La teoria proposta dallo storico e filosofo Yuval Noah Harari offre una riflessione provocatoria e profonda sull’evoluzione dell’umanità verso una nuova forma di organizzazione sociale, in cui i dati e non più l’individuo sono al centro del mondo. Secondo Harari, l’universo, nella sua concezione più moderna, può essere visto come un flusso continuo di dati, in cui ogni essere umano diventa progressivamente marginale, mentre la società si trasforma in un sistema datocentrico.

Yuval Noah Harari: dalla religione teocentrica alla “data religion”

Nel suo celebre saggio Homo Deus Harari traccia l’evoluzione storica dell’uomo, a partire dalla rivoluzione cognitiva che ha visto l’Homo sapiens prevalere sugli altri esseri viventi grazie alla sua capacità di creare significato e interpretare il mondo. Tuttavia, l’umanità sembra ormai essere giunta a un punto in cui la “seconda rivoluzione” sta per arrivare, una nuova era che segnerà l’inizio del superamento dell’umanesimo. Dopo aver messo l’uomo al centro del mondo, infatti, si sta assistendo alla sua progressiva deprivazione di identità, di coscienza e di senso attraverso l’uso e la prevaricazione delle tecnologie.

In questa nuova epoca, l’uomo non è più considerato il fine ultimo della creazione ma solo una parte di un grande sistema algoritmico e computazionale. La religione dataista rappresenta l’esito di questa visione: non più l’uomo e nemmeno Dio sono venerati, ma i dati stessi. In questo scenario, l’universo non è altro che un flusso infinito di informazioni, e tutto – dalle decisioni alle azioni quotidiane – è valutato in base al contributo che può dare a tale flusso.

Il dominio su Dio: l’uomo alla ricerca del potere divino attraverso la tecnologia

Harari esplora l’antica ambizione dell’uomo di elevarsi a divinità, un sogno che per millenni ha animato la religione e la filosofia. Con l’avvento della tecnologia, questa ambizione sta trovando un nuovo canale per realizzarsi: il passaggio da Homo sapiens a Homo Deus (uomo divino), ovvero l’uomo potenziato dalle tecnologie e dai Big Data. La “rivoluzione cognitiva” ha permesso all’uomo di sviluppare linguaggi, culture e religioni, ma la “rivoluzione tecnologica” che stiamo vivendo potrebbe portare a una nuova forma di umanità che trascende l’umano stesso.

Harari fa un’osservazione decisiva: l’uomo, per quanto potente, ha sempre dovuto fare i conti con i propri limiti biologici. Oggi, però, la tecnologia sta dando all’essere umano la possibilità di superare tali limiti, spingendolo verso la creazione di una nuova specie, un superuomo le cui capacità potrebbero essere pari a quelle di una divinità.

La deprivazione dell’identità umana nel sistema algoritmico

In questo contesto, l’uomo rischia di perdere la propria identità, come sottolineato da Harari, in particolare nel contesto del lavoro e delle decisioni che ormai sono gestite da algoritmi intelligenti e intelligenza artificiale. L’uomo, prima al centro delle decisioni economiche e sociali, ora si trova a essere sostituito, sempre più, da sistemi automatizzati che elaborano Big Data. L’individuo diventa una “cog in the machine”, un ingranaggio all’interno di un sistema più grande, il cui scopo è semplicemente generare, elaborare e trasmettere informazioni.

L’automazione e l’intelligenza artificiale, quindi, non solo erodono il senso di appartenenza e di identità, ma creano anche una società disumanizzante in cui la coscienza e la libertà individuale vengono progressivamente annullate. L’uomo si trasforma in un’entità subordinata al controllo e all’elaborazione delle macchine, diventando così sempre più insignificante nel grande flusso di dati che regola la realtà.

Yuval Noah Harari: il datismo come nuova religione

Una delle riflessioni più potenti che Harari offre è l’emergere di una nuova religione: il datismo. In passato, le religioni tradizionali attribuivano ogni evento all’azione di un Dio supremo che vigilava sull’universo. Oggi, però, l’uomo si trova di fronte alla “morte di Dio”, come già preconizzato da Nietzsche, e al trionfo di una nuova forma di tecnocrazia, una tecnocrazia di dati. In questo nuovo ordine mondiale, i dati non solo governano le nostre azioni, ma diventano il fine stesso dell’esistenza.

La visione di Harari solleva preoccupazioni su come questa nuova religione dataista possa influenzare la società: l’uomo, ridotto a una mera unità di dati, perde di vista il senso della propria vita. Il valore di ogni cosa è calcolato esclusivamente in relazione alla quantità di dati che può produrre o che può essere utilizzato nel grande sistema. Gli algoritmi sono i nuovi sacerdoti, e i Big Data sono il nuovo Dio, una divinità impersonale e senza compassione.

“Digito ergo sum?” – L’algoritmo come nuova realtà

Harari avanza anche una critica radicale alla progressiva alienazione dell’uomo dall’esperienza autentica. Se la famosa affermazione cartesiana “cogito ergo sum” (penso dunque sono) ha definito la filosofia occidentale, oggi siamo in un mondo in cui si potrebbe dire “digito ergo sum” (digito dunque sono). La tecnologia e l’intelligenza artificiale stanno sostituendo il pensiero umano, riducendo la capacità dell’individuo di pensare autonomamente, controllando ogni aspetto della sua esperienza e portando l’uomo a una progressiva disconnessione dal proprio sé autentico.

La metafora della formica gigante di Yuval Noah Harari

Nel libro Homo Deus, Harari conclude con una visione inquietante del futuro: l’uomo, che è stato evoluto da scimpanzé a Homo sapiens, potrebbe presto diventare qualcosa di molto diverso — una formica gigante. La metafora delle formiche evoca una società eusociale, in cui gli individui, pur essendo parte di un tutto, perdono la loro individualità e il libero arbitrio, costretti a operare solo per il bene del collettivo. La nostra società tecnologica, come la colonia di formiche, potrebbe presto essere governata da algoritmi che eliminano la necessità dell’intervento umano.

L’impossibilità di fermare il flusso dei dati

Un’ulteriore riflessione riguarda la percezione che questo flusso di dati sia inevitabile. Nonostante gli scettici sostengano che una mano invisibile guiderà il processo, Harari avverte che tale “mano” è cieca e che i tentativi di fermare questa macchina globale potrebbero portare solo al collasso della società stessa. La “fine di Homo sapiens” potrebbe essere una conseguenza inevitabile della crescita dei Big Data, proprio come quando le automobili hanno sostituito le carrozze trainate da cavalli, senza cercare di potenziare questi ultimi.

In definitiva, Harari ci invita a riflettere su una realtà che sembra avvicinarsi rapidamente, una realtà dominata dai dati e dalla tecnologia, in cui l’uomo potrebbe non essere più al centro del mondo, ma solo una piccola parte di un flusso infinito che lo trascina verso il futuro.

Enrico Delle Donne

Riferimenti