Concludiamo questa rubrica dedicata a Michel Foucault con una riflessione sulla sua eredità euristica e filosofica. Nella conclusione di “Sorvegliare e Punire” (1975), con poche e pregnanti righe riesce a far arrivare tutto il vigore del suo pensiero:

“In questa unità centrale e centralizzata, effetto e strumento di complesse relazioni di potere, corpi e forze assoggettate da dispositivi di carcerazione multipli, oggetti per discorsi che sono a loro volta elementi di quella strategia, bisogna discernere il rumore sordo e prolungato della battaglia”.

Il rumore sordo e prolungato della battaglia

L’immagine della battaglia è fortemente caricata di significati fondamentali per comprendere Foucault: uno dei suoi presupposti teorici sta proprio nel rovesciamento del principio di Clausewitz, secondo cui la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi; al contrario, Foucault afferma che è la politica la prosecuzione della guerra con altri mezzi. “Il potere politico, in questa ipotesi, ha infatti il ruolo di reiscrivere perpetuamente, attraverso una specie di guerra silenziosa, il rapporto di forze nelle istituzioni, nelle diseguaglianze economiche, nel linguaggio, fin nei corpi gli uni e degli altri”. In definitiva, discernere il rumore sordo e prolungato della battaglia significa proprio svolgere quell’operazione genealogica che permette di cogliere i principi di potere regolati da forme di sapere, nonché i principi di produzione di soggettività.

Questione di anima

Foucault sposta lo sguardo verso il basso: più che indagare l’essenza del soggetto, bisogna riflettere sul modo con cui il soggetto si produce. Il soggetto non è costituito una volta per tutte, ma si costituisce poco a poco, sulle spinte del potere, sulle forme visibili e discorsive di sapere, sulla base di energie e desideri sempre nuovi. Arriva persino a rovesciare il principio platonico del corpo come prigione dell’anima, in quanto sarebbe l’anima ad essere prigione del corpo.

“L’anima è l’elemento dove si articolano gli effetti di un certo tipo di potere e il riferimento di un sapere, l’ingranaggio per mezzo del quale le relazioni di potere danno luogo a un sapere possibile e il sapere rinnova e rinforza gli effetti del potere. L’individuo non è il vis-à-vis del potere, ma credo ne sia uno degli effetti principali. L’individuo è un effetto del potere e al tempo stesso, o proprio nella misura in cui ne è un effetto, è l’elemento di raccordo del potere. Il potere passa attraverso l’individuo che ha costituito”.

Il peso delle resistenze

Il campo di battaglia resta un campo aperto, nel quale la battaglia cambia costantemente fisionomia. E se il campo sapere-potere in cui si produce soggettività è così mutevole e in divenire, allora si possono cercare dei nuovi spazi di creazione del soggetto, tra gli scontri del sapere, tra gli urti delle forze di potere, tra le lotte dei corpi, tra le fratture della storia. Il maggio parigino del ’68 era stato una prova evidente di come con la battaglia fosse stata presa la parola. Quelle lotte sul campo della soggettivazione furono l’occasione per scoprire il peso delle resistenze, il loro legame indissolubile col potere. Il corpo stesso è sì fabbricato dai rapporti di potere che lo bersagliano, ma è costituito anche dalle resistenze che a quei rapporti si oppongono. La resistenza come reattività al potere, come inevitabile forza d’attrito. “Il punto più intenso delle vite è proprio là dove si scontrano con il potere, si dibattono con esso, tentano di utilizzare le sue forze o di sfuggire alle sue trappole”. Il nesso potere-resistenza è un ulteriore campo aperto sul quale Foucault ci stimola ad indagare, essendo proprio l’urto tra potere e resistenza ciò che consente di mettere a critica i regimi di dominazione.

Una posizione antiscientifica

Il pensiero di Foucault è coerente con la sua azione: negli anni in cui fa ricerca, fonda il GIP (Gruppo di Informazione sulle Prigioni), con cui porta avanti una pratica di lotta organizzata sulla presa di parola. Attraverso inchieste, facendo parlare chi direttamente ha vissuto l’esperienza del carcere, ha l’ambizione di rompere l’ordine del discorso, al fine di far emergere i saperi assoggettati. La presa di parola è una pratica fondamentale per permettere “una felice lacerazione del soggetto”, per far sì che si vedano cose che altrimenti non si riescono a vedere. Foucault non ha pretese assolutistiche, non vuole trovare l’Arkè, l’essenza delle cose, e non vuole delineare delle verità dogmatiche.  Al contrario, la sua è una posizione antiscientifica, contro le scientifizzazioni, contro cioè quei processi che costruiscono assoluti storici o principi universali. Sapientemente, sta ben alla larga anche dal rischio di scientifizzazione del suo pensiero. Lo fa intuire più volte, ad esempio alla già citata conclusione di “Sorvegliare e punire“, aggiunge una nota chiarificatoria sull’intento del lavoro stesso: “Interrompo qui questo libro che deve servire da sfondo storico a diversi studi sul potere di normalizzazione e sulla formazione del sapere nella società moderna”.

Cassetta degli attrezzi

Foucault offre una cassetta degli attrezzi, un metodo, un modo di vedere libero (per quanto possibile) che permetta di far superare il suo stesso pensiero. Non vuole che si faccia di lui ciò che è stato fatto con Marx, perché le sue non sono categorie rigide e chiuse, ma dinamiche e relazionate ad un campo aperto. Ed è proprio qui che sta il vero peso della sua grandezza. Nella prima lezione di “Bisogna difendere la società” (1976), agli studenti del College de France si rivolge così:

“Vi considero interamente liberi di fare, con quello che dico, ciò che volete. Si tratta di piste di ricerca, di idee, di schemi, di linee generali. In altri termini: sono strumenti. Fatene pure quello che volete”.

È l’invito a discernere. È l’invito a non fermarsi alle sue intuizioni perché il mondo cambia, i rapporti di forze cambiano, perché il rumore sordo e prolungato della battaglia viene originato da nuove armi e nuovi echi. Ripartire, allora, dai concetti di dissotterramento, insurrezione, discernimento, presa di parola, per ripensare costantemente la filosofia politica. Ripartire da Foucault per andare oltre Foucault.

APPUNTAMENTI PRECEDENTI
Spiegando Michel Foucault: tra sapere e potere
Spiegando Michel Foucault: le modalità di potere

Fulvio Mele

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Print Friendly, PDF & Email