Nel tardo XX secolo i sociologi iniziarono a parlare di una nuova crisi d’identità, un tempo considerato un concetto elementare ma che stava diventando sempre più difficile da definire. Secondo il sociologo Stuart Hall, la causa doveva essere rintracciata nel cambiamento strutturale che ha cambiato le società moderne, frammentando gli ambiti culturali della classe, del genere, della sessualità, dell’etnicità, della razza e della nazionalità. Erano questi i contesti di riferimento ai quali ancoravamo la nostra concezione di chi siamo, sia all’interno alla società sia nella sfera individuale.

Questione di sé

Hall cita tre concetti moderni di identità:
1) il sé illuminista;
2) il sé sociologico;
3) il sé postmoderno.
Il sé illuminista ha dominato il XVII secolo fino agli inizi del XX secolo e si fondava su un’idea di completezza e autonomia: alla nascita, un individuo era dotato di un saldo nucleo interiore che si sviluppava con l’età, conservando tuttavia la sua essenza. Negli anni ’20, sociologi come Mead suggerirono che l’identità si formava in relazione all’ambiente e alle persone importanti, responsabili di spiegare e veicolare i valori, i significati e i simboli presenti nel mondo del bambino. Il sé sociologico, quindi, considera il sé come un nucleo interiore, che tuttavia poteva essere modificato dalla società attraverso l’interiorizzazione di valori e significati culturali. Questa visione interazionista del sé colmava il divario tra la sfera privata e quella pubblica, affermandosi come l’approccio sociologico classico al sé. Al contrario, secondo Hall, il sé postmoderno non possiede un’essenza interna, non ha nulla di stabile, ma si forma e si trasforma in continuazione in base alle modalità con le quali è contemplato o rappresentato nella società. Si tratta di un sé in evoluzione, definito dalla storia più che dalla biologia. Comprende identità differenti che spingono in direzioni diverse, e l’unico aspetto di continuità o stabilità è costituito dalla storia che ognuno di noi si costruisce attorno a se stesso, la nostra storia di vita.

Identità avulse

Hall afferma che la rapidità, la continuità e la vastità del cambiamento che ebbe origine nel XX secolo aveva generato un senso di instabilità. Le tradizioni e le convenzioni sociali sono soggette a un esame continuo, sono messe in discussione e spesso alterate dalle nuove informazioni che affluiscono a causa della crescente interconnessione globale. Il marketing globale porta alla comparsa degli stessi stili di vita, luoghi e immagini in ogni Paese, indebolendo la tradizionale concezione di una nazionalità e un’identità culturale stabili. La mescolanza della cultura globale implica che le identità sono ormai  slegate dall’epoca, il luogo, la storia e le tradizioni alle quali appartenevano, e che ci troviamo ora a un ventaglio di identità tra le quali, a seconda del momento, possiamo scegliere.

Diversità

All’interno del discorso (sistema di significati) del consumismo globale, le differenze e le distinzioni culturali usate per definire l’identità sono diventate una sorta di moneta globale. Per esempio, i jeans e le scarpe da ginnastica, un tempo associati all'”essere americani”, ora fanno parte allo stesso modo dell’identità dei giovani indiani o kenioti. Se il filosofo afro-francese Franz Fanon affermava che i neri erano sempre stati definiti “altro” dai bianchi, Hall sostiene che su scala mondiale le culture sono messe insieme l’una con l’altra, dove l’altra non è semplicemente “là fuori” ma anche all’interno. Gli individui provengono sempre di più da una mescolanza di spazi vitali, antenati e luoghi di nascita diversi e sono consapevoli di possedere al loro interno una serie di identità che possono emergere in momenti diversi. Questa diversità interna ed esterna, afferma Hall, è la forza che sta plasmando il nostro presente.

Gianni Broggi

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Print Friendly, PDF & Email