Ulrich Beck nasce a Berlino nel 1944, ha insegnato per molti anni sociologia a Londra e Monaco di Baviera ed è considerato uno dei più influenti sociologi contemporanei poiché svolge numerose ricerche sulla modernità, la globalizzazione, l’individualizzazione e sui problemi ecologici. Tra i suoi studi più influenti vi è quello sulla società del rischio, che è descritta da Beck come una società letteralmente fuori controllo, luogo in cui scompare ogni certezza.
Viviamo in una società più rischiosa rispetto a quelle passate?
Ad oggi non possiamo affermare che viviamo in una società più rischiosa rispetto alle precedenti perché non ci è consentito effettuare una stima quantitativa certa del fenomeno, ciò che invece possiamo osservare, secondo il sociologo Ulrich Beck, è il modo in cui la percezione del rischio è mutata nel tempo, ovvero come viene esercitata la qualità del controllo sia dagli individui che dalle istituzioni, meglio nota come l’incontrollabilità delle conseguenze decisionali che la società post-moderna produce.
Cercando di farci un’idea più chiara sulla concezione del rischio pre-moderno rispetto a quello post-modero dobbiamo tenere a mente che nella cultura pre-moderna i pericoli e le paure venivano maggiormente attribuite a Dio, agli dèi o alla natura, tendendo a scorgere nelle promesse istituzionali di modernizzazione, e quindi nel potenziamento dei mercati, della scienza e della tecnologia, condizioni di vita più sicure. Oggi invece, le insicurezze, i rischi e le minacce che fronteggiamo vengono attribuite quasi esclusivamente al progresso e alla modernizzazione, così fenomeni come il cambiamento climatico, il terrorismo e i disastri ecologici, ci appaiono sempre di più la conseguenza dell’agire umano.
La proliferazione dei rischi secondo Ulrich Beck
In ragione di ciò, secondo Beck, la proliferazione dei rischi risulterebbe funzionalmente connessa alla promozione della modernità, un meccanismo che crea un nuovo modello di coesione sociale in cui la distribuzione della ricchezza del Welfare State è interconnessa alla distribuzione del rischio, riflettendosi su tre livelli: temporale, spaziale e sociale. Temporale perché molto spesso i nuovi rischi hanno tempi di manifestazione molto lunghi e le conseguenze possono restare latenti per anni, spaziale nel momento in cui i nuovi rischi, grazie alla globalizzazione, superano i confini nazionali, e in ultimo quello sociale nella misura in cui la complessità sociale non permette di analizzare appieno le cause e le conseguenze dei rischi.
Così se da un lato cresce la consapevolezza dei rischi dall’altro non è raggiungibile un pieno controllo di essi, per tale motivo risulta evidente, secondo il sociologo, il paradosso della cultura post-moderna dove le istituzioni che avevano promesso più sicurezza hanno creato l’opposto, facendo sorgere la consapevolezza che il mondo in cui viviamo sia fuori controllo e che i rischi fronteggiati siano presenti ovunque e per tale ragione non possono essere delimitati da un punto di vista spaziale, sociale e temporale.
La percezione del rischio è uguale in tutto il mondo?
Quando parliamo di società del rischio globale non dobbiamo pensare a un’omogeneizzazione del mondo perché non tutte le culture e le regioni vengono colpite in maniera eguale dai rischi, soprattutto per quanto riguarda quelli ecologici, terroristici ed economici.
Per tale ragione Beck sostiene che i rischi sono iniqui nel mondo, con sfaccettature diverse, modi di manifestarsi mutevoli che variano in base ai contesti storici, culturali e politici. Nelle zone periferiche, per esempio, i rischi globali non sono percepiti come fenomeni endogeni, ovvero che possono essere contrastati attraverso processi decisionali nazionali autonomi, ma come fenomeni esogeni, concausa di decisioni intraprese da altri paesi, così le persone, in tali contesti, tendono a sentirsi come ostaggi e vittime di questi processi.
Rischi globali
Secondo il sociologo la società del rischio trarrebbe la sua linfa vitale dall’aumento dei rischi globali, così se nella società industriale prevaleva la logica della ricchezza, la quale era l’unica via d’uscita dalla povertà, oggi la logica del rischio domina nella società moderna e le società avanzate producono meno ricchezza e più rischi. L’emblema della società del rischio dimora nel fatto che le decisioni collettive implicano conseguenze globali, che minano la promessa del controllo, il rischio, infatti, non può più essere considerato come un evento incerto in grado di influenzare in modo negativo o positivo il raggiungimento di risultati specifici, ma diviene l’orizzonte globale entro cui l’individuo, la società e le organizzazioni si muovono.
In ragione di ciò Beck parla di seconda modernità che di fatto produce una quantità non stimabile di rischi, facendo svanire il confine tra natura e società, dove le nuove tecnologie possono riflettersi negativamente sull’ambiente sia a breve che a lungo termine. Nella seconda modernità, quindi, i criteri di calcolo del rischio sfuggirebbero all’uomo diventando un valore indecifrabile in grado di generare una condizione di insicurezza non stimabile, altresì nota come quella sensazione di insicurezza sociale che l’uomo vivrebbe quotidiane ma in misura diversa in base al contesto di appartenenza. Pensiamo per esempio all’energia nucleare o alla gestione dei rifiuti, o alla scienza in senso lato che è diventata portatrice di rischio e perde il consenso e quel carattere di infallibilità che aveva nella società pre moderna che le consentiva di procedere con la fiducia dei cittadini.
Società del rischio e una nuova forma di capitalismo per Ulrich Beck
Oltre alle problematiche legate al rapporto tra scienza e ambiente Beck osserva anche una nuova forma di capitalismo, quello privo di classi sociali, che comporta due importanti conseguenze: la prima è l’isolamento del soggetto, il quale vuol conseguire l’obiettivo di auto realizzarsi, la seconda è la de-strandardizzazione del lavoro, il quale risulta libero dalle tradizionali idee di ambiente lavorativo e di posto fisso. Il nuovo capitalismo, secondo il sociologo, provoca una mobilità generalizzata delle carriere professionali e dei rapporti di lavoro, così nei paesi occidentali assistiamo sempre di più alla presenza di professionisti isolati che sono capi di sé stessi e quindi detengono tutte le responsabilità del proprio percorso professionale.
A parere di Beck i mutamenti della società post-industriale possono sintetizzarsi nella perdita di un’appartenenza di classe, nella crisi della famiglia nucleare e nella flessibilizzazione del lavoro. Inoltre, l’accesso alle donne nel mondo del lavoro, l’elasticità degli orari lavorativi e la loro precarietà, hanno incrementato il processo di individualizzazione, dove i vincoli delle classi sociali si sfaldano. Altresì l’aumento della disoccupazione mette in mostra un individuo solo, che non ha più il sostegno collettivo e deve gestire la perdita del lavoro in maniera autonoma. In ragione di ciò la società post-moderna come può definirsi se non la società delle incertezze e dell’insicurezza? Luogo in cui l’uomo è solo dinnanzi ai nuovi rischi che la modernizzazione produce.
Sara La Fragola
Bibliografia
U. Beck, La società del rischio. Verso una seconda modernità, Carrocci, 2013