Molto spesso troviamo spunti di riflessione sociologica in film e serie tv. In particolare, alcuni di questi prodotti mediali usano l’espediente delle distopie e simili per farci ragionare sul tempo in cui viviamo. Di recente conclusione, la serie portoghese netflix, 3%, ci propone una situazione geopolitica interessante. Infatti, il ruolo chiave, lo hanno certi funzionari, assimilabili alla figura dei responsabili delle risorse umane.
Il Processo
Il 25 Novembre 2016 netflix rilascia questa serie portoghese ideata da Pedro Aguilera in molti paesi. Senza particolari proclama e pubblicità aggressiva riesce a ottenere un ottimo seguito e dei buoni giudizi. Ma di cosa tratta per la precisione questa serie?
Siamo in un futuro distopico in cui l’umanità sembra essere ridotta ai minimi termini ed è divisa in due gruppi. Da una parte i poveri che vivono una condizione di miseria costante nell’entroterra, un luogo che ricorda le favelas e le bidonville in generale. Dall’altra parte troviamo un gruppo ristretto di individui che gode di ogni sorta di agio in questo eden ipertecnologico dalla posizione non chiaramente specificata chiamata Offshore. Ogni anno, tramite un processo di selezione a più step chiamato processo, questa minoranza, tramite alcuni funzionari, concede ai poveri che hanno compiuto 20 anni di provare ad entrare nell’elite di questo mondo. Solo il 3% di coloro che superano questa serie di test avrà il diritto di accedere all’Offshore.

Il titolo della serie fa riferimento appunto a questa sorta di scrematura, i cosiddetti “migliori”, i virtuosi che possono essere considerati degni. Questo processo è strutturato, ovviamente in maniera esasperata, proprio come una selezione del personale che possiamo trovare nelle grandi aziende. Prove in basket, di logica, di intelligenza, di etica. Tutto finalizzato a trovare il “candidato ideale” che possa contribuire, con il suo estro e le sue qualità, al miglioramento della comunità elitaria dell’offshore. Sembra in effetti molto semplice, qualcosa di già sentito. Basti pensare ai chiari riferimenti ad Hunger Games e similari. Tuttavia ciò che fa tenere incollato lo spettatore fino alla fine riguarda non soltanto la capacità narrativa dello sceneggiatore, ma la logica sottesa del merito, il vero motore sociale che porta alla rivoluzione.
Questione di merito
Il merito in questa serie è il perno su cui ruota tutta la narrazione e la struttura sociale di questo mondo. Raggiungere l’offshore non è una possibilità, è l’unica scelta sensata per uscire dalla condizione di miseria. Non si fa riferimento ad altre opzioni di vita, tutta la propria esistenza è finalizzata a superare queste prove. Non è un caso vedere infatti bambini che già dalla prima infanzia testano le loro capacità con giochi di logica, competizioni fisiche e altro. Affrontare le prove comporta una particolare quanto potenziale costruzione/distruzione del soggetto. Da una parte, in caso di vittoria, ci si considera man mano sempre più meritevoli, capaci e competenti (ego building). Dall’altra, in caso di sconfitta, ci si annichilisce in un vuoto esistenziale fatto di rassegnazione. Questi due stati dell’essere vengono costantemente rettificati dal fatto che il merito, viene trasformato in una vera e propria religione nell’entroterra.

Questo avviene grazie al mito della coppia fondatrice dell’offshore, gli individui divenuti poi simbolo e ideale incarnato del benessere e la vita migliore. Questa condizione di sudditanza tuttavia, non viene recepita e accettata da tutti.
La Causa
Esiste un gruppo di ribelli, “la causa”, che cerca costantemente di sabotare il processo, o comunque, le milizie dell’offshore che controllano in maniera tirannica la povera gente. Tutto viene monitorato, tutte le persone schedate per il potenziale processo. Nessuna apparente libertà di scelta. Eppure questo controllo costante ha una falla. La scelta consapevole delle persone che scelgono di non sottostare alle regole e fare qualcosa, cambiare la loro vita. La serie, più avanti con le stagioni, si concretizza difatti in un continuo guerreggiare tra le due fazioni. Tra spie che tradiscono e soldati fedeli, le biografie dei personaggi si intrecciano a tal punto che nessuno si fida più di nessuno e ogni aberrazione viene legittimata.

La perdita, o in certi casi la ri-acquisizione di caratteristiche umanizzanti spianano la strada alla vera soluzione di questo mondo post-apocalittico, ossia la ricerca della giustizia e la democrazia. Questa serie ci insegna come i sistemi simil panopticon a lungo andare non funzionano. I sistemi e le logiche razionali se applicate alla lettera generano caos. Le persone non possono essere amministrate come beni di consumo in quanto hanno sentimenti, passioni e desideri. Lottare per l’equità e il riconoscimento dell’umano essere e divenire: questa è la lezione più importante che possiamo acquisire dalla visione di questa serie. Volendo, come ogni narrazione della nostra vita, 3% può farci comprendere cosa e come fare per lavorare al meglio nel settore HR, sia eticamente che umanamente parlando.

Hr specialist, orientatore e giornalista pubblicista laureato in Sociologia con lode. Redattore capo di Sociologicamente.it.
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