I cambiamenti che la globalizzazione dell’informazione ha storicamente portato con sé hanno inevitabilmente delle implicazioni sociologiche che influenzano la quotidianità comunicativa di ognuno di noi ma soprattutto, cosa più importante, hanno mutato il ruolo dell’utenza, diventata, nel tempo, attrice attiva, che ha abbandonato passività acritica e inconsapevole che l’ha caratterizzata per anni.

Questione di glocalizzazione

Internet, ossia contrazione linguistica della locuzione inglese “interconnected networks“, (reti interconnesse), ha messo in contatto tutto il mondo, rendendo quest’ultimo una sorta di villaggio globale, anzi glocale: la Rete è il medium della cosiddetta glocalizzazione , l’unione tra globalizzazione e localizzazione e si sostanzia su un’azione che segue dinamiche mondiali di interrelazione tra i popoli, tenendo conto però delle loro peculiarità culturali, delle loro istanze identitarie e di appartenenza territoriale, connotate da un background storico ben determinato. Il web, nel tempo, è diventato strumento quotidiano nelle mani di un’utenza sempre più alfabetizzata e fidelizzata, vero simulacro di un processo democratizzante, ma anche sociale come dimostrato dai social network, veri e propri catalizzatori di condivisione e relazioni irrealizzabili, almeno apparentemente, nel mondo reale.

L’avvento del prosumer

Un’evoluzione che quindi muta profondamente il ruolo di quello che fino a poco tempo fa era un semplice consumatore, dando vita ad una nuova e complessa figura spettatoriale, quella del prosumer. Esso rappresenta la definitiva emancipazione dell’utente da un’anacronistica passività e la conseguente assunzione di una consapevolezza nuova e affascinante: l’identificarsi in un ruolo fortemente attivo in cui le vecchie classi mediatiche si livellano fino a formare una grande classe, una sorta di ceto mediatico omnicomprensivo che racchiude in sé categorie prima separate da uno schermo. Uno status, quello del prosumer, cui si può accedere varcando idealmente quello schermo diventato finalmente permeabile, vivendolo attraverso entrambe le sue facce: intrattenere e fruire, in un nuovo scenario che si va costituendo con progressiva continuità.

Democratizzazione

Tali innovazioni investono, come detto, anche la sfera relazionale. Internet, al pari di famiglia e scuola, opera fortemente come agente socializzatore. La Rete assurge a mezzo principe per instaurare e coltivare relazioni sociali attraverso i social network, secondo tempi e modalità del tutto nuove, mitigando il confine che divide il virtuale dal reale che diventano, sotto questo aspetto, complementari. Tutto ciò costituisce strutturalmente quel processo di democratizzazione che si caratterizza per la neutralizzazione delle gerarchie nel sistema mediatico e per una diffusione orizzontale delle potenzialità comunicative, fino a qualche tempo fa prerogativa di oligarchie inaccessibili, ristrette e impenetrabili élite mediali, che ormai appartengono a retaggi sistemici e culturali di un passato che si allontana sempre di più. La democratizzazione si lega ad un altro concetto, quello della convergenza, proprio perché entrambi non abbracciano una prospettiva strettamente tecnologica. Essi si fondano sulla multidimensionalità del processo trasformativo che coinvolge i media, valorizza il ruolo dei soggetti piuttosto che, o accanto, quello delle tecnologie e descrive in modo esaustivo i meccanismi di ibridazione e rimediazione tra vecchio e nuovo, tra il passato e il futuro. La convergenza culturale o cultura della convergenza descritta da Henry Jenkins pone al centro il ruolo degli attori che forgiano, talvolta secondo modalità inattese, la transizione mediatica.

Nuove esigenze

L’arricchimento e la pluralizzazione che connota il nuovo ambiente mediatico dà luogo a fenomeni di brandizzazione tesi a costruire nicchie o comunità di consumatori fidelizzati all’interno di economie di scopo: tali fenomeni riguardano sia i contenuti maggiormente attraenti sia i contenitori (le reti) che definiscono e mantengono caratteristiche identitarie forti. Infine, dal punto di vista culturale, si viene a creare una situazione in cui si contrappongono due tipi di spinte. Le prime, top/down, sorgono dall’industria mediatica e tendono ad inquadrare in dinamiche razionali ed economiche, finalizzate quindi ad un profitto, le nuove realtà mediali, diffondendo un flusso di contenuti sempre più pervasivo; le seconde, bottom/up, provengono dalle esigenze degli stessi individui animati da obiettivi e motivazioni soggettive ed imprevedibili, individui che ormai sono alfabetizzati all’utilizzo dei mezzi di comunicazione per soddisfare quelle stesse esigenze direttamente e in maniera autonoma, sfuggendo al controllo degli apparati tradizionali di produzione.

Marino D’Amore

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