Nel corso degli ultimi decenni, la teoria del deterrente – nell’ambito della sociologia della devianza – ha catalizzato un certo interesse a tal punto da inserirla nell’ambito delle teorie più discusse del controllo sociale. Il postulato centrale è che la punizione riuscirebbe a frenare la produzione della devianza. La convinzione che l’esistenza e la conoscenza di un sanzione causerebbe un disincentivo ad effettuare comportamenti devianti trova corrispondenza all’interno di vari contesti storico-sociali.
Cesare Beccaria e la teoria del deterrente
I teorici del deterrente affermano di non aver inventato nulla di eclatante ma, semplicemente, hanno l’obiettivo di assestare, in chiave scientifica e moderna, ciò che era stato già acquisito ed elaborato da alcuni autori già due secoli fa. Tra i padri fondatori di questa teoria si potrebbe trovare, infatti, Cesare Beccaria. Per il giurista, filosofo, economista e letterato italiano, sicuramente, la pena porta con sé la funzione di deterrente. Nel suo celebre trattato “Dei delitti e delle pene” evidenziò che l’uomo può essere controllabile attraverso il ricorso alla minaccia di sanzioni conseguenti ad un comportamento deviante. Beccaria, in particolare, definisce tali sanzioni come “sensibili motivi” e ne spiega anche la motivazione attraverso queste parole:

“Dico sensibili motivi perché l’esperienza ha fatto vedere che la moltitudine non adotta stabili principi di condotta, né si allontana da quel principio universale di dissoluzione, che nell’universo fisico e morale si osserva, se non con motivi che immediatamente percuotono i sensi e che di continuo si affacciano alla mente per controbilanciare le forti impressioni delle passioni parziali che si oppongono al bene universale: né l’eloquenza, né le declamazioni, nemmeno le più sublimi verità sono bastate a frenare per lungo tempo le passioni eccitate dalle vive percosse degli oggetti presenti” (Beccaria, Dei delitti e delle pene, Mursia, Milano, 1987, pag. 27).
A differenza, però, dei teorici, per Beccaria il potenziale deterrente della sanzione non è associato direttamente al grado di severità della stessa. I teorici del deterrente, invece, affermano che, invece, un nesso abbastanza evidente tra pena e severità. Evidenziano che, in genere, una sanzione più severa porta con sé più potere deterrente.
Tipi di deterrente
Possiamo trovare, in particolare, due tipi di deterrente: generale e specifico. Il primo si riferisce al processo in base al quale la punizione del reo fornisce alcune informazioni, ovvero il “costo” dell’infrazione, oppure in cosa si può incorrere, con l’obiettivo di rafforzare l’orientamento a non violare. Il secondo, invece, si riferisce proprio al deterrente che si viene ad concretizzare sullo stesso soggetto punito. Questi sarebbe spinto a non commettere ulteriori violazioni.

Gli elementi della teoria del deterrente
Se, però, si prendono in esame gli aspetti della teoria del deterrente, gli elementi più importanti sembrano essere le tre dimensioni: severità, certezza e celerità. Chiaramente, la severità, è intesa come il grado di intensità della sanzione conseguente al comportamento deviante. Secondo la teoria del deterrente, più è severa la pena più basso sarà il livello e la quantità di violazioni compiute. La certezza, invece, fa riferimento alla probabilità di essere puniti se si viola una norma. Proporzionalmente, più alto sarà il grado di certezza, tanto minori saranno i livelli di infrazioni commessi. Riguardo, infine, alla celerità, essa si riferisce all’intervallo di tempo che può intercorrere tra il comportamento deviante e l’attuazione della conseguente sanzione. Anche in questo caso, come può sembrare logico, più sarà immediata la sanzione, tanto meno la norma in questione verrà violata.

Queste tre dimensioni non producono conseguenze solo nei soggetti che vengono puniti, quanto anche nel pubblico in generale, con l’obiettivo di non incorrere in comportamenti devianti. Secondo James P. Gibbs concorrono due classi di fattori alla produzione di devianza. La prima classe si riferisce a fattori eziologici, ovvero condizioni e circostanze di natura extra-legale che causano l’attuazione la violazione della norma. L’altra classe è, invece, espressiva delle reazioni che si hanno al crimine e, questa, avrebbe una funzione deterrente. La conclusione è che prima di poter affermare con certezza che una determinata reazione ha un effetto deterrente bisogna trovarsi nella posizione di essere sicuri che l’incidenza dei fattori eziologici sia costante (J.P. Gibbs, Crime, punishment e deterrence”, 1968).
Consigli di lettura

Nato a Catanzaro il 5 luglio 1989. Dal 2017 è iscritto presso l’Ordine dei Giornalisti sezione Pubblicisti. Ha conseguito nel 2013 la laurea triennale in Servizio Sociale, nel 2016 la laurea triennale in Sociologia mentre nel 2018 la laurea specialistica in Organizzazioni e Mutamento Sociale. Nel 2020 ha ottenuto la quarta laurea in Scienze dell’Economia. Inoltre ha già pubblicato tre volumi di una trilogia di fantascienza.