Il reddito di cittadinanza è stato il punto forte della campagna elettorale del Movimento 5 Stelle ed è al centro del dibattito, soprattutto dopo la sua vittoria alle elezioni politiche. L’avevano capito bene Di Maio e Grillo che uno dei bisogni immediati degli italiani fosse proprio quello di sentirsi tutelati e supportati dallo Stato e l’avevano intuito che puntare su questo avrebbe portato loro molto consenso popolare. Una delle frasi ad effetto sfruttate durante la loro campagna elettorale è stata: “siamo uno dei pochi Paesi europei che ancora non hanno il reddito di cittadinanza“. Andiamo, allora, a capire, prima di sviscerare la proposta del Movimento 5 Stelle, in che modo questo strumento è utilizzato nel resto d’Europa.
Reddito di cittadinanza o minimo garantito?
Prima ancora, però, facciamo un po’ di chiarezza. Dobbiamo, cioè, distinguere il reddito di cittadinanza dal reddito minimo garantito: il primo ha valenza universale, nel senso che non è soggetto ad alcune restrizioni ed è garantito a tutti, indipendentemente dal reddito; ciò che il Movimento 5 Stelle propone e quello diffuso in Europa, invece, si chiama reddito minino garantito. Esso è selettivo, è destinato solo a chi è disoccupato o percepisce uno stipendio sotto la soglia di povertà ed è soggetto ad alcune condizioni. Il Fatto Quotidiano ha stilato un elenco dei vari Paesi che ne fanno uso, descrivendone le caratteristiche principali. La Danimarca è il paese europeo con il sussidio più ricco: un singolo over 25 potrebbe arrivare anche a percepire 1325 euro. Inoltre, come la Germania e il Belgio e a differenza di altri Paesi, coloro che chiedono di ricevere il sostegno economico devono cercare attivamente lavoro, ma possono rifiutarlo qualora non risultasse congruo con le proprie competenze. In Germania il reddito minimo si articola su quattro punti principali: un aiuto per il sostentamento, cioè un assegno per i pensionati e per coloro che hanno minori capacità lavorative, un sussidio per pagare l’affitto e un’indennità per i disabili e per le donne in gravidanza. Il modello inglese, invece, è molto rigido e severo: per poter accedere al reddito si viene sottoposti alla “prova dei mezzi”, per verificare cioè se chi fa domanda per ottenere l’indennità ha le caratteristiche previste dal regolamento, una tra tutte l’essere al di sotto della soglia di povertà. In Francia, invece, è fondamentale risiedere nel Paese da più di 5 anni, avere più di 25 anni o essere più giovane ma con un figlio a carico. Un singolo può percepire 460 euro mensili, mentre una famiglia con due figli quasi 1000. Per ottenere il sussidio chi fa domanda, però, deve dimostrare di cercare lavoro attivamente e partecipare a programmi di formazione.
I sussidi nel mondo
L’Irlanda è uno dei Paesi più generosi in quanto a sussidi: se un beneficiario trova lavoro continua a ricevere l’indennità anche alcuni mesi a seguire e grazie al “Back to study Allowance” chi ha difficoltà economiche e vuole riprendere gli studi riceve un sostegno al reddito. La particolarità, invece, va all’Olanda che oltre al reddito minimo garantito, che prevede 617 euro ai singoli e 1.234 alle coppie sposate, ha elargito un sussidio per gli artisti con l’obiettivo di assicurare una base economica a chi vuole costruirsi una carriera da artista. Se proviamo ad uscire dal contesto europeo e guardiamo più lontano, vediamo che ci sono altri Paesi del mondo che utilizzano sussidi economici per combattere la povertà. Secondo la Global Basic Income Foundation l’unico Paese che prevede il famoso reddito di cittadinanza, tanto acclamato in Italia, è l’Alaska; il governo, infatti, spartisce il 25% dei proventi dei giacimenti di petrolio a tutti i cittadini che sono residenti da almeno un anno. Diverso è, invece, il sussidio elargito dal Brasile, “la Bolsa Familia” che ha come scopo primario di risollevare le sorti della parte più povera del Paese; grazie a questa misura, si riscontra, dai dati della Banca Centrale, che la percentuale di persone che vivono sotto la soglia di povertà in Brasile è passata dal 42,84% del 2003 al 27,60% del 2011.
Come funziona il reddito minimo garantito
Ora possiamo concentrarci su ciò che, forse, interessa di più ai lettori, cioè la misura contro la povertà proposta dal Movimento 5 Stelle. Dal loro blog ufficiale possiamo leggere quali sono le caratteristiche principali del reddito minimo garantito pentastellato. Per poter ottenere il reddito sono necessari alcuni prerequisiti e per mantenerlo alcuni comportamenti da seguire. I requisiti, come si legge dal blog, sono:
– avere più di 18 anni;
– essere disoccupato o inoccupato;
– percepire un reddito di lavoro inferiore alla soglia di povertà;
– percepire una pensione inferiore alla soglia di povertà.
Successivamente, per poter mantenere questo beneficio, bisogna:
– iscriversi ai centri d’impiego;
– iniziare un percorso di accompagnamento al lavoro;
– offrire la propria disponibilità per progetti comunali utili alla collettività;
– frequentare corsi per la qualifica professionale;
– effettuare una ricerca del lavoro almeno per due ore al giorno;
– comunicare qualsiasi variazione del proprio reddito;
– accettare uno dei primi tre lavori che vengono offerti.
Invece, chi ha già un lavoro ma è sottopagato potrà ricevere un’integrazione del reddito, la legge prevede un salario minimo contrattuale. Il reddito minimo garantito, inoltre, prevede anche degli incentivi alle aziende qualora decidano di assumere i beneficiari del reddito minimo.
Fantapolitica?
Che sia una proposta lodevole non c’è alcun dubbio, anche se molti si sono chiesti, lecitamente, in che modo potrà essere realizzata, o meglio come il Movimento 5 Stelle pensi di trovare le coperture. Sempre dal loro blog si legge che i soldi necessari non verranno da scuole, ospedali o da ulteriori tasse, bensì dal gioco d’azzardo, dalle banche e dai tagli alla politica. Non ho le competenze per capire se ciò è possibile e non è l’obietto primo di questo articolo, ma una cosa è certa: una buona percentuale dei cittadini che hanno votato Di Maio si aspettano, qualora diventi Presidente del Consiglio, che la promessa del “reddito di cittadinanza” sia rispettata; in caso contrario, non ci saranno scuse che tengano. D’altronde si sa, questo è il rischio che corre una forza politica se decide di basare la campagna elettorale su un punto focale, come lo è stato “il reddito di cittadinanza” per i 5 Stelle . Temo non serviranno a nulla frasi come “è colpa degli altri se non ci siamo riusciti” piuttosto che “abbiamo fatto tante altre cose buone”.
Giulia Borsetto