questo conflitto mette in pericolo quasi tutte le forme di cooperazione, inclusi il commercio e l’aiuto reciproco, aumentando la competitività e l’individualismo. La ricompensa per la reciproca cooperazione è maggiore della punizione per la reciproca defezione, ma una defezione unilaterale è più remunerativa della ricompensa, e potrebbe far apparire il soggetto cooperante  più stupido e non vincente. Questo processo implica che la mossa migliore e più sicura è quella non cooperativa, quindi un ragionamento logico porterebbe ad una reciproca non collaborazione. Molti tuttavia non si sentono soddisfatti da questa conclusione: nella realtà dei fatti, molti individui spesso cooperano sulla base di sentimenti di solidarietà e di altruismo. Ma non tutti lo fanno allo stesso livello: ci sono sentimenti e predisposizioni che non possono essere sottoposti a forzature psicologiche. Perfino nel mondo degli affari la  defezione  non è così esasperata come si pensa, forse proprio per la pressione proveniente  dalla società.

La predisposizione a cooperare o meno deriva sicuramente da come gli individui sono stati socializzati e dai tratti culturali che essi hanno ereditato dal contesto sociale e familiare in cui sono inseriti. Ultimamente, grazie allo sviluppo della rete Internet, la cooperazione sta trovando nuovo slancio superando i confini imposti a livello nazionale e locale. I giocatori sono in aumento e molti hanno scoperto i maggiori benefici che comporta la cooperazione.

Rino Carfora

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