“Benvenuti nell’era dell’antinnocenza. Nessuno fa colazione da Tiffany e nessuno ha storie da ricordare. Facciamo colazione alle sette e abbiamo storie che cerchiamo di dimenticare il più in fretta possibile. L’autoconservazione e concludere affari hanno priorità assoluta. Cupido ha preso il volo dal condominio”. Tratto da Sex and the City.
Il ruolo della televisione
Marshall McLuhan ha delineato il concetto di determinismo tecnologico, ossia società e cultura risultano influenzate dal tipo di tecnologia di cui dispongono. A suo parere, la televisione è un medium che assolve la funzione di rassicurare e confermare, ha ridefinito parametri culturali e stilistici. Il telefilm americano Sex and the City non ha fatto altro che mostrare l’evoluzione del ruolo femminile, confermando alcuni tratti tradizionali e, al tempo stesso, rompendo diversi tabù. Era il 1998 quando Carrie & company accedevano al successo planetario con Sex and the City, tratto dal romanzo di Candace Bushnell. In Italia, sono arrivate pimpanti nel 2000.
La caduta dei tabù
Sex and the City narra in maniera cruda e diretta le vicende di quattro newyorkesi ultra 30enni, in carriera e alle prese con il pianeta degli uomini perlopiù infrequentabili: Carrie la romantica-fashionista, Miranda la cinica-realista, Charlotte la tradizionalista e Samantha la seduttrice. Fino a qui, nulla di straordinario. Il merito di questa serie televisiva sta nell’aver sdoganato argomenti tabù che, precedentemente, non venivano trattati o trattati in parte. Si spazia dal sesso, alle sue pratiche dettagliate, passando per relazioni tra gay o lesbiche, bisessualità, ménage à trois, masturbazione, orgasmo, ciclo mestruale (nel 2000, la storica Claudia Pancino aveva trattato l’invisibilità delle mestruazioni, in riferimento al fatto che, nel corso dei secoli, fosse considerato un argomento “sporco”, “pericoloso”, di cui vergognarsi o non parlare, ad eccezione delle pubblicità per assorbenti), depilazione, minzione, la figura della cougar (donne mature che intrattengono rapporti con uomini assai più giovani) e dell’eterogay (“una nuova razza di eterosessuali”): il tutto dal punto di vista prettamente femminile. Come si suol dire “quello che le donne non dicono” pubblicamente, ma si rivelano fra loro.
Tra globalizzazione e villaggio globale
Secondo il modello della trasmissione di Harold D. Lasswell (1948), gli agenti della comunicazione di massa (in questo caso, la televisione) trasferiscono ad un pubblico potenziale ciò che accade all’interno della società. Tale modello pone l’accento sul ruolo attivo dell’emittente verso i destinatari passivi, mentre modelli successivi come quello dello stimolo-risposta hanno considerato fattori psico-sociali, esperienze soggettive, fasi intermedie di comprensione, capitale sociale che possono influenzare la ricezione del messaggio. Il telespettatore si trova dinnanzi a donne indipendenti, non ancora sposate, senza figli che non necessariamente pensano di creare una famiglia, donne che amano il sesso e che, in fondo, celano la speranza d’incontrare il principe azzurro: un mix di valori e comportamenti contemporanei e tradizionali. Le quattro amazzoni incarnano perfettamente il valore dell’amicizia, mentre il fantomatico uomo dei sogni, spesso, con difetti ed atteggiamenti lontani dall’essere gentleman, è più vicino alla buffa realtà che all’onirico. Attraverso l’internazionalizzazione della comunicazione di massa e alla globalizzazione culturale, i contenuti vengono trasmessi su scala mondiale (McQuail, 2007). Dall’America, all’Italia ci troviamo in un villaggio globale (McLuhan, 1968) in cui donne si riconoscono nella vita e nelle esperienze di altre donne.
Arianna Caccia

Laureata in Sociologia della salute e degli stili di vita, nutro un forte interesse per lo studio e l’analisi dei fenomeni sociali. Sempre pronta ad imparare e migliorarmi, amo leggere, scrivere, Vasco Rossi e Rino Gaetano e fare lunghe passeggiate in campagna.