Stranger Things è una delle serie kolossal più seguite degli ultimi anni. I fan di tutto il mondo si riuniscono per condividere la visione e commentare le storie dei personaggi sui social, ma è anche un’interessante rappresentazione ludica su cui riflettere dal punto di vista sociologico e filosofico. In questo articolo sarà preso in considerazione il personaggio di Eddie Munson come definizione di sottocultura, marginalità e che si muove in un periodo storico ben preciso di psicosi sociale.
Stranger Things: satanic Panic anni ‘80
Negli anni ottanta la musica rock e metal ha raggiunto il migliore splendore possibile e la luce della ribalta. Le piccole comunità di tutto il mondo, soprattutto statunitensi, iniziano a creare attorno ai ragazzi adolescenti, delle varie località di cittadine conservatrici e cattoliche, dei misticismi e delle dicerie sui loro atteggiamenti ed eventuali comportamenti in conflitto con le norme delle comunità alle quali appartenevano. Sembra strano affermarlo oggi, ma in quel periodo chi indossava anfibi, magliette di gruppi metal o aveva i capelli lunghi corrispondeva alla descrizione perfetta del satanista e adoratore del diavolo. Nella metà degli anni ottanta, si aggiunge anche un cambio generazionale e di interessi per quei ragazzini di piccole realtà che cercavano uno svago.
Nei primi anni settanta nasce il gioco di ruolo Dungeons and Dragons, mal visto dagli adulti ed etichettato come un rituale di iniziazione satanica. Nascono dei gruppi con un leader (Dungeon Master), accumunati dalla voglia di fantasticare e creare un mondo medievale in cui ogni personaggio ha un ruolo centrale. Questi ragazzini non si riconoscono nella loro realtà e il loro tempo li rifugge, emarginandoli o relegandoli alla solitudine più totale. Il personaggio di Eddie Munson nasce in corrispondenza di un fatto di cronaca nera realmente avvenuto, basato su dicerie e psicosi.
Dicerie
L’adito maggiore alle dicerie lo si ricevette con il noto caso di omicidio ai danni di tre ragazzini a West Memphis Arkansas, in cui furono accusati, senza prove schiaccianti, tre ragazzi fan della musica metal. Sono susseguiti una serie di processi, mai di carattere probatorio calcati dallo stigma lacerante dell’appartenere a un gruppo di ragazzi estranei alle pratiche quotidiane e sociali rispettate in piccoli centri cattolici. Una prima spiegazione, fornita da vari sociologi nel tempo, è la dilagante paura che il processo di secolarizzazione — nonostante il permanere di legami con le religioni— stava diversificando gli usi e i costumi del tempo e che i movimenti giovanili, provassero a distaccarsi dagli adulti manifestando una fervida immaginazione.
Le evoluzioni delle culture e sottoculture giovanili polarizzano gli interessi e si contrappongono ad altri. Le tipologie di musica, gli stili, non sono estranei al rapporto individuo e società. Basti pensare alla differenza sostanziale che intercorre tra l’heavy metal e il jazz. È un’appartenenza di classe.
Stranger Things, sociologia e giochi di ruolo
Il sociologo statunitense Gary Alan Fine ha pubblicato, negli anni ottanta, uno studio in grado di fornire una prima chiave di lettura sui giochi di ruolo e di fantasia. Il sociologo si è occupato di un oggetto di studio di nicchia sul leisure e il modo di vivere il tempo libero in quegli anni. Fine propone l’analisi in tre passaggi cruciali: il primo riguarda l’interpretazione del tempo libero e una descrizione dei suoi significati in termini di sottocultura. Il secondo è volto alla comprensione dei microsistemi culturali ed esplorativi degli specifici gruppi con i processi che comportano un’adesione alle identità e gli sviluppi in gioco.
Secondo Gary Alan Fine il gioco di gruppo comporta la condivisione in termini di comunicazione di regole e azioni collettive, in continua trasformazione e modificabili, con l’autentica creazione di micro-mondi ricolmi di significazione in cui è difficile spezzettare il reale con il gioco. I personaggi di D&D hanno delle caratteristiche specifiche in cui ogni giocatore ha un valore importante e può decidere di avanzare in gioco autonomamente rispettando i propri significati.
Erving Goffman e René Girard
Non è il gioco a determinare la rottura tra i giovani e gli adulti. La stigmatizzazione dei giovani appartenenti alle sottoculture può essere analizzata con Erving Goffman e con René Girard. Il sociologo canadese afferma che lo stigma nasce da una diversità già nota in un gruppo di individui che ritiene di avere delle caratteristiche comuni. Per Girard la sua presenza è oggetto di confusione all’interno dello stesso. Lo scompiglio delle nuove sottoculture, la mancanza di interpretazione da parte degli adulti o una mistificazione del loro essere giovani ha generato l’attribuzione di caratteristiche deplorevoli e inaccettabili. Il concetto stesso di sottocultura è rilevante nell’analisi sociologica. Prendere parte a una sottocultura significa esprimersi, anche nel simbolico, in forme avverse al modello o al sistema culturale vigente.
La scuola di Chicago accorre nel fornire una prima analisi sui fenomeni definiti criminosi strutturando l’interpretazione di devianza e delinquenza. Rimanendo efficacemente non necessariamente nel crimine puro ma in semplici considerazioni sul comportamento degli individui.
Eddie Munson, il personaggio in prospettiva sociologica
Quando è stato introdotto, nella quarta stagione di Stranger Things Eddie Munson, gli spettatori hanno iniziato a generare dibattito online innamorati di un personaggio singolare, espressione di una sottocultura sociale e musicale ben precisa.
Munson è un ragazzo ripetente, vive in una dismessa di caravan malconci e angusti. Proviene da una famiglia povera che si paga da vivere con micro-crimini, lo zio sembra essere uno dei pochi a credere nel suo potenziale. A scuola è disprezzato perché ha uno stile metal, è ritenuto un freak ed è anche il Master di Dungeons and Dragons. La serialità ha insegnato che sono diversi i personaggi in cui lo spettatore si identifica, eppure questo personaggio ha guadagnato attorno a sé un successo planetario. Racchiude diverse generazioni che si sentono ai margini, relegati negli angoli più bui della società. Come ricorda Dick Hebdige, chi fa parte di una sottocultura è inscritto sicuramente in un percorso difficile dell’esistenza e non guarda al mondo con uno sguardo privilegiato.
Ma la tridimensionalità del suo personaggio è spiegabile con diverse interpretazioni sociologiche. L’abbigliamento che utilizza Munson: la giacca di jeans con le spille di band metal, la maglia dell’Hellfire club di cui è capo, rappresentano uno stile distintivo che intende contrastare la società che lo esclude, prestandosi anche al doppio gioco delle merci e di una rappresentazione mediale. Nello specifico, le persone che si abbigliano utilizzando determinati capi appartengono a uno stereotipo ben preciso. La questione del sentirsi un freak può essere elaborata in Goffman ribadendo che l’individuo ha la percezione di sé sul riflesso del pensiero che gli altri hanno di lui.
Eddie Munson e lo stigma su di sè
Eddie Munson è convinto di essere una persona completamente inutile, spaventosa e inavvicinabile, così focalizza la sua attenzione non su quei pochi individui che ne riconoscono il valore come Mike, Dustin, lo zio. Al contrario si concentra sulle differenze che lo alienano dalla sua posizione all’interno del contesto. Lo stigma è percepito ai massimi livelli nella condivisione di esperienze, età e contesto. Da qui, proseguendo con il sociologo canadese, nasce l’intenzione di espiare la vergogna e la mancanza di autodeterminazione, il coraggio per purificare la propria immagine. Anche Girard ne “Il capro espiatorio” descrive i segni vittimari classici per individuare un soggetto che si distanzia dai comportamenti socialmente accettati. L’unico modo per acquisire il rispetto negato è ottenere una purificazione dai comportamenti assunti in precedenza. Munson è convinto di essere diverso dagli altri adolescenti, ma allo stesso tempo si paragona ai ragazzi che hanno ottenuto successo.
Chrissy e Steve sono un esempio lampante del suo disagio comunicativo. Gli aspetti interiori e personali lo conducono a percorrere una strada salvifica e non ad una accettazione del sé. È un personaggio che è riuscito ad emergere in poche battute perché è un’identificazione, una chiara trasposizione, delle marginalità. Mentre gli autori di Stranger Things sembrano averlo scritto con lo stereotipo della salvezza attraverso il sacrificio, una interpretazione alternativa e più consona con i tempi attuali potrebbe avvenire con l’elogio del margine proposto da bell hooks. Utilizzare il margine non come una spaccatura o un elemento di distorsione o deviazione, piuttosto come promessa o opportunità per lavorare su sé stessi e resistere.
Alessandra Volpe
Bibliografia e sitografia
- Becker S. Howard (2017), Outsider studi di sociologia della devianza, Meltemi.
- Goffman Erving (2012), Stigma l’identità negata, ombre corte.
- Hebdige Dick (2017), Sottocultura il significato dello stile, Meltemi.
- Documentario Paradise Lost: The child murder at Robin Hood.
- Fine Gary Alan (1983), Shared Fantasy: Role-playing games as social worlds, University of Chicago press.
- hooks bell(2020), Elogio del margine, Tamu.
- Stranger Things 4 vol. 1 e vol. 2