La recente scomparsa del sociologo polacco Zygmunt Bauman ci consente di riflettere ulteriormente sull’eredità scientifica ma soprattutto di ampio respiro culturale che la sua produzione offre. Bauman incentrò le proprie ricerche sui temi della stratificazione sociale e del movimento dei lavoratori, per poi spaziare nell’ambito della modernità, definita liquida per il suo manifestarsi palesemente fluido e privo di punti di riferimento. Celebri sono i suoi studi riguardanti la connessione tra la cultura della modernità e il totalitarismo, in particolar modo sul nazismo e l’Olocausto. Le sue più recenti pubblicazioni si focalizzano sul passaggio dalla modernità alla postmodernità e le questioni etiche che nel loro complesso hanno dato vita al fenomeno della globalizzazione.
Consumo dunque sono: la nascita dell’homo consumens
Il titolo di una delle sue più famose opere riassume in modo rappresentativo la visione di Bauman sulle abitudini di consumo all’interno delle odierne dinamiche sociali fortemente globalizzate e globalizzanti. Per Bauman la globalizzazione “è fuori e dentro casa nostra, ci basta camminare per strada per rendercene conto. A livello concettuale possiamo distinguere gli spazi globali e gli spazi locali, ma di fatto sono interconnessi. Senza alcun dubbio, quella del mondo moderno è una globalizzazione negativa: l’abbattimento delle barriere, infatti, non ha portato soltanto alla globalizzazione del capitale e alla libera circolazione delle merci e dell’informazione, ma anche del crimine e del terrorismo”. Una visione pessimistica quella del sociologo, in cui i vantaggi di un mondo privo di distanze temporali e spaziali non sono controbilanciati adeguatamente dalla necessità di mantenere alto il livello di sicurezza di cui l’uomo moderno avrebbe invece bisogno. Ciò ha notevoli ripercussioni sulle relazioni umane, divenute ormai estremamente effimere per la volontà di mostrarsi il più possibile svincolati di legami forti e duraturi, potendosi più agevolmente adeguare alla fluidità diffusa.
Sulla base di queste premesse socio- strutturali, Bauman sostiene che l’incertezza e l’esclusione sociale derivano dal non poter comprare. L’attore sociale che non riesce ad adeguare i propri consumi agli standard generalizzati si sente quindi “tagliato fuori” dalla giostra della modernità. Il metro di misura diviene il potere d’acquisto e ciò genera individui sempre meno ancorati a precisi orizzonti normativi e valoriali, che anzi vengono messi in discussione, rifiutati e annullati. Bauman conia il termine “modernità liquida” proprio per indicare la labilità di qualsiasi elemento che prende forma in un contesto così precario. L’uomo da protagonista diviene consumatore e in modo sempre più incerto, delinea col solo atto dell’acquisto la propria collocazione sociale, il proprio status, la propria identità.
La felicità a misura d’uomo
Il pensiero di Zygmunt Bauman è balzato all’interesse del grande pubblico grazie allo spezzone del docu-film “La teoria svedese dell’amore” che vede protagonista il pensatore e la sua idea di felicità. Un‘idea semplice e per questo forse largamente condivisa, secondo cui la felicità è una sfida quotidiana volta al superamento delle avversità, non alla loro assenza. Non si tratta dunque di un traguardo ma di una costruzione faticosa ed incessante che si compone di tutti quei mattoncini grazie ai quali l’uomo diviene sempre più capace di fronteggiare gli ostacoli. In un mondo in continua evoluzione, in cui non mancano comodità e scorciatoie, l’uomo conoscerà la piena realizzazione mettendo in gioco le proprie risorse, tentando di porsi obiettivi e plasmando sentimenti sempre meno fatui e sempre più aderenti alle proprie esigenze.
La felicità, l’amore, una società libera e stabile per Bauman si fondano dunque sulle relazioni. L’interazione con l’altro per quanto complessa è indispensabile, poiché non significa dipendenza ma condivisione. L’indipendenza spesso confusa con la libertà ci priva del confronto che è la chiave di ogni forma di autentico progresso. I temi a cui Zygmunt Bauman ha guardato con grande lungimiranza durante tutta la sua vita possono essere per ciascuno di noi il trampolino verso un pensare il più possibile incline ad una visione critica che aspiri alla costruzione anziché alla distruzione.
Roberta Cricelli
Silenziosa osservatrice dalla penna loquace. Convinta che per raccontare il mondo con spiccata vena poetica occorra conoscerne le dinamiche interne. Ama la sua Calabria, terra di contraddittoria bellezza.