Oggi il settore della realtà aumentata è in rapida espansione. Lontano dall’essere una moda passeggera, le imprese investono sempre più sull’innovazione e sugli studi in materia. Non è un caso, infatti, che sarà uno degli argomenti del Web Marketing Festival 2019, che si terrà il 20/21/22 giugno a Rimini. Eppure non è qualcosa di recente, anzi. È qualcosa che ci portiamo dietro fin dalla preistoria.
Virtualis
Sembra un’assurdità, eppure è così. Noi abbiamo sempre avuto a che fare con la realtà aumentata, solo non con le attuali tecnologie. Essa si è palesata oggi, nei discorsi e nelle quotidianità, solo con protesi da indossare. Per capire meglio, tuttavia, serve un concetto utile di virtuale. Secondo Pierre Lévy si deve far riferimento a “virtualis“, nonché “virtus“, cioè “forza”, “potenza” e per certi versi dunque “aumento”. Potenziale, dunque, indicherebbe uno stato del reale, una sua specificazione. Potenziale è sia un aggettivo particolare del linguaggio filosofico, sia un riferimento probabilistico. Entrambe queste diverse accezioni, tuttavia, riescono perfettamente a inquadrarsi in un’unica cornice di senso. L’uomo, nel momento della costruzione della sua realtà, crea delle immagini – frutto del suo vissuto – che cerca di astrarre dai singoli episodi della sua biografia per applicarli in situazioni simili, che ancora devono accadere. Quindi, ne aumenta la loro portata.
Tappa obbligata
La realtà aumentata è sempre esistita. Forse non come la si penserebbe oggi. Prendendo in considerazione quanto detto prima, ogni creazione di immaginari e universi simbolici passa per questa fase mentale ed esclusiva dell’uomo. Vivere (in) una realtà aumentata non vuol dire evadere e perdersi in una realtà “altra” le cui regole esulano dalla realtà “normale”, ma si tratta invece di un luogo transitorio dal quale entriamo e usciamo costantemente, una tappa obbligata per la nostra ricerca del senso. Si tratta quindi di un processo cognitivo di costruzione e sopravvivenza, dove iniziamo a giocare con le immagini a nostra disposizione. È un gioco situazionale dove cerchiamo di capire cosa siamo e cosa possiamo essere e diventare.
Luoghi emotivi
Questo provocatorio ossimoro, non a caso, risulta essere un oggetto interessante nelle discussioni e negli studi attuali. Dopo la caduta delle grandi narrazioni e – volendo citare Peppino Ortoleva – la diffusione a mo’ di alternative funzionali di miti a bassa intensità, questa tipologia di realtà virtuale si pone come luogo – oltre che come idea – nuovo, non più per rifuggire dalle difficoltà del tangibile ma come ambiente dove fare esperienza. Spesso la contemporaneità ci porta a glissare su emozioni, relazioni e vicende, ragion per cui non risulta assai difficile immaginare il motivo di questa importanza datale. Essendo tendenzialmente un universo che coinvolge solo una parte di noi stessi (qualcuno direbbe la coscienza), i danni – qualora sopraggiungessero – riguarderebbero quasi esclusivamente la dipendenza emotiva. Vivere esperienze di cui normalmente non si ha esercizio, risulta essere una (ri)scoperta da non poco da parte delle persone e delle aziende.
Filtri per le realtà
Indossare guanti hi-tech, visori e occhiali 3D sono sicuramente il primo passo per l’evoluzione non solo tecnica dell’approccio alla realtà aumentata, ma anche al modo di costruire relazioni emotive. Essendo la nostra essenzialmente una cultura visuale, noi non soltanto ci educhiamo alle nuove tecnologie immersive, ma socializziamo con nuove emozioni e riscopriamo quelle sopite. Giocare con le immagini assume qui un altro significato. Giocare equivale a conoscere, muoversi, padroneggiare linguaggi. Vedere con il visore, ad esempio, non è più semplicemente un vedere attraverso un visore. Si pensi a Pokémon GO che riesce a integrare e sovrapporre luoghi del vissuto con le mappe digitali su smartphone per la cattura delle creature. Ecco, è questo ciò a cui le aziende mirano. L’eliminazione, per quanto possibile, dei supporti tradizionali: in altre parole, nascondere alla vista le tecnologie, renderle ovvie nel loro utilizzo e facilmente accessibili per creare nuove tipologie di biografie individuali e collettive.
Francesco D’Ambrosio
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Hr specialist, orientatore e giornalista pubblicista laureato in Sociologia con lode. Redattore capo di Sociologicamente.it.
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