È un’attività che comunemente (ed anche in modo superficiale) viene vista sotto una luce negativa, anche se spesso non si sa bene chi siano i lobbisti e cosa fanno le agenzie di lobbying. Per capirlo in questo articolo è necessario partire un po’ prima.
La voce dei cittadini
La produzione delle politiche è il risultato dell’elaborazione di richieste, domande e conflitti provenienti da diverse parti e dai diversi interessi presenti all’interno della società. In parte queste sono trasmesse ancora dai partiti attraverso la rappresentanza elettorale. Altre volte i cittadini, i vari movimenti sociali, le associazioni di categoria e i gruppi di interesse possono esprimere alla politica le loro esigenze in prima persona rispetto un determinato tema, in modo da influenzare le agende politiche o affinché la politica possa tenerne conto al momento di prendere decisioni. Ci sono diverse strategie e modalità attraverso cui si può far giungere la propria voce alle arene decisionali: può arrivare tramite una mobilitazione collettiva, ad esempio, oppure è la politica stessa che include i vari attori sociali nel processo di decisione, andando ad ascoltare tutte le parti interessate. È in questo contesto che ritroviamo il lobbying.
Chi sono e cosa fanno i lobbisti?
Il lobbying rappresenta un specificità di come gli interessi degli attori, spesso di natura economica, entrano in relazione con la politica e le istituzioni. Sono infatti dei professionisti specializzati a cui si affidano aziende, organizzazioni, gruppi di interesse e anche sindacati che svolgono il ruolo di mediatori e negoziatori tra gli interessi che rappresentano e la politica. Sono pertanto un mezzo, uno strumento con cui gli elettori possono far giungere le proprie esigenze agli eletti. All’interno di una finestra di dialogo con la politica, questi ricevono le richieste del cliente, ragionano con esso la fattibilità del problema e il piano di azione, aiutandolo anche a capire quelli che sono gli obiettivi della politica nell’interesse della collettività, per poi tradurre, viceversa, queste istanze nel linguaggio politico, cercando di far comprendere ai legislatori i dettagli di una problematica che talvolta può essere anche sconosciuta. Aiutano quindi la politica a prendere decisioni più consapevoli in quanto i processi decisionali sono più informati, correlati di dati, informazioni e previsioni, anche se ovviamente le lobby curano gli interessi di parte e cercano di influenzare i processi decisionali a favore della propria posizione portando conoscenze a sostegno del proprio cliente.
Le lobby in America e in Italia
In Italia, come detto, questo tipo di attività sono viste con sospetto. I termini “lobby” e “lobbisti” spesso rimandano, nelle peggiori delle connotazioni, a criminali che corrompono la politica in funzione degli interessi che rappresentano, a discapito della collettività. Manca in effetti una regolazione ben precisa che definisca le modalità di accesso alle arene decisionali ma che soprattutto renda trasparente questo tipo di attività. Differente la visione in America dove sono regolamentati, previsti e garantiti dal primo emendamento ed hanno inoltre un codice etico ben preciso. Negli Stati Uniti sono perfettamente integrati nel meccanismo politico anche in modo trasparente e generalmente vengono rappresentati come uno strumento di democrazia (non esistono e sono vietate infatti in paesi quali la Corea del Nord, Iran e Russia). Anche qui dove sono più legittimati e radicati non mancano però di critiche.
I rischi
Questo tipo di attività infatti presenta ovviamente anche dei rischi e degli aspetti meno positivi. Tra i primi troviamo quello che Luciano Gallino definiva come un meccanismo di revolving doors (le porte girevoli), un sistema che con facilità permette di passare a ricoprire ruoli politici a ruoli di lobby e viceversa. Le agenzie di lobbying possono influenzare i legislatori e le loro decisioni con delle proposte di lavoro redditizie garantite al termine del mandato. Un’ulteriore problema, parimenti rilevante, è che al decisore arrivino gli interessi di una sola parte e che quindi si producano politiche caratterizzate da benefici più concentrati, o costi minori, per i gruppi che hanno partecipato e influenzato il processo politico decisionale a discapito di chi non ha avuto accesso al “tavolo delle decisioni” o addirittura dell’intera comunità. Il lobbyng può rappresentare uno strumento fondamentale di democrazia. Ma affinché ciò sia possibile servono norme e regolamenti che indirizzino il fenomeno lobbista verso un utilizzo più democratico in cui a tutti sia garantita la possibilità di partecipare ma soprattutto un funzionamento più trasparente nel rispetto dell’interesse collettivo e del bene comune. Altrimenti si rischia non solo di scalfire la democrazia ma di cadere nel clientelismo e nel malaffare che ha caratterizzato la politica negli ultimi tempi.
Valerio Adolini