In Italia il concetto di “subcultura” fu introdotto per la prima volta negli anni Sessanta dai ricercatori dell’istituto Cattaneo, durante l’analisi sul funzionamento del sistema politico italiano (Biorcio, 2003).
Tra DC e Partito Comunista
I ricercatori, per dare una spiegazione al comportamento elettorale degli italiani, divisero l’Italia in sei zone, e scoprirono che due di queste erano politicamente schierate: la zona del nord est (Veneto e Friuli-Venezia Giulia) e la zona del centro Italia (Toscana, Emilia Romagna e nord delle Marche). Questi due territori vennero chiamati zona bianca e zona rossa. I ricercatori del Cattaneo si soffermarono sul particolare comportamento elettorale di quelle due zone, e scoprirono che il fenomeno era dovuto alla forte struttura della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista Italiano. Questi due partiti, con le loro sezioni e le organizzazioni collaterali radicate nei due territori (come ad esempio parrocchie e case del popolo), erano riusciti a condizionare totalmente lo stile di vita di intere famiglie e delle comunità locali. Nacque così in Italia la categoria di subcultura politica territoriale, con la subcultura bianca tipica delle regioni del nord-est e la subcultura rossa tipica delle regioni del centro Italia, tutte e due caratterizzate da forme di solidarietà di tipo localistico e da reti istituzionali legate al partito.
Il nuovo che avanza
Le subculture politiche e territoriali italiane, che affondano le radici nell’Ottocento, hanno caratterizzato l’immaginario politico, culturale e sociale dell’Italia della Prima Repubblica. I personaggi della saga cinematografica “Don Camillo”, creati dallo scrittore, giornalista e umorista italiano Giovanni Guareschi, dove un parroco di provincia dell’Emilia Romagna fronteggia l’avanzata del Partito Comunista Italiano nella rossa Brescello, rappresentano perfettamente gli italiani del primo dopoguerra, e le divergenze tra queste due subculture. Alcune ricerche svolte nell’ultimo ventennio, però, hanno dimostrato l’erosione della matrice ideologica tradizionale, e l’emergere di nuove forme di civismo autonome rispetto alla comunità locale (Sciolla e Ricolfi 1989; Ramella 2001). La zona bianca è infatti stata sostituita dal partito federalista della Lega Nord, che dopo essersi contrapposto alla Democrazia Cristiana all’inizio degli anni Novanta, è diventato il primo partito sia in Veneto che in Friuli-Venezia Giulia. Le zone rosse, invece, sono oggi minacciate da una nuova forma di democrazia diretta, ideata e messa in campo dal Movimento 5 stelle, che per molti politologi italiani ha sostituito la base sociale del vecchio PCI.
Simone Nigrisoli