Chi vi scrive è operatrice presso uno sportello per il lavoro. Voglio raccontare in questo articolo la mia esperienza per l’orientamento all’inserimento professionale dei giovani migranti con permesso di soggiorno per casi speciali e protezione speciale. Queste procedure consistevano innanzitutto in redazione di CV, bilancio di competenze e inserimento dati sulla piattaforma per l’attivazione di tirocini in aziende del territorio. Ma vediamo in dettaglio il resto.
In un primo tempo ho lavorato alla ricerca di aziende disponibili ad accogliere migranti con una serie di requisiti come da bando.
I destinatari del tirocinio avevano la possibilità di lavorare per 6 mesi in un’azienda con un compenso di 500 euro ed un minimo da 20 a 30 ore settimanali e un’eventuale successiva assunzione in caso di esito positivo del tirocinio, inoltre era previsto l’affiancamento di un tutor remunerato dal progetto.
In una prima fase esplorativa sono state contattate diverse aziende della provincia di Milano, le difficoltà linguistiche ed il livello d’istruzione dei candidati hanno portato la scelta su lavori fisici di magazziniere, lavapiatti, pizzaiolo, addetto alle pulizie aziendale.
Alcuni bar e ristoranti hanno dato la loro adesione al progetto, richiedendo il massimo del montante orario lavorativo proposto dal bando.
Non è stato semplice indirizzare i giovani migranti a colloquio poiché molti, ben consci dello sforzo fisico a cui sarebbero stati sottoposti, utilizzavano le reali difficoltà linguistiche e di comprensione, anche come escamotage per disertare i colloqui lavorativi.
Da cio’ nasceva una lotta tra operatrice dello sportello lavoro e destinatario del progetto, spesso con le parole non si riusciva a convincerli che era un’occasione per inserirli in dei percorsi professionali organizzati e valorizzare il CV.
Le difficoltà della selezione per i tirocini
Solo i giovani aventi requisiti di permesso di soggiorno richiesti dal bando potevano essere selezionati per queste aziende, l’”impresa” non è stata semplice poiché il permesso di soggiorno per protezione speciale era un permesso di soggiorno poco diffuso, da ciò nasceva l’esigenza di tutelare questi migranti con un bando apposito, che garantisse dei canali istituzionali di accesso al lavoro.
Tanti altri migranti con altri titoli di soggiorno sono stati esclusi dalla selezione, malgrado il loro interesse per il dispositivo.
In quanto operatrice allo sportello lavoro ero in una posizione di ascolto ed allo stesso tempo comprensione delle necessità di migranti ed aziende e non sempre era facile venirne a capo.
Tirocini: interessi divergenti a confronto
Essendo stata io stessa migrante in un altro paese, con titoli di studio universitari ma in alcuni periodi di tempo esclusa dal mondo del lavoro per una selezione spietata, capivo i dubbi e le paure di chi senza lavoro e padronanza linguistica ci teneva a non perdere l’autonomia e la libertà, poiché le pressioni dei capi aziendali iniziavano ad aumentare.
Molti segretari aziendali o direttori rivendicavano delle certezze di disponibilità per il tirocinio che i migranti in situazione di precarietà abitativa, economica, sociale, non riuscivano a garantire.
Orari di lavoro da rispettare, mansioni da eseguire, difficoltà di lingua erano motivo di discussione al telefono con i datori di lavoro che puntualizzavano lo sforzo fatto per venire incontro a migranti nell’attivazione di un tirocinio che era pagato dallo Stato. Inoltre i proprietari di aziende sottolineavano che del tempo sarebbe stato dedicato dalla figura del tutor per svolgere il suo lavoro con il migrante, tutor pagato con un gettone dallo Stato.
Molti utenti con cui mi sono interfacciata sentivano il bisogno di conservare lavori mal pagati come i riders perché in gruppo con altri amici, tra una pedalata e l’altra sentivano meno il peso di giornate estenuanti al freddo in bicicletta.
L’effetto gruppo ancora una volta, serviva ad attenuare la paura [1] che li prendeva a confrontarsi in contesti fortemente strutturati come quelli delle società di ristorazione, con datori di lavoro con un capitale culturale [2], economico e sociale [3] molto più elevato.
Tirocini: il lavoro resta dietro la saracinesca
Il mio contratto è terminato prima della conclusione delle procedure di selezione.
Per continui ritardi dell’Agenzia che promuoveva il bando, non ho mai saputo se tutti gli sforzi fatti per garantire un inserimento in tirocinio e le basi per un’integrazione professionale a tanti migranti sono stati vani.
Giulia D’Agostino
[1] Abdelmalek Sayad, La double absence. Des illusions de l’émigré aux souffrances de l’immigré. Paris, Éditions du Seuil, 1999. [2] Pierre Bourdieu, Les trois états du capital culturel, Actes de la Recherche en Sciences Sociales, 30, 1979. [3] Pierre Bourdieu, Forme di capitale, Armando Editore, 2015.